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STUDIO ISMEA
 

Agriturismo Italia, un marchio che parla le lingue

Dopo il via libera ai criteri di classificazione e uso del logo, una ricerca evidenzia il gradimento di operatori turistici e consumatori stranieri che chiedono flessibilità nell'utilizzo degli slogan

Una casa rurale, un albero e la bandiera italiana che prende le forme delle linee di un campo arato, iscritti all'interno di un girasole. Sotto, la scritta "Agriturismo Italia" e una simbologia di classificazione con piccole icone di girasoli, da uno a cinque. E' questo il Marchio "Agriturismo Italia", con il quale il Ministero delle Politiche agricole ha voluto fissare i criteri di classificazione nazionale sulla base dei servizi offerti e riunire sotto un logo nazionale riconosciuto il sistema agrituristico italiano. Ultimo atto, la regolamentazione dell'uso del marchio, con Decreto dell' inizio di giugno 2014. Fra le attività di analisi e indagine prodotte dal team di esperti che hanno lavorato a questo grande e composito progetto, vi è uno studio - ora pubblicato da Ismea - dal titolo "Analisi della domanda di agriturismo in Italia e in alcuni Paesi esteri, in riferimento alle problematiche applicative del marchio del Sistema Agriturismo Italia e dei simboli di classificazione", che ha contribuito a chiarire alcuni aspetti di marketing e di percezione del marchio presso consumatori e operatori del settore.
Prima di addentrarsi nei risultati dello studio, ci sembra utile ripercorrere le diverse tappe del progetto che hanno portato all'applicazione di questa importante novità nel campo del turismo rurale.
Dopo l'emanazione nel 2013 dei criteri omogenei di classificazione delle aziende agrituristiche e la creazione del logo "Agriturismo Italia",  Il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali con Decreto del 3 giugno 2014  "Modalità di applicazione del marchio Nazionale dell'agriturismo e istituzione del repertorio nazionale dell'agriturismo" ha regolamentato l'uso del marchio. "Il Marchio - si legge nell'allegato A, art. 2 del decreto - identifica le aziende e le attività agrituristiche autorizzate a norma di legge ed è concesso in uso alle Regioni e alle Province Autonome secondo le procedure di cui al presente Regolamento".
Sono quindi le Regioni a stabilire le procedure per la concessione alle aziende agrituristiche della licenza d'uso del marchio, così come provvedono ai controlli e sanzioni, e all'iscrizione nel Repertorio nazionale dell'agriturismo delle aziende a cui è stato concesso l'uso del marchio. Tutto è pronto quindi per la partenza di un marchio che molto potrà apportare al sistema agrituristico italiano in termini di chiarezza dell'offerta, riconoscibilità, garanzia di qualità.
Tornando al Report Ismea, sul mercato italiano si sono realizzati 4 focus group su temi legati a percezione del marchio, fruizione solo per la ristorazione, segmenti di mercato per macroaree geografiche, ognuno con 8-10 agrituristi, mentre sul mercato estero si è svolta un'indagine in 7 Paesi (Regno Unito, Svezia, Usa, Canada, Brasile, Australia, Cina) sulle problematiche dell'uso del naming all'estero, coinvolgendo responsabili Enit, Ice, Ambasciate, ecc. Contemporaneamente sono stati avviati una serie di incontri con un piccolo campione dei principali tour operator.
I risultati? Partiamo dal mercato italiano. L'ambiente che gli italiani vogliono deve essere familiare, ci si aspetta che i piatti proposti siano al massimo quattro per ogni portata, naturalmente provenienti dalle attività produttive aziendali nella massima misura possibile: niente tavolate enormi (non più di 50 posti), ma il desiderio di essere coinvolti il più possibile nella preparazione dei piatti (magari aiutando a preparare la pasta fatta in casa). Il personale deve essere vestito in modo informale. Molto apprezzate le passeggiate a cavallo, le attività per i bambini e le escursioni in bicicletta. Meno "essenziale" la piscina, che anzi a volte può risultare poco integrata nell'atmosfera agrituristica. Insomma, non si capita in agriturismo per caso: la dimensione deve essere decisamente diversa da quella "urbana".
Per quanto riguarda il marchio "Agriturismo Italia" tutti d'accordo sul fatto che un marchio per il settore nel suo complesso, con garanzia istituzionale a monte,  sembra in grado di dare sensazioni di certificazione e garanzia, l'idea di luoghi controllati e affidabili. Anche la suddivisione degli agriturismi in categorie è, secondo molti, opportuna in quanto può aiutare a scegliere e dare una garanzia ulteriore. Su questo punto, la chiave di volta del problema è stata nei criteri di attribuzione dei girasoli e nella accurata comunicazione di questo significato ad operatori e a consumatori: i partecipanti sono risultati tutti d'accordo sul fatto che i girasoli siano legati a una maggior ricchezza di proposte, offerte, servizi e attività.
Veniamo gli stranieri. Anche in questo caso utilizzatori e operatori turistici sono risultati d'accordo sul fatto che la classificazione sia basata non tanto su lusso e comfort tipici degli hotel, ma soprattutto su una ricchezza di proposte e attività, sui concetti di autenticità e di genuinità, sulla qualità del contesto ambientale. Il marchio ufficiale "Agriturismo Italia", mostrato agli interlocutori, ha in genere evocato la natura, il verde, il sole, l'Italia, il bel tempo, la tranquillità, l'allegria. È un marchio fresco, sereno e solare, dai colori amichevoli. In alcuni casi addirittura ha un carattere semantico ancora più vincente, come nel caso del Giappone, dove il girasole è un fiore dai mille significati positivi, o della Corea, dove rassomiglia a un premio; bene anche in Cina, dove i colori giallo e rosso insieme piacciono moltissimo.
Per quanto riguarda il "naming", nella maggior parte dei casi gli interlocutori hanno optato per il mantenimento del termine agriturismo in italiano, anche per la promozione/diffusione in altri Paesi, sia per la difficoltà di trovare una traduzione corta ed efficace, sia per comunicare già con il nome una sensazione legata all'Italia, sia infine per i vantaggi che si hanno lasciandolo inalterato in tutti i Paesi. Ma al contempo, tutti hanno espresso la necessità di aggiungere sotto un Pay-off. E qui ha vinto, giustamente, la logica del mercato: se il payoff più apprezzato per l'Italia è stato quello emozionale ("Vivi la terra delle emozioni"), per i mercati europei già vicini alla logica del settore agriturismo, può essere adeguato un payoff che combini aspetti emozionali ma che nel con tempo sia più esplicativo di quello italiano. Per esempio, "a trip between Italian nature and tradition", con l'eventuale sostituzione della parola viaggio con la parola experience. Si potrebbe utilizzare l'inglese per tutti i paesi di lingua inglese, compresi quelli che parlano comunemente l'inglese come la Scandinavia; la lingua locale per gli altri.
Per i mercati più distanti dalla logica del settore agriturismo, invece,  è preferibile un payoff in lingua locale che premi la capacità di spiegare il concetto di agriturismo italiano, pur sacrificando aspetti emozionali; per esempio, Italy in farms; oppure, holidays in Italian farms. Ma per quanto riguarda i Paesi extra-europei è emersa la necessità, in alcuni casi, di utilizzare la lingua locale, laddove vi siano questioni di scarso utilizzo dell'inglese o di particolare orgoglio linguistico: In molti paesi, la lingua inglese non è sufficiente.
Si pensi ai potenziali turisti cinesi: occorre una trasformazione in ideogrammi che richiamino le caratteristiche salienti dell'agriturismo. In Canada si deve prevedere una versione francese, per acquisire una percezione migliore presso una fascia di popolazione peraltro molto suscettibile su questo aspetto. Un payoff in lingua coreana sarebbe visto come un segno di attenzione (in Corea è forte l'orgoglio di paese); in Giappone, un payoff in lingua locale colpirebbe molto favorevolmente (farebbe sentire il turista a casa propria).
Insomma, come a dire che il "customer care" comincia dal marchio.

 
 
 
 

Andrea Festuccia

 
 
 
 
 
 

PianetaPSR numero 34 - luglio/agosto 2014