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Agricoltura sociale

L'agricoltura sociale cresce e crea sviluppo economico

Il Rapporto sull'agricoltura sociale in Italia del Crea-PB evidenzia come l'agricoltura sociale sia in grado non solo di offrire servizi innovativi alle popolazioni urbane e rurali, ma anche di creare coesione sociale e sviluppo economico.

Il rapporto sull'agricoltura sociale in Italia (http://www.reterurale.it), realizzato dal CREA-Centro Politiche e Bioeconomia nell'ambito delle attività della Rete rurale nazionale e presentato pochi giorni fa a Roma, cerca di superare un gap informativo su questo insieme di pratiche che si sta diffondendo sempre più nel nostro territorio.
Nonostante le disposizioni contenute nella legge 141/2015 e nelle leggi regionali già attive, le informazioni su chi fa agricoltura sociale (AS), le modalità di realizzazione delle attività, i destinatari coinvolti, le superfici coltivate, ecc. sono infatti ancora scarse, raccolte con metodi e in tempi differenti e, di conseguenza, sono insufficienti a capire la dimensione del fenomeno e le sue caratteristiche.
Il Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia del CREA, proprio per far fronte a questa carenza di dati, ha quindi realizzato un'indagine a livello nazionale, coinvolgendo diversi istituti di ricerca e università nell'impostazione del lavoro, a partire dall' Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), che stava avviando parallelamente un'indagine sulle esperienze di AS indirizzate a persone con disabilità, finanziata dall'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
La ricerca ha coinvolto circa 400 realtà che hanno risposto a un questionario on-line inviato a oltre 1200 tra imprese agricole, cooperative sociali, associazioni, fondazioni, scuole, e altri attori che, secondo indagini e repertori locali realizzati da regioni, associazioni, università, svolgono AS. Si tratta, nonostante i limiti di una ricerca svolta con questionario on line e senza campionatura statistica, dell'indagine sull'AS in Italia che coinvolge il più significativo gruppo di soggetti per numerosità, distribuzione geografica, attività realizzata e forma giuridica. I risultati rappresentano, quindi, un passo importante per la conoscenza di questo campo di attività.

La sola forma giuridica, tuttavia, non è sufficiente a spiegare la complessità del contesto specifico dell'AS. ad esempio, una cooperativa sociale di tipo B può essere iscritta regolarmente al registro delle imprese agricole e un Istituto tecnico agrario dotato di una superficie adeguata e registrata come impresa agricola può accedere ai fondi del PSR. Informazioni apparentemente semplici come questa, quindi, vanno lette anche alla luce della capacità produttiva, della commercializzazione del prodotto, dell'accesso alle politiche pubbliche, oltre che - ovviamente - dalle attività sociali realizzate.

Perché l'agricoltura è importante

La scelta dell'agricoltura come ambito di supporto a percorsi terapeutico-riabilitativi, di inserimento lavorativo e di inclusione sociale è legata ad alcune sue specifiche peculiarità, legate all'organizzazione dell'unità di produzione, che genera un potenziale inclusivo dei soggetti fragili. L'agricoltura si caratterizza, infatti, per una versatilità di attività che vanno dai diversi ordinamenti produttivi (produzioni in pieno campo e al coperto, di coltivazione e di allevamento, ecc.) ad attività connesse quali la vendita dei prodotti aziendali, la trasformazione, la manutenzione ecc., che consentono, per la loro pluralità di mansioni, la partecipazione attiva al lavoro di soggetti con svantaggio. La partecipazione attiva alla realizzazione del prodotto o alla erogazione del servizio, nel caso di attività connesse, ha altresì un valore positivo in termini di accrescimento del senso di responsabilità e di autostima delle persone fragili.

Perché l'agricoltura è importantePer avviare le attività di agricoltura sociale un quarto delle realtà dichiara di aver fatto ricorso a finanziamenti: per il 30% dei casi l'avvio delle attività di AS è stato supportato con fondi pubblici di fonte europea (Programma di Sviluppo Rurale, Programma Operativo Regionale), nazionale (Ministero della Giustizia), regionale e provinciale/comunale. La seconda fonte di finanziamento è quella di origine privata che comprende oltre ai fondi propri aziendali, quelli raccolti tramite operazioni di crowdfunding e le donazioni (5x1000; 8X1000); infine si registra un ricorso contenuto ai finanziamenti di origine bancaria o di fondazioni e quelli derivanti dalle strutture sanitarie (ASL, AUSL, Distretti sociali).
Poco più della metà delle aziende dichiara di aver fatto investimenti economici nell'ambito dell'attività di agricoltura sociale negli ultimi 5 anni. L'importo complessivo investito ammonta a 20,3 milioni di euro e l'investimento medio aziendale è stimabile in 430 mila euro. Gli investimenti fatti negli ultimi 5 anni sono stati per il 55% dei casi finanziati in proprio o facendo ricorso a finanziamenti privati, anche tramite operazioni di crowdfunding e donazioni; un quarto delle aziende ha fatto ricorso a fondi pubblici e il 17% a fondi bancari o di Fondazioni. Gli investimenti hanno riguardato principalmente gli acquisti di macchinari, attrezzature agricole e altri impianti; seguono gli investimenti per lo svolgimento delle attività di agricoltura sociale, comprese quelli per le unità di personale, per interventi su fabbricati produttivi e sulle serre.

I confini della legge 141/2015 Disposizioni in materia di Agricoltura sociale

Da una lettura dei dati filtrata da quanto disposto dall'art.2 della legge 141/2015, emerge che l'attività maggiormente presente è l'inserimento socio lavorativo, realizzata dal 71% delle realtà raggiunte, al quale spesso è associata un'altra attività, a conferma del fatto che chi fa agricoltura sociale dispone e utilizza un ampio ventaglio di azioni.

La legge 141/2015 definisce sia gli ambiti di intervento dell'AS sia le figure degli operatori; oltre all'imprenditore agricolo singolo o associato, per il quale l'AS è considerata attività connessa, sono considerate operatori dell'AS anche le cooperative sociali che non sono imprese agricole il cui fatturato derivante dalle attività agricole svolte sia almeno in misura superiore al 30% di quello complessivo. Quasi il 70% di quanti hanno risposto al questionario è riconducibile alla definizione di operatore di cui alla legge 141/2015. Si tratta prevalentemente di aziende agricole, cooperative sociale di tipo B, società di persone e società di capitali, ma anche di cooperative sociali di tipo A con un fatturato derivante da almeno il 30% dall'agricoltura.

Reti di relazioni sostanziali e formali

L'indagine mette in evidenza anche il carattere "relazionale" dell'agricoltura sociale: i rapporti con gli attori locali, con i servizi socio-sanitari del territorio, con altre realtà di AS sono molto frequenti e consentono sia uno scambio continuo di pratiche, professionalità, esperienze, idee, servizi, sia l'individuazione e realizzazione di azioni e progetti innovativi.
Le reti che si creano a livello locale sono complesse per la tipologia degli accordi e soprattutto per la numerosità e pluralità di soggetti coinvolti, che in alcuni casi superano le 10 unità. Si tratta per lo più di accordi informali, che trovano una configurazione più formale soprattutto quando coinvolgono le istituzioni (ASL, SERD, Comuni, Scuole, Istituti penitenziari, ecc.).

Innovazione sociale e agricoltura

L'indagine ha messo in evidenza come l'AS sia in grado non solo di offrire servizi innovativi alle popolazioni urbane e rurali, ma anche di creare coesione sociale e sviluppo economico. Le realtà esaminate presentano, infatti, le caratteristiche tipiche del welfare generativo, sia in termini di aggregazione e collaborazione tra attori provenienti da diversi settori economici, sia in termini di proposte progettuali. L'obiettivo dell'AS, da quanto emerge, non è "solo" la crescita delle competenze sociali e della professionalità di persone che vivono situazioni di particolare fragilità, ma è anche e soprattutto la crescita di comunità coese, intelligenti e competitive, che riescono a dare risposte significative e competenti alla popolazione e al tessuto produttivo, consentendo la permanenza sul territorio e l'attrazione di nuovi abitanti. Si tratta di "contesti includenti" e non discriminanti, che non si trovano come dati ma che possono essere costruiti attraverso un complesso sistema di azioni e di relazioni volte a connettere la dimensione interna dell'inclusione (quella relativa alle singole persone coinvolte) con quella esterna, relativa, appunto, agli altri attori del contesto.
La terra e il lavoro, i cosiddetti fattori della produzione, sono in questa ottica visti non come un costo ma come una grande opportunità di investimento per la creazione di un valore aggiunto solo apparentemente intangibile. Tale approccio è testimoniato anche dall'elevata propensione agli investimenti mostrata dalle realtà che hanno partecipato all'indagine.
I risultati dell'indagine mostrano come l'AS possa rappresentare un'opportunità importante per lo sviluppo delle aree rurali non solo in termini di supporto alla popolazione ma anche come volano per lo sviluppo economico. Come ampliamente dimostrato, infatti, le performance dell'economia dipendono da fattori e valori non direttamente economici, che entrano a far parte dello stile dell'imprenditore o caratterizzano le geografie dei contesti territoriali. Investire su innovazioni di questo tipo, quindi, può consentire a quanti gestiscono le politiche e amministrano gli enti locali di raggiungere risultati migliori e più duraturi.

 
 

Francesca Giarè, Patrizia Borsotto, Carmela De Vivo, Marco Gaito

 
 

PianetaPSR numero 69  marzo 2018