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AGRICOLTURA SOCIALE/2

Biologico e green nel dna delle aziende social

Piccole aziende green, per il 75% bio e con attività connesse: è l'identikit emerso dai partecipanti all'Agricoltura Civica Award che forniscono servizi alla collettività, nel segno della solidarietà

L'agricoltura sociale, declinata in alcune esperienze particolarmente significative, è stata la protagonista di un'intensa giornata di lavoro organizzata dall'Azienda Romana Mercati della Camera di Commercio di Roma. Le best practice, presentate durante il seminario dal titolo "Agricoltura bene comune", hanno dimostrato come l'iterazione tra azienda, comunità e territorio possa offrire delle valide risposte ai bisogni che provengono dalle realtà locali.
Tra i casi presentati, dagli agriservizi per l'infanzia alla creazione di start up ed imprese, particolarmente interessanti sono i risultati del progetto sperimentale per le filiere dell'agricoltura sociale che ha avuto come universo di rifermento l'insieme dei partecipanti all'Agricoltura Civica Award (edizioni 2010 e 2013). Il concorso è organizzato dall'Agenzia Italiana per la Campagna e l'Agricoltura Responsabile ed Etica (AiCARE), al cui interno esiste un'apposita sezione dedicata all'agricoltura sociale.
Analizzando i dati,  ricerca, disponibili sul sito http://agricommon.wordpress.com., emerge innanzitutto  che l'agricoltura sociale è "green", la maggior parte delle aziende (75%) adotta infatti un metodo di produzione biologico sia in modo certificato (47%) che non certificato (27%). A queste si aggiunge un gruppo di aziende che pratica il biodinamico o il sinergico e l'integrato. Solo il 12% dei casi utilizza un metodo di produzione convenzionale.
L'agricoltura sociale, inoltre, sembra essere una soluzione per la valorizzazione dei piccoli terreni dato che la gran parte delle aziende (circa il 53%) svolge la sua attività su una SAU inferiore o pari ai 3 ettari, il 24% dispone di una SAU compresa tra i 3 e i 10 ettari e solo il restante 23% gestisce una superficie superiore ai 10 ha.
Per quanto riguarda le filiere produttive utilizzate, il primato sicuramente spetta alla filiera orticola (avviata dal 29% dei casi), seguita dalla frutticoltura e all'allevamento di animali da cortile.
Chi pratica l'agricoltura sociale e quali sono le pratiche realizzate per raggiungere finalità sociali connesse all'attività agricola? Dall'indagine risulta che a gestire questo tipo di progetti sono prevalentemente le imprese agricole (36%), seguite da cooperative sociali (29%) ed associazioni (17%). Particolare attenzione meritano le cooperative sociali che possono erogare: servizi alla persona (cooperative sociali di tipo A); svolgere attività di inserimento lavorativo (cooperative sociali di tipo B), come nel caso della cooperativa "Agricoltura Capodarco"; oppure unire entrambe le attività.
Tra le attività connesse a quella agricola, il primo posto spetta alla didattica (22% delle aziende) dato giustificabile dal fatto che il percorso amministrativo e l'avviamento dell'attività sono più agevoli rispetto ad altri. Segue per  frequenza l'attività della vendita diretta, mentre le attività ricreative interessano il 17% dei casi. Da evidenziare che raramente  la connessione interessa un'unica attività, mentre è ben più frequente la conduzione di due (19%), tre (34%) ed oltre attività connesse (sino ad arrivare a 6).
Le finalità prevalenti delle esperienze di agricoltura sociale sono quelle della formazione ed istruzione (19%), dell'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (17%) e l'offerta di attività per il tempo libero (14%). I progetti di agricoltura sociale sono inoltre caratterizzati  dall'offrire molteplici servizi: circa la metà delle aziende offre infatti un ventaglio di quattro o più attività che hanno molteplici destinatari tra i quali,   principalmente, le persone con difficoltà mentale e psichica (27%). Seguono le attività rivolte a minori, disabili fisici ed anziani (10%). Meno rappresentate le attività rivolte ai detenuti, ex detenuti; persone affette da dipendenza; giovani drop-out (fuori dal sistema scolastico, a rischio) e disoccupati di lungo periodo e rifugiati/immigrati.
Dall'analisi, infine, emerge che solitamente il gruppo di persone che si occupa della gestione e della realizzazione dei progetti di agricoltura sociale è pari a meno di cinque, dato che interessa circa la metà delle realtà, anche se questo numero varia a seconda della molteplicità dei servizi offerti.

 
 
 
 

Roberta Buonocore

 
 
 

PianetaPSR numero 30 - marzo 2014