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ANALISI

Il ricambio generazionale e la crisi di mezza età

Dai dati Istat e Movimprese emerge una forte mortalità delle aziende con agricoltori di 35-44 anni - Ok aiutare i giovani, ma serve un affiancamento successivo, dal credito ai fattori di produzione

Da diversi decenni l'agricoltura si misura con il problema del basso ricambio generazionale che vede sempre meno giovani scegliere l'attività agricola e, di contro, il permanere di agricoltori ultra sessantacinquenni .  I dati dell'ultimo censimento dell'agricoltura continuano a restituirci - come abbiamo già avuto modo di approfondire su Pianeta PSR - il quadro di un settore agricolo con pochi giovani e molti anziani, senza segnale alcuno di una sostanziale inversione di tendenza.
A questo fenomeno noto se ne aggiunge però un altro, del tutto nuovo: ci riferiamo all'abbandono dell'attività agricola da parte di imprenditori che sono alle soglie della maturità anagrafica. Nello specifico, l'analisi approfondita delle dinamiche demografiche relative ai capi-azienda evidenzia la tendenza all'abbandono dell'attività di agricoltori con età compresa tra i 35-44 anni. Parliamo quindi di imprenditori che proprio al raggiungimento della maturità professionale abbandonano, rinunciando agli sforzi fatti per l'avvio dell'impresa.
Senza entrare nella metodologia di calcolo[1] piuttosto complessa, i saldi netti relativi alle dinamiche demografiche degli imprenditori agricoli segnalano, nel confronto intercensuario, un forte calo percentuale degli imprenditori nel passaggio dalla classe di età "giovani" (25-34 anni) a quella intermedia (35-44 anni), il calo è pari a un terzo rispetto all'analogo valore riferito al periodo 1990-2000.
Confermano questa tendenza analoghi calcoli fatti in relazione alle imprese professionali iscritte al Registro delle imprese[2] nel decennio 2000-2010. Questi dati confermano le dinamiche di insediamento dei giovani agricoltori, ma nello stesso tempo evidenziano le dinamiche di abbandono dell'attività a ridosso della maturità anagrafica dell'imprenditore.
In generale, a livello nazionale i processi di entrata e uscita calcolati per il periodo 2000-2010 evidenziano per i giovani saldi netti positivi che si accrescono del 29,2% annuo, a fronte di riduzioni del 29,7% per le classi più anziane (tabella)[3].
I saldi netti dei giovani sono positivi sia per le aziende tradizionali (agricoltura, silvicoltura e pesca), sia per le aziende che diversificano. Anche nel caso di agricoltori più anziani, la presenza di attività legate all'ospitalità così come quelle legate alla produzione di energia sembrano garantire la sopravvivenza dell'impresa agricola
Sia i dati censuari sia quelli camerali, evidenziano il crollo delle imprese agricole condotte  da imprenditori che alla soglia della maturità, anche professionale, abbandonano l'attività. Il fenomeno è soggetto a varie interpretazioni e dipende sia da problematiche tipicamente legate alla gestione di un'impresa, sia da ragioni più strettamente connesse alle dinamiche socioeconomiche che l'attività agricola e la vita nelle aree rurali determinano.
Probabilmente, le dinamiche registrate sono legate alla bassa redditività dell'attività agricola italiana, alle difficolta con cui si confronta l'impresa, alla crisi che ha investito le economie occidentali. Accanto ai fattori  di ordine imprenditoriale vanno ad aggiungersi anche dinamiche più strettamente sociali. Man mano che le esigenze di vita e di natura familiare entrano in gioco, i redditi e le condizioni di vita garantite dall'agricoltura si rilevano  inadeguate. L'età media del matrimonio in Italia è 31 anni per le donne e 34 per gli uomini, quindi è probabile che proprio la decisione di mettere su famiglia condizioni la scelta dell'abbandono dell'attività agricola. L'agricoltura, almeno nella lettura media dei dati, è pur sempre un settore che garantisce redditi bassi a fronte dell'intensità del lavoro e della esposizione, in termini di capitali, richieste. Inoltre, i territori rurali, in cui sono ubicate le imprese, spesso non garantiscono il livello di servizi necessario e adeguato alle esigenze di un nucleo familiare.

 
Fonte: Elaborazione INEA su dati Movimprese

Il fenomeno descritto dovrebbe portare anche ad un ripensamento delle politiche per l'imprenditoria giovanile in agricoltura per ora tarate esclusivamente sull'insediamento dei più giovani e l'avvio dell'impresa. E' chiaro che bisognerebbe puntare a processi di accompagnamento e politiche che possano sostenere l'impresa nelle "fasi adolescenziali". Ossia in quelle fasi in cui la nuova impresa si confronta con il mercato, la concorrenza, il consolidamento delle proprie posizione e il rafforzamento della competitività.
Alla vigilia di un nuovo ciclo di programmazione della Politica di sviluppo rurale è opportuno tener conto dell'esigenza di accompagnamento espressa, che va oltre lo start up di impresa. Questo anche alla luce di un Regolamento sullo sviluppo rurale che continua riproporre sempre gli stessi interventi per i giovani, ma che, al contempo, propone la possibilità di un'azione sinergica e coordinata del pacchetto di interventi da attivare attraverso un sottoprogramma mirato ai giovani agricoltori . Il sottoprogramma dovrebbe proporsi come una strategia coordinata a favore dell'insediamento dei più giovani nel settore primario, finalizzando, ad essa, interventi e politiche.
È comunque essenziale tener conto che solo in un contesto normativo composito ha senso la definizione di un simile strumento. Il "sottoprogramma giovani" dovrebbe finalizzare gli interventi del PSR a favore del ricambio generazionale ma, nello stesso tempo, dovrebbe sforzarsi di mettere a sistema altre politiche e interventi direttamente o indirettamente rivolte alla problematica, trovare ulteriori strumenti di intervento che possono aiutare processi di subentro o ricambio, individuare azioni di sistema capaci di agire sulle condizioni di contesto. In caso contrario esso sarebbe solo uno sforzo amministrativo, i cui risultati potrebbero benissimo essere raggiunti attraverso l'utilizzo tradizionale degli strumenti di intervento del Programma di sviluppo rurale.
Le altre politiche e strumenti di intervento, a cui si accennava, dovrebbero rispondere soprattutto a due tipologie di fabbisogni espressi: l'accesso ai fattori della produzione e al credito. E' su questi elementi che si è concentrata l'attenzione dei giovani agricoltori e anche il dibattito politico che ha proposto, nel primo caso, soluzioni come la banca della terra o la concessione di terre del demanio; mentre per il credito esistono una serie di strumenti di garanzia che comunque non sembrano sortire i risultati attesi.
Anche in relazione a queste specifiche esigenze, la riflessione dovrebbe spostarsi dal singolo strumento all'individuazione di una politica di sistema che affronti la problematica da tutti i punti di vista. Mettere terre a disposizione o favorire l'accesso ai capitali senza accompagnare il giovane nella definizione e realizzazione dell'idea imprenditoriale, senza mettergli a disposizione un contesto capace di informarlo e assisterlo, senza che l'impresa possa operare in un sistema relazionale e di mercato sano, contribuisce solo a creare un'impresa senza assicurarsi che essa possa essere vitale e competitiva.
Infine, se vincente è l'elemento diversificazione nel mantenimento di un'impresa, esso non andrebbe trascurato nella definizione degli strumenti di intervento. Solleticare l'accesso dei giovani con la possibilità di fare agricoltura innovativa, i cui canoni vanno oltre la mera attività primaria potrebbe essere la chiave di nuovi accessi. Nello stesso tempo, favorirebbe i processi di diversificazione rivelandosi un buon antidoto alla mortalità delle imprese.

 
 
 
 
 
 
 

Serena Tarangioli
tarangioli@inea.it

 
 
 
[1]Per approfondimenti sulla metodologia di calcolo utilizzata si rimanda a Ascione, Tarangioli, Zanetti (a cura di): "Nuova imprenditoria" per l'agricoltura italiana: caratteri, dinamiche e struttura[1
. Studi e ricerca INEA, in fase di pubblicazione.
[2]Si tratta dei dati camerali riportati nell'archivio Movimprese.
[3]Cfr. nota 1
 
 
 

PianetaPSR numero 29 - febbraio 2014