Home > Pianeta Rurale > Rete Rurale Nazionale > Lavoro agricolo, si ferma l'emorragia di posti di lavoro, cambiano gli scenari e le dinamiche retributive
Lavoro

Lavoro agricolo, si ferma l'emorragia di posti di lavoro, cambiano gli scenari e le dinamiche retributive

La crisi occupazionale del settore sembra essersi arrestata, ma le prospettive a livello comunitario rimangono incerte. Forti le differenze nella redditività tra le diverse regioni del Paese.

Il seminario "Cambiamenti di scenario e dinamiche retributive del lavoro agricolo", organizzato lo scorso 18 dicembre dal CREA-PB e dalla Fondazione Metes è stato occasione per avviare una discussione con ricercatori e istituzioni sul fabbisogno conoscitivo e sull'esigenza di sistematizzazione delle fonti statistiche disponibili sul lavoro in agricoltura a beneficio non solo della ricerca, ma anche delle istituzioni chiamate a programmare interventi di politica economica.
Avere a disposizione fonti statistiche aggiornate e con il giusto dettaglio informativo è una condizione imprescindibile per approfondire i diversi aspetti connessi all'evoluzione del lavoro nel settore agricolo, alla sua incidenza sulla competitività delle imprese, all'organizzazione del lavoro nei diversi contesti aziendali e al ruolo del lavoro nelle dinamiche produttive, così come per analizzare altre dinamiche connesse all'inclusione sociale dei lavoratori nei diversi contesti produttivi e territoriali.
A giudicare dagli andamenti recenti dell'occupazione, il processo di ridimensionamento del settore agricolo in Italia sembra ormai terminato. Anzi, diversamente dal manifatturiero e dall'edilizia, nel 2016 il numero degli occupati è superiore a quello precedente alla crisi cominciata nel 2008. Tale risultato è ascrivibile soprattutto alla componente dipendente che, a partire dal 2014, ha operato il sorpasso di quella autonoma, storicamente prevalente, sancendo in via definitiva il cambiamento del contesto produttivo settoriale. La maggiore incidenza del lavoro subordinato indica la diffusione di un modello aziendale, sempre di matrice familiare ma di tipo professionale, che si rivolge al mercato del lavoro per fare fronte a fabbisogni anche essi in evoluzione. Per questa ragione, il lavoro in agricoltura rappresenta oggi una variabile cruciale per la competitività del settore e per favorire i fenomeni di innovazione e diversificazione del settore primario. L'integrazione dei mercati da un lato, l'evoluzione economica, sociale e culturale dall'altro, impongono oggi all'agricoltura una riqualificazione dei contenuti in termini di qualità dei prodotti e dei processi che richiede una rivisitazione delle competenze che devono sapere andare al di là delle professionalità strettamente agricole.
Allo stesso tempo, le molte implicazioni di tipo sociale che, accanto alle peculiarità pratiche, caratterizzano il mercato del lavoro agricolo hanno generato modalità di contrattazione proprie dove i minimi stabiliti a livello nazionale intendono salvaguardare il potere d'acquisto delle retribuzioni tenendo conto delle tendenze generali dell'economia. A livello provinciale confluiscono, invece, le specificità in termini sia di contesto che di produttività territoriale. Di conseguenza, come emerge nel Rapporto dell'Osservatorio Nazionale della Fondazione Metes, i divari retributivi tra le province possono essere molto rilevanti riflettendo, dal lato della domanda, la specializzazione delle regioni in comparti più intensivi e capitalizzati, dal lato dell'offerta la presenza di opportunità alternative più appetibili sotto il profilo del trattamento economico e delle condizioni di lavoro.
Quella dell'attrattività del lavoro agricolo è una preoccupazione non nuova alla politica agricola comune come dimostrano i pagamento finalizzati al ricambio generazionale.
D'altro canto, nel complesso dell'Unione il processo di sostituzione del capitale al lavoro è in ancora atto: dal 2007 circa 2,5 milioni di persone hanno lasciato il settore, in buona parte (1,7 milioni di persone) nei Paesi che hanno fatto il loro ingresso dopo il 2004 e secondo le previsioni continuerà ancora almeno fino al 2030. Inoltre l'adozione di livelli tecnologici più avanzati genera cambiamenti nelle competenze richieste rendendo più necessari gli interventi formativi .
Alla ristrutturazione del settore si accompagna la difficoltà delle aree rurali nel creare opportunità di lavoro al di fuori dell'agricoltura, con effetti negativi sulla popolazione. Pertanto l'interesse per i potenziali impatti sulla qualità e quantità dell'occupazione della PAC sembra generalizzarsi e approfondirsi.
Ne "Il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura", che avvia il processo di definizione della nuova stagione politica, l'obiettivo della promozione dell'occupazione di qualità campeggia già in apertura della comunicazione, laddove si contestualizza la PAC nel quadro degli obiettivi generali delle politiche comunitarie, per poi essere declinato in diversi punti e aspetti, non ultimo quello dell'eventualità di legare i pagamenti diretti alla quantità di lavoro in una logica conservativa della quantità di occupazione.
Gli strumenti oggi disponibili incidono sul lavoro in maniera indiretta favorendo per lo più investimenti in attività produttive o in diversificazione che in caso di successo dell'iniziativa imprenditoriale aumentano le opportunità di reddito e occupazione all'interno dell'azienda.
E' evidente, quindi, che per rendere la PAC e, in particolare, la politica di sviluppo rurale una politica attiva del lavoro sia necessario immaginare nuovi strumenti che favoriscano l'ingresso nel mercato del lavoro del settore agricolo di nuovi occupati, incentivando le imprese che assumono a qualificare maggiormente il loro profilo per garantirne valorizzazione professionale e retribuzioni più adeguate, finalizzando la formazione degli addetti agricoli alle nuove competenze emergenti su temi quali l'agricoltura sostenibile e di precisione, migliorando le condizioni di sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro con misure dedicate.

 
 
 
 

Maria Carmela Macrì
Alessandro Monteleone

 
 
 

PianetaPSR numero 68 gennaio 2018