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Lamole
Paesaggi rurali

Il patrimonio italiano si arricchisce di 5 nuovi Paesaggi rurali storici e di una Pratica agricola tradizionale

Dopo il via libera dell'Osservatorio nazionale del paesaggio rurale, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha predisposto i decreti che determinano l'iscrizione nel Registro della Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto, della Pratica Agricola Tradizionale Piantata Veneta, del Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria, del Parco regionale Storico agricolo dell'Olivo di Venafro, del Paesaggio policolturale di Trequanda e del Paesaggio rurale storico di Lamole in Chianti.

Il Registro nazionale dei Paesaggi Rurali e delle Pratiche Agricole si arricchisce di sei nuovi elementi. Nel corso dell'ultima riunione del gennaio scorso, infatti, l'Osservatorio nazionale del paesaggio rurale ha espresso parere favorevole all'unanimità rispetto all'iscrizione di cinque nuovi Paesaggi e di una pratica tradizionale. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha quindi predisposto i relativi decreti che sanciscono l'ingresso nel Registro della Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto, della Pratica Agricola Tradizionale: Pianata Veneta, del Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria, del Parco regionale Storico agricolo dell'Olivo di Venafro, del Paesaggio policolturale di Trequanda e del Paesaggio rurale storico di Lamole in Chianti.
 Ad oggi il registro include 10 paesaggi e due pratiche agricole, distribuiti dal Nord a Sud, a fronte di oltre 80 richieste di candidatura presentate attraverso l'apposita scheda di preselezione all'Osservatorio, da parte di una serie alquanto diversificata di Enti, che coprono tutte le Regioni. Il gap tra i siti iscritti, relativamente pochi, ed il patrimonio di richieste pervenuto all'Amministrazione è dovuto essenzialmente alla difficolta degli Enti di trasformare, dopo il giudizio positivo dell'Osservatorio, la scheda di preselezione presentata, in un vero e proprio dossier di candidatura che soddisfi i criteri di ammissibilità al Registro. Questa difficoltà è attribuibile soprattutto alla carenza di fondi per sostenere la predisposizione del documento che richiede passaggi tecnici scientifici che molto spesso gli Enti sono costretti ad appaltare a professionisti.
Solo nell'ultimo mese sono pervenuti al Mipaaf già 4 nuovi dossier di candidatura definitivi.

Ed ecco le sei nuove aree candidature in corso di iscrizione, le cui menzioni sono state curate dalla componente accademica dell'Osservatorio, di cui si riporta stralcio di ciascuna.

Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria

L'isola di Pantelleria è segnata da un paesaggio risultato di un sistema produttivo che mostra evidente il contrasto tra l'estensione e l'importanza economica, sociale e culturale delle attività agricole che lo hanno determinato e la inadeguatezza delle risorse ambientali che le hanno sostenute. Una campagna nella quale la diffusione dell'ordinato paesaggio disegnato dai terrazzamenti e dai muretti di pietra a secco e il contrasto con le caotiche superfici naturali mostra da quanto tempo la simbiosi tra uomo e natura sia attiva. Ventosità e aridità del clima, suoli rocciosi o superficiali, in un contesto morfologico estremamente accidentato, ricco di colline e montagne che coprono pressoché l'intera superficie, sono stati resi fertili grazie all'opera di generazioni di agricoltori che hanno creato con i terrazzamenti, gli spietramenti, i riporti di terra un suolo idoneo ad ospitare le colture.
Nell'area individuata, l'agricoltura si svolge in un paesaggio fortemente caratterizzato da terrazze e muretti divisori in pietra a secco che sono la più evidente testimonianza del lavoro svolto nel corso dei secoli dagli agricoltori panteschi. Le terrazze si raccordano in un insieme di grande fascino paesaggistico con i magazzini rurali e le abitazioni. Straordinaria la presenza dei cosiddetti "giardini", strutture in pietra a secco che contengono al loro interno frequentemente un solo agrume.
Gli elementi costruiti più diffusi nel paesaggio dell'area considerata sono i dammusi.
La particolarità della forma di allevamento della vite ad alberello ha consentito che, dal 2014, detta pratica sia inserita nel Patrimonio UNESCO, nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità. Altre colture si presentano in forme altrettanto singolari e tra queste gli olivi che sono potati in modo da assumere forme molto basse con le branche adagiate al suolo. Ulteriore singolare presenza è quella del cappero in coltura non solo promiscua ma anche specializzata in appezzamenti dedicati.

 Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria

Il paesaggio policolturale di Trequanda

Il paesaggio agrario del comune di Trequanda costituisce un importante esempio del paesaggio tradizionale olivicolo della campagna senese in cui convivono sia aree olivicole sia importanti esempi dell'appoderamento mezzadrile caratterizzati da un ordinamento produttivo misto.  
L'area è situata al confine tra la Val d'Orcia e le Crete Senesi. Dal punto di vista paesaggistico storicamente si potevano individuare tre sistemi principali: gli oliveti, i seminativi arborati (generalmente con olivi) e i boschi. Praticamente assenti erano i vigneti specializzati. Dal punto di vista tecnico, economico e gestionale questi sistemi erano fortemente integrati tra loro contribuendo, sia pure in modo diverso, all'economia del settore primario. Si tratta pertanto di elementi diversi di un mosaico paesaggistico sostanzialmente unitario.
Benché il bosco misto di latifoglie si sia esteso notevolmente nel secondo dopoguerra e vi sia stata la realizzazione di alcuni vigneti specializzati, il mosaico paesaggistico tradizionale è ancora oggi sostanzialmente riconoscibile nel territorio. Di particolare rilevanza sono gli oliveti che presentano un sesto d'impianto sia regolare sia irregolare e che in taluni casi conservano una ridotta densità d'impianto. Gli olivi sono in parte coltivati su terrazzi e su ciglionamenti. Sono ancora diffusi, sia pure in misura minore rispetto al passato, dei seminativi con olivi, che costituiscono una importante testimonianza dell'agricoltura multifunzionale tipica dell'agricoltura tradizionale.

  Il paesaggio policolturale di Trequanda

La Piantata veneta

La piantata è una pratica colturale antichissima di coltivazione della vite testimoniata già in epoca etrusca e romana. Si tratta di una tipica forma di agricoltura promiscua in cui gli appezzamenti coltivati sono delimitati da filari di viti maritate ad alberi d'alto fusto. In passato erano presenti vari tipi di specie arboree (l'olmo, l'acero, il salice, alberi da frutto, ecc.), ma, a seguito della diffusione della bachicoltura, si è affermata la presenza del gelso le cui foglie venivano impiegate per alimentare i bachi. Dal punto di vista colturale, la piantata si associava spesso a peculiari sistemazioni idraulico-agrarie quali, ad esempio, il cavalletto. In questo caso il filare di viti maritate si trova su una porca di larghezza variabile, tenuta a prato e separata dai coltivi da una o due piccole affossature.
Come testimoniato da varie ricerche effettuate in provincia di Treviso e nel Veneto, la piantata di vite costituiva la forma quasi esclusiva di gestione delle colture nella pianura veneta fin dai tempi della Serenissima. Presentava il notevole vantaggio di garantire una pluralità di prodotti in aziende che consentivano sia di soddisfare le esigenze dei coltivatori. Con l'avvento della meccanizzazione e il diffondersi del diserbo chimico, questo paesaggio è progressivamente scomparso nel Veneto così come nel resto d'Italia.
Allo stato attuale permangono solo pochi esempi del paesaggio della Piantata Veneta. Tra questi particolare rilevanza assume il piccolo vigneto arborato situato nel Borgo di Baver nel comune di Godega di Sant'Urbano (TV), dove sono state conservate le modalità tradizionali di coltivare la piantata di viti nel Veneto. L'importanza di questa piantata è tale che la Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici delle province di Venezia, Belluno e Treviso ha posto nel 2014 un vincolo di tutela ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42 con cui viene tutelato non solo il paesaggio ma in particolar modo la pratica colturale ancora presente per il suo fondamentale valore etnoantropologico.

La Piantata veneta

Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto

La fascia collinare che da Spoleto ad Assisi delimita a est la valle umbra costituisce uno dei luoghi più significativi dal punto di vista storico, culturale e religioso della realtà italiana. Sono presenti innumerevoli centri storici e borghi di antica origine che conservano tutt'oggi un'intima connessione con il paesaggio agrario circostante costituito prevalentemente da oliveti che hanno conservato in buona parte le caratteristiche che avevano in passato.
Nell'area la coltivazione dell'olivo vanta una tradizione antichissima, risalente all'epoca romana e, per certi versi, l'evoluzione storica dell'intero territorio ha avuto uno strettissimo legame con l'olivicoltura. L'olivo era coltivato all'interno della cinta muraria dei principali borghi e centri storici e si estendeva al di fuori delle mura in appezzamenti circondati da mura chiamati clausurae (chiuse). Se inizialmente la coltivazione riguardava le aree limitrofe ai borghi murati e le quote più basse, a partire dal XVI e dal XVII secolo si estese alla fascia altimetrica dei 500-600 metri sostituendo il bosco. I nuovi oliveti avevano tendenzialmente un sesto regolare dovuto sia a ragioni di carattere morfologico (alle quote maggiori la maggior parte degli oliveti era realizzata su terrazzamenti) sia di carattere amministrativo. Nel territorio, sia a causa dell'estensione (l'area si estende su oltre 9.000 ettari di cui 4.600 attualmente coltivati ad olivo) sia a causa della morfologia (le coltivazioni si estendono dai 200 ai 600 m s.l.m.), è presente una grande varietà di sistemazioni idraulico-agrarie storiche e di sesti di impianto. Si possono incontrare estese aree in cui la coltivazione dell'olivo è realizzata su ciglioni o su terrazze e sono presenti sistemazioni a lunette che, in taluni casi, assumono caratteri di unicità nel panorama agrario italiano.

 Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto

Parco regionale Storico agricolo dell'olivo di Venafro

Venafro è un paesaggio olivicolo di eccezionale valore e persistenza storica. L'olivicoltura rappresenta da più di due millenni l'elemento centrale della identità culturale della popolazione mantenendo il complesso dei valori legati alle caratteristiche del prodotto e al paesaggio storico dell'Appennino meridionale. Tali valori sono oggi assicurati da una importante istituzione quale il Parco Storico Agricolo dell'Olivo le cui finalità si pongono come modello di valorizzazione del paesaggio rurale italiano.
La storicità dell'olivicoltura di Venafro è attestata a partire dai tempi dei romani. Sono infatti molte le citazioni legate alla produzione di olio tra gli autori latini e la coltivazione dell'olivo è documentata fin dal II secolo a.C.. Oggi l'olivicoltura di Venafro non rappresenta un relitto storico, ma è il centro delle attività agricole. L'area candidata presenta moltissimi terrazzamenti in pietra a secco, ma il paesaggio è anche caratterizzato da aree a pascolo ed ha ancora tratti tipici del paesaggio storico dell'appennino meridionale. L'importanza attuale dell'olivicoltura di Venafro non è da ricercarsi solo nella lontana origine storica, ma anche nel patrimonio genetico varietale che è stato conservato nei secoli.
Il Parco Regionale dell'Olivo ha condotto un censimento degli olivi monumentali, individuando oltre 166 piante. Oltre che ad implementare il database conoscitivo del territorio, la puntuale rilevazione della maggior parte dei grandi olivi del Parco è finalizzata alla loro effettiva tutela e al monitoraggio nel corso degli anni.

Parco Regionale Venafro

Il paesaggio rurale storico di Lamole - Greve in Chianti

Lamole è un paesaggio storico nel quale le sistemazioni idraulico-agrarie costituite dai muri in pietra a secco, assieme alle policolture caratterizzate da vite e olivo, al bosco e agli insediamenti rurali di grande pregio architettonico distribuiti nel territorio, preservano l'identità culturale del Chianti. Lamole rappresenta inoltre un pregevole esempio di recupero e conservazione dinamica delle pratiche agricole storiche, che svolgono oggi un ruolo di valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza per lo sviluppo dell'intero territorio.
Il paesaggio di Lamole è caratterizzato da una notevole radice storica. Il vino Chianti inizia ad essere nominato in epoca medievale, ma la grande qualità del vino di Lamole è menzionata nell'800, ben prima che il vino prodotto nell'area del Chianti assumesse la fama ed il prestigio che gli è stato riconosciuto in ambito nazionale ed internazionale; anche per questo Lamole è probabilmente a ragione considerata la patria del Sangiovese, il principale vitigno del Chianti. L'olivo ha sempre accompagnato la presenza della vite, ed è parte integrante del paesaggio storico, assieme a colture orticole ed al giaggiolo coltivato spesso sui terrazzi olivetati.
Le pendenze elevate, almeno dal medioevo, hanno favorito in molte parti del territorio la realizzazione di terrazzamenti, costituiti da muri a secco. Questo tipo di sistemazioni, impiegate in gran parte del territorio sono diventate una delle componenti maggiormente rappresentative del paesaggio di Lamole e i metodi di costruzione sono diventati, nel corso del tempo, un importante patrimonio per la cultura locale. In tal senso Lamole può essere considerato un punto di riferimento dell'inversione di tendenza che si registra in molte parti della Toscana, che ha portato al ripristino e alla manutenzione di molti sistemi terrazzati.

Lamole-Greve in Chianti
 

Il contesto

Il Mipaaf, con il decreto n. 17070 del 12 novembre 2012, ha istituito l'Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, introducendo così per la prima volta nella storia dell'Amministrazione la tematica del Paesaggio Rurale all'interno delle proprie competenze. Contestualmente è stato istituito il «Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, delle Pratiche Agricole e delle Conoscenze Tradizionali» e sono state definite le modalità per la sua gestione ed i criteri di selezione delle candidature da iscrivere allo stesso Registro.
Successivamente sono stati approvati i "Criteri di ammissibilità delle candidature dei paesaggi rurali proposti per l'iscrizione al Registro Nazionale" elaborati dall'Osservatorio.
L'obiettivo strategico è quello di contribuire alla competitività dell'agricoltura italiana, al miglioramento della qualità ambientale e della qualità della vita nelle aree rurali, individuando nel paesaggio un valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza del nostro sistema Paese.
Alla fine del 2015, inoltre, è stata istituita una Task Force, di supporto all'O.N.P.R., con il compito specifico di effettuare sopralluoghi in campo per la verifica dei requisiti di ammissibilità dei siti candidati. In particolare, di verificare la rispondenza tra quanto riportato sui documenti trasmessi dal proponente e lo stato reale dei siti oggetto di candidatura. La Task Force ha anche il compito di redigere il rapporto dal quale si evincono le specificità per cui il sito candidato risulta iscrivibile al Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di interesse storico.

 
 

Dott. Costanzo Massari
Dott.ssa Alessia Montefiori

 
 
Premiati al Mipaaf i Paesaggi rurali storici e le Pratiche agricole tradizionali.
 
 

PianetaPSR numero 68  gennaio/febbraio 2018