PianetaPSR
RIFORMA 2015-2020

Il calco statistico per applicare la Pac in Italia

Soglie d'esenzione, agricoltore attivo, aiuti ridistributivi e accoppiati:  un puzzle reso più complesso dalla galassia di micro aziende - I dati chiave del sistema e il confronto con i partner Ue


Stando ai dati contenuti nell'ultimo report sulla distribuzione dei pagamenti diretti, nell'UE-15 sono sempre di meno gli agricoltori che ricevono pagamenti inferiori a 5.000 euro: si è passati dal 74% del 2005, al 69% del 2012, un decremento a due cifre. Nonostante il trend europeo segni una diminuzione dei beneficiari con importi molto bassi, nel 2012 in Italia il 40% dei beneficiari ha ricevuto importi inferiori a 500 euro, contro il 5,5% della Francia, il 7,5 della Germania e il 25% della Spagna. La distribuzione dei pagamenti diretti in Italia è paragonabile a quella dei Paesi dell'Est, con una mediana molto spostata verso i valori di pagamenti molto bassi, a differenza dei Paesi storicamente concorrenti come la Francia, la Germania e, in parte, la Spagna, che presentano percentuali di beneficiari più alte in corrispondenza di valori dell'aiuto più elevati.
Di fronte a questo quadro statistico, sarà decisivo fare riferimento al contesto agricolo italiano nell'applicazione nazionale del regolamento Pagamenti Diretti 2015-2020. Il panorama agricolo italiano è contraddistinto da un forte legame tra la struttura dei pagamenti diretti e la struttura delle singole aziende, caratterizzate da una forte prevalenza di beneficiari titolari di pagamenti molto bassi. Ciò è evidente in misura ancora più plastica se confrontiamo i dati relativi all'Italia con quelli di altri Paesi europei. In Francia, ad esempio, la superficie media aziendale dichiarata dalla Commissione è pari a 52 ettari, a fronte degli 8 ettari dell'Italia, i 46 ettari della Germania, e i 24 ettari della Spagna.
Dopo questa carrellata sui macro dati strutturali del sistema agricolo italiano, può essere utile passare in rassegna le scelte per l'applicazione della riforma Pac che l'Italia dovrà assumere e comunicare alla Commissione europea entro la

data dell'1 agosto 2014,le quali potrebbero influenzare in modo decisivo la platea dei beneficiari nel 2015 con conseguente ripartizione dei pagamenti diretti che, si ricorda, in Italia permetteranno di erogare 19 miliardi di euro in 5 anni.
Di particolare spessore politico, la scelta legata alla definizione di agricoltore attivo, anche per i risvolti che la stessa sarà in grado di generare. Tralasciando le considerazioni relative alla definizione legale di agricoltore attivo, ovvero se debba essere IAP, Coltivatore Diretto o semplice manutentore dell'attività minima agricola, è rilevante la clausola che considera comunque agricoltore attivo chi riceve pagamenti inferiori a 5.000 euro, con la possibilità per lo Stato membro di scegliere una soglia più bassa (art. 9.4 del Reg. (UE) n. 1307/2013).
Partiamo proprio dai dati comunicati dalla Commissione Ue sui pagamenti 2012: dalle analisi risulta che la fissazione dell'importo a 5.000 euro farebbe rientrare automaticamente tra gli agricoltori attivi l'86% dei beneficiari (ovvero più di un milione di aziende); si scenderebbe al 73% (892.170 beneficiari) con un' ipotesi di soglia fissata a 2.000 euro[1].
Possiamo dunque osservare che la clausola di salvaguardia per l'agricoltore attivo incide in Italia in modo decisivo a causa della particolare struttura delle aziende e dei pagamenti diretti, nonostante resti ancora da definire l'attività minima agricola. Non si avrebbe lo stesso effetto in altri Stati membri come, ad esempio, la Francia, dove le due soglie a 5.000 e 2.000 euro produrrebbero l'effetto di trainare automaticamente dentro la definizione agricoltore attivo "appena", rispettivamente, il 29% e il 18% dei beneficiari.

 

Rilevante è anche il confronto tra la particolare struttura aziendale italiana e l'applicazione del pagamento ridistributivo (art. 41 del regolamento Pagamenti Diretti): ipotizzando di destinare a questo tipo di pagamento il 5% del plafond nazionale annuo - scelta che permetterebbe di non applicare la riduzione del 5% per la parte dei pagamenti sopra 150.000 euro di pagamento di base (articolo 11)[2] - secondo le stime effettuate da uno studio congiunto Mipaaf-Inea, l'effetto di tale applicazione comporterebbe un risultato complessivo di risorse nazionali inferiore a quello derivante dall'applicazione della riduzione dell'articolo 11.
Questo risultato è spiegato dall'elevato numero di agricoltori che avrebbero diritto al premio per i primi ettari, indipendentemente dalla scelta sul numero di ettari da ammettere al premio. Inoltre, tale frammentazione riduce la rilevanza del pagamento unitario, che in base alle stime dovrebbe essere inferiore ai 50 euro per ettaro, a seconda del numero di ettari che si deciderebbe di rendere ammissibili. Un altro elemento di cui tener conto è che l'ammontare delle risorse derivante dalla riduzione dei pagamenti verrebbe automaticamente destinato allo Sviluppo Rurale, mentre il pagamento redistributivo consentirebbe di mantenere le risorse all'interno del Primo Pilastro.
Un altro aspetto di rilievo nel quadro agricolo italiano è la soglia minima di pagamento, ovvero la scelta della soglia di pagamento al di sotto della quale prevedere l'esclusione al pagamento del diritto all'aiuto. Attualmente non vengono erogati importi inferiori a 100 euro e, con il nuovo regolamento Pagamenti Diretti, l'Italia ha l'opportunità di aumentare la soglia fino a 400 euro. Tenuto conto della particolare stratificazione dei pagamenti che abbiamo presentato nel primo paragrafo, la fissazione della soglia potrebbe avere effetti più o meno stringenti in termini di pagamenti erogati, a seconda del livello che verrà scelto.
In alternativa, l'articolo 10 del regolamento prevede l'opportunità per lo Stato membro di non concedere pagamenti per superfici aziendali inferiori ad un ettaro, con la possibilità per l'Italia di scendere fino a 0,5 ettari. Anche in questo caso, l'eventuale scelta di applicare una soglia fisica dovrà tenere conto della presenza sul territorio italiano di aziende con ridotte superfici, come ad esempio quelle specializzate in ortofrutta.
Anche le soglie di esenzione previste per le misure greening potrebbero limitare l'impatto dell'obbligo del rispetto delle stesse. Ad esempio i dati del Censimento Istat 2010 sulle caratteristiche strutturali delle aziende agricole ci dicono che, a carte ferme, circa il 75% delle aziende che hanno seminativi potrebbe essere esentato dalla diversificazione colturale.
Non entrando nel merito del discorso sulle misure equivalenti, che coinvolge competenze orizzontali tra Primo e Secondo Pilastro, ma che potrebbero rendere l'applicazione del greening  più agevole per molte aziende, anche la soglia dei 15 ettari di seminativo, sotto la quale l'azienda non è tenuta a istituire o mantenere Aree di Interesse Ecologico, sarà sicuramente molto rilevante in termini di beneficiari tenuti a rispettare la misura.
Nei prossimi mesi, l'Italia dovrà fare valutazioni e prendere decisioni di non poco conto, e le scelte che il Paese si troverà a definire e su cui si pronuncerà non oltre il 1 agosto 2014 avranno una portata rilevante sul futuro dell'intero panorama agricolo italiano. In questo senso, istituzioni  esperti e interlocutori sono impegnati su tutti i fronti per raggiungere e concludere un pacchetto di scelte che possano soddisfare le differenti realtà dell'agricoltura italiana.

 
 
 

Giampiero Mazzocchi
Simona Romeo Lironcurti



 
[1] Gli agricoltori che godono dell'"esenzione" data dalla soglia, devono comunque svolgere l'attività minima agricola. Gli agricoltori con pagamenti superiori a 5.000 euro, al fine di ricevere pagamenti, non possono essere persone fisiche o giuridiche, o associazioni di persone fisiche o giuridiche, che gestiscono aeroporti, servizi ferroviari, impianti idrici, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti. Inoltre, qualora lo SM lo preveda, la loro attività agricola non può costituire solo una parte insignificante delle loro attività economiche complessive e/o la loro attività principale deve essere l'esercizio di un'attività agricola.
[2] La riduzione va applicata alla parte eccedente i 150.000 euro, dopo aver sottratto (a discrezione dello Stato Membro) i salari e gli stipendi legati all'esercizio dell'attività agricola effettivamente versati e dichiarati dall'agricoltore nell'anno civile precedente, compresi le imposte e gli oneri sociali sul lavoro.
 
 
 

PianetaPSR numero 29 - febbraio 2014