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AGROAMBIENTE


Suolo, un bene comune da conservare con cura

Al via ActiSoil progetto della Rete Rurale Nazionale (coordinato da Crea) per scambi di esperienze e tecnologie per un uso sostenibile - Tour presso 4 aziende che praticano la semina su sodo

Il suolo è una fonte inestimabile di beni e servizi non sostituibili, importantissimi per l'umanità e fondamentali per l'attività agricola: è risorsa fondamentale per la vita sulla terra, è base della produzione agroforestale, riserva di patrimonio genetico, filtro e serbatoio di acqua, elemento essenziale dell'agroambiente e, non da ultimo, principale deposito (stock) di carbonio delle terre emerse.

I Psr e la priorità "conservazione del suolo"

Per tutte queste ragioni il tema "uso sostenibile del suolo" rientra a pieno titolo fra le priorità della Pac 2014-2020, ma anche di altre politiche UE che, in modo più o meno diretto, interessano il settore primario (politiche di conservazione della biodiversità, strategie per la ricerca in agricoltura, direttive sulle energie rinnovabili, politiche di lotta al cambiamento climatico).
Le politiche di lotta al cambiamento climatico, in particolare, hanno rappresentato dei driver importanti per la definizione delle strategie "agro-climatico-ambientali" della Pac post-2013. Le modalità di uso del suolo (es. le lavorazioni meccaniche, le destinazioni produttive o le pratiche agronomiche), infatti, possono incidere in maniera determinante sulla capacità dei suoli agrari di assorbire e stoccare importanti quantità di carbonio ed è fondamentale che gli agricoltori, che sono i principali "attori" della gestione dei suoli dell'Ue, siano coinvolti attivamente in questa sfida di sequestro della CO2 dall'atmosferica.
I principali strumenti attraverso i quali la Commissione ha previsto di favorire questo processo sono i Psr che, sulla base delle disposizioni dei Regolamenti comunitari, prevedono misure volte a premiare o sostenere gli agricoltori che gestiscono i propri suoli in modo virtuoso in termini di sequestro della CO2 e di conservazione di tutte le funzioni ecologiche garantite da questa risorsa. Come sottolineato dalla Commissione stessa, infatti, l'aumento dello stock di carbonio nel suolo non deve essere considerato un risultato a sé in quanto generalmente accompagnato da altri co-benefici importanti per l'agroambiente come, ad esempio, la conservazione della biodiversità, la diminuzione dei fenomeni di erosione e la corretta gestione delle risorse idriche.

 

La semina su sodo come sistema produttivo "amico" del suolo

Diverse sono le pratiche agronomiche che la Commissione ha suggerito di sostenere attraverso i Psr per il miglioramento e la conservazione dello stato di salute dei suoli agrari. Fra queste a) un più ampio ricorso alle rotazioni colturali, b) la riduzione del ricorso al maggese nudo, c) il miglioramento della gestione dei nutrienti, dei residui colturali e delle risorse idriche, d) l'adozione di tecniche di lavorazione del suolo meno invasive e come le tecniche di agricoltura conservativa (Semina su sodo/NoTillage e lavorazioni ridotte).
La semina su sodo è un sistema agronomico che si basa sulla totale assenza di lavorazioni meccaniche del terreno. Si tratta di un vero e proprio sistema alternativo a quello convenzionale basato sulle lavorazioni "classiche" del terreno. La corretta adozione della Semina su sodo permette di contenere le emissioni dirette e indirette di CO2, di accumulare sostanza organica nei suoli, di ridurre fino al 90% i fenomeni di erosione superficiale e fino al 70% l'evaporazione del terreno.
Associata ad opportune rotazioni colturali che prevedono il sapiente ricorso a leguminose di copertura o intercalari, la semina su sodo offre anche l'opportunità di razionalizzare l'impiego di fertilizzanti di sintesi chimica (specie quelli azotati) e di migliorare lo stato di biodiversità dei suoli. Tali vantaggi, però, possono essere ottenuti solo se la semina su sodo viene approcciata come un sistema complesso di fattori colturali e gestionali che vanno oltre quello della tecnica di semina.
Con questa tecnica, infatti, assumono fondamentale importanza la funzione delle radici (vive e morte) e della micro-fauna del terreno nella creazione della porosità dei suoli, l'avvicendamento colturale, la costante copertura del terreno sia attraverso il rilascio in superficie dei residui colturali che attraverso la coltivazione dedicata di colture di copertura (cover crop).

Oltre i pagamenti dei Psr: competenze ed esperienze per diffondere la tecnica della semina su sodo

La semina su sodo è una tecnica produttiva che richiede professionalità, esperienza e adeguata tecnologia. Oggi si sta diffondendo in modo esponenziale in tutto il mondo, specialmente negli areali produttivi più competitivi e vocati alla produzione di commodity (oltre 110 milioni di ettari), ma è ancora poco adottata nella Ue ed anche in Italia. Spesso la mancanza di conoscenza sull'agricoltura conservativa, unita all'assenza di tecnologie innovative, rendono infatti difficile e socio-economicamente rischiosa l'adozione di queste tecniche da parte di molti agricoltori.
In generale, l'adozione delle innovazioni da parte degli agricoltori avviene sempre attraverso un processo di apprendimento dinamico che è influenzato da un insieme articolato di aspetti che riguardano la sfera personale, culturale ed economica, oltre che le caratteristiche stesse dell'innovazione in questione. Tutto questo è vero per ogni tipo di innovazione in agricoltura, inclusa quella rappresentata dall'introduzione di pratiche di non-lavorazione del suolo.
Le pratiche di agricoltura conservativa, infatti, rappresentano per le aziende e per gli agricoltori qualcosa di più di "semplici" innovazioni in quanto vanno a sovvertire il tradizionale modo di fare agricoltura che ha caratterizzato tradizionalmente il comparto dei seminativi. La "filosofia" produttiva proposta dalla semina su sodo, infatti, chiede agli agricoltori di abbandonare le tradizionali pratiche di coltivazione e di adottare nuovi paradigmi produttivi che richiedono nuove competenze e nuove capacità tecnico-professionali che, in molti casi, mettono alla prova anche il dinamismo e l'elasticità degli stessi operatori.
Non a caso ricerche di settore ed esperienze aziendali confermano come l'agricoltura conservativa sia più velocemente e facilmente adottata dagli agricoltori più giovani, quelli evidentemente più predisposti a mettere in discussione il proprio bagaglio di esperienze per aprirsi a nuovi modi di fare agricoltura. In questo contesto appare chiaro che un "semplice" sostegno Psr agli investimenti o all'adozione di pratiche agronomiche sostenibili potrebbe non essere sufficiente a garantire l'auspicabile diffusione di questi sistemi agronomici conservativi.
La diffusione dell'agricoltura conservativa, come dimostrato in diversi contesti in giro per il mondo, trova infatti valido punto di innesco nella una crescita culturale, tecnica e professionale del capitale umano rappresentato dagli agricoltori, dagli agrotecnici e dai professionisti della consulenza aziendale, figure che oggi sono chiamate ad approcciarsi in modo nuovo ai concetti di sostenibilità e di uso razionale delle risorse in agricoltura. E' dimostrato, per esempio, come la presenza nel territorio rurale di organizzazioni, associazioni e reti di agricoltori e stakeholders interessati alla conservazione del suolo siano elementi essenziali per contribuire in modo determinante alla diffusione di questo nuovo paradigma produttivo.

 

L'impegno della RRN per favorire la diffusione  delle pratiche di conservazione del suolo
 
Uno degli obiettivi della Rete Rurale Nazionale per il periodo di programmazione 2014-2020 è quello di supportare l'attuazione dei Psr stimolando la partecipazione dei portatori di interesse e promuovendo il trasferimento e la condivisione di best practices. Come noto, le misure agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale (Misura 10, ex 214), svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo sostenibile delle zone rurali e nel soddisfare la crescente domanda di servizi ecologici e ambientali da parte della società.
Uno degli obiettivi di queste politiche è pertanto quello di incoraggiare gli agricoltori a introdurre o mantenere metodi di produzione agricola compatibili con la tutela ed il miglioramento dell'ambiente, del paesaggio agrario e delle sue caratteristiche, della biodiversità, delle risorse naturali e, quindi, del suolo.
In questo contesto, il Programma RRN 2014-2020 prevede una specifica attività denominata PACA - Azioni a supporto delle priorità agro-climatico-ambientali dei PSR - coordinata dal CREA-Politiche e Bioeconomia che, con speciale riferimento alle priorità agro-climatiche-ambientali (Misura 10 - ACA) e di altri interventi di interesse agro-climatico-ambientale, prevede specifiche attività di supporto alle Regioni e agli attori del partenariato, per favorire il raggiungimento delle priorità agro-climatico-ambientali previste dai PSR, nonché la messa in campo di azioni di rete e di condivisione delle conoscenze, su tematiche specifiche di carattere operativo.
Nello specifico, per ciò che riguarda il tema "uso sostenibile del suolo", la linea di attività PACA prevede la realizzazione di attività di animazione, networking, e comunicazione finalizzate a supportare gli attori dello sviluppo rurale nell'efficace implementazione di misure di conservazione dei suoli agrari. PACA intende fornire un supporto orizzontale agli stakeholders dello sviluppo rurale al fine di favorire l'efficace implementazione delle misure Psr programmate per la conservazione del suolo, coinvolgendo un ventaglio diversificato degli attori coinvolti dalla tematica.
In particolare, PACA dedica a questo tema una linea di azione specifica denominata ActiSOIL. Questa linea di azione prevede la realizzazione di attività di informazione e networking fra diversi target di stakeholders in 15 regioni italiane per favorire lo scambio di buone prassi relative alla efficace attuazione delle misure agroambientali dedicate alla conservazione dei suoli agrari.
ActiSOIL ha in programma di realizzare azioni di comunicazione, study visits, formazione e animazione nell'ambito di più Psr, con laboratori territoriali da realizzarsi su scala regionale o interregionale (nord-centro-sud) sui temi della consulenza, delle azioni collettive, dell'innovazione tecnologica e agronomica per accrescere efficacia ed efficienza delle misure agroambientali volte alla conservazione del suolo e delle sue funzioni ecologiche. ActiSOIL prevede di realizzare azioni di supporto alle AdG, ai referenti di misura e ai beneficiari dei Psr su aspetti tecnici connessi alla gestione delle misure, al rispetto degli impegni previsti e al raggiungimento dei risultati attesi di conservazione del suolo.

Uno Study tour nord-centro-sud Italia per la condivisione di esperienze
 
Il primo atto del programma di attività previsto da ActiSOIL ha avuto luogo lo scorso mese di maggio con l'organizzazione di uno study tour nelle regioni del centro-sud Italia alla scoperta di esperienze aziendali di successo per l'adozione delle tecniche di agricoltura conservativa. L'iniziativa è stata promossa da Rete Rurale Nazionale in collaborazione con HelpSoil, un progetto LIFE coordinato da Regione Lombardia che vede coinvolte tutte le Regioni dell'arco padano-veneto per la diffusione delle pratiche di conservazione del suolo e dei loro benefici ambientali (http://www.lifehelpsoil.eu/). All'iniziativa hanno preso parte circa 50 persone con profilo professionale e lavorativo diversificato: funzionari e tecnici regionali che a vario titolo si occupano delle tematiche agro-climatico-ambientali (ad es: referenti Misure/Interventi dei PSR Regionali), tecnici e ricercatori degli enti di assistenza tecnica regionale, consulenti e liberi professionisti, nonché agricoltori e contoterzisti dell'area nord. RRN ed HelpSoil hanno operato in sinergia allo scopo di favorire lo scambio di esperienze e di best practices fra gli stakeholders che quotidianamente affrontano, da posizioni diverse ma convergenti, la tematica relativa alla conservazione e tutela del suolo.

I contenuti del tour

Il programma dello study tour si è sviluppato in 4 giorni di visite tra l'11 ed il 14 maggio. L'itinerario delle visite ha visto il coinvolgimento di 5 aziende agricole del centro-Sud in 4 diverse Regioni (Umbria, Campania, Molise e Puglia). Più che di "semplici" visite aziendali, il programma ha previsto

GLI INSEGNAMENTI DELLO STUDY TOUR E LE PROSSIME INIZIATIVE

*    il confronto diretto e in "campo" tra operatori è il metodo più efficace per sensibilizzare, far conoscere, nonché condividere soluzioni per lo sviluppo efficace (oltre che efficiente) delle tecniche di agricoltura conservativa;
*    è fondamentale favorire il confronto diretto tra agricoltori e valorizzare il ruolo di "agricoltore espero-divulgatore" che può operare da mentore per agricoltori meno esperti;
*    è necessario mettere in "rete" le diverse esperienze di agricoltura conservativa presenti in Italia per favorire lo scambio di best practices e stimolare lo spirito di emulazione fra i produttori;
*    è importante costruire una "infrastruttura" di relazioni tra agricoltori, tecnici, ricercatori, consulenti, funzionari pubblici per ridurre le distanze, favorire le sinergie, la crescita e il confronto ai fini dell'efficace attuazione delle misure Psr di conservazione del suolo;
Obiettivo di ActiSOIL, nel quadro più ampio del progetto PACA e del Programma RRN è quello di promuovere nel prossimo futuro ulteriori iniziative di scambio e condivisione di esperienze, a più livelli sulla semina su sodo. In programma ci sono già nuovi study tour pianificati per coinvolgere le altre regioni italiane e una serie di iniziative, delineate in sinergia con le regioni, volte ad accrescere il bagaglio di conoscenze-competenze e ad aumentare la consapevolezza degli attori dello sviluppo rurale sul tema della conservazione del suolo.
 

la realizzazione di veri e propri momenti di confronto, scambio di esperienze e di best practices fra i diversi attori che a vario titolo si occupano di tematiche legate ad esperienze di agricoltura conservativa.
L'elemento forse più interessante dello study tour, come sottolineato anche dai partecipanti intervistati, è stato l'approccio molto diretto con chi si trova a praticare quotidianamente la tecnica di semina su sodo. Gli imprenditori sodisti incontrati hanno evidenziato bene come il loro sapere sia frutto di esperienza diretta, fatta di errori e successi, e soprattutto di condivisione di esperienze "in rete" con altri agricoltori. In ognuna delle aziende visitate, gli agricoltori hanno affrontato e discusso un pacchetto di argomenti tecnici che si legano in modo inscindibile al successo del sodo: la gestione dei residui colturali, della pula e della paglia dopo la trebbiatura, l'importanza di una corretta gestione del suolo quando non è presente la coltura principale, l'utilizzo delle cover crops ed i loro aspetti produttivi, l'impiego corretto di agronomici ed altri input produttivi. E' stato affrontato anche l'argomento relativo all'utilizzo della chimica per il controllo delle infestanti e delle "sperimentazioni aziendali" in corso per ridurre l'impiego di prodotti erbicidi di sintesi.

 

Le visite aziendali

Nel corso della prima tappa presso l'aziendaTenuta di Biscina (Umbria), il confronto con un giovane e motivato agricoltore ha ben evidenziato come la semina su sodo non sia soltanto una tecnica agronomica che consente di proteggere e recuperare la fertilità dei suoli, ma rappresenta anche una via per aumentare l'efficienza organizzativa delle attività agricole e migliorare la qualità di vita degli agricoltori.
L'azienda, ad orientamento cerealicolo-zootecnico, si trova in un'area montana dove la naturale acclività dei terreni espone le superfici coltivate a problemi di dissesto e erosione. L'introduzione della "non lavorazione" nei seminativi aziendali, oltre a favorire una mitigazione di questa suscettibilità, ha permesso un evidente alleggerimento nel carico di lavoro per la preparazione del letto di semina (attraverso le canoniche lavorazioni). Questo aspetto ha permesso al giovane imprenditore di diversificare il reddito aziendale, grazie all'attività di contoterzismo a cui si può dedicare e di avviare anche la coltivazione di colture estive per ottimizzare l'uso del suolo durante tutto l'arco dell'anno.
In Campania l'azienda Marcantonio, che vanta un'esperienza di semina su sodo quasi decennale, ha permesso di raccontare come grazie a questa tecnica, a parità di "lavoro", sia possibile ottimizzare l'uso dei fattori tecnici, i risultati produttivi e quelli reddituali. In questa azienda, infatti, la semina diretta ha fatto sì che il lavoro aziendale risparmiato (assorbito prima dalla preparazione dei terreni per la semina), venisse impiegato per offrire nuovi servizi di semina su sodo in contoterzismo e per aggiungere valore ai prodotti aziendali attraverso, per esempio, la trasformazione diretta di latte in formaggio.
In Molise, la visita presso l'azienda Capozzi di Riccia (CB)ha permesso di conoscere i contorni di una esperienza aziendale basata sul sodo "a misura" di economia familiare. L'azienda infatti coltiva poco meno di 70 ettari di seminativi destinati alla produzione di trinciato di triticale e sorgo per l'alimentazione delle bovine da latte allevate in azienda, con due raccolti annui. Gli elementi distintivi che hanno incoraggiato l'imprenditore nella realizzazione della semina su sodo, sono riconducibili a questioni di carattere organizzativo, oltre che agronomico: grazie alla semina su sodo l'imprenditore ha scoperto di poter impiegare efficacemente i liquami aziendali nel momento della semina (apporto di fertilità e umidità al terreno), di poter ridurre il carico di lavoro connesso alle operazioni di spietramento degli appezzamenti e di poter raddoppiare praticamente le produzioni, a parità di ogni fattore, grazie ai 2 raccolti/anno, cosa che gli consente oggi di aumentare il numero di bovine in stalla.
Infine, l'esperienza dell'azienda De Bonis, situata in agro di Spinazzola (Puglia), con i suoi 750 ettari di SAU a seminativi, coltivati prevalentemente a frumento duro in avvicendamento a cereali minori (avena) o colture miglioratrici (veccia, favino), ha evidenziato come grazie alla semina su sodo il recupero della fertilità dei suoli per lungo tempo "maltrattati" da bruciatura delle stoppie, lavorazioni profonde, monocoltura ed erosione non sia soltanto un mero elemento di interesse ambientale, ma una occasione di ritrovata competitività aziendale. Come accade in Argentina, infatti, la fertilità del suolo inizia ad essere intesa dall'azienda De Bonis come fattore di competitività produttiva al pari di altri, oltre che un elemento di sostenibilità di processo.

 
 

DaniloMarandola
danilo.marandola@crea.gov.it
AntonioPapaleo
antonio.papaleo@crea.gov.it

 
 
 
 
 
 

PianetaPSR numero 55 luglio/agosto 2016