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Valcamonica
Biologico

Lombardia, costruire territori resilienti: il "caso" del bio-distretto della Valle Camonica

Il bio-distretto della Val Camonica rappresenta un attore di primo piano nel contesto locale, che nonostante i mezzi limitati è divenuto uno strumento di partecipazione che contribuisce,sin dalla sua costituzione, allo sviluppo sostenibile dell'area.

Ripartire dall'agricoltura biologica e favorire la coesione sociale sono i principi su cui si è basata l'idea di istituzione del bio-distretto della Val Camonica, e quindi degli ambiti produttivi dove la tutela e la promozione dell'agricoltura biologica si coniugano con il recupero delle tradizioni, delle tipicità locali e dei valori della sostenibilità ambientale (Clemente et al. 2013). 
L'istituzione del bio-distretto, tra l'altro il primo della Regione Lombardia, è avvenuta nel novembre 2014 ed è stata promossa dall'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (Aiab) e dall'associazione Val Camonica Bio, con l'intento di favorire la realizzazione di un sistema collettivo caratterizzato dalla diffusione della cultura del biologico, e di promuovere lo sviluppo del territorio in un'ottica di sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Inoltre, il distretto della Val Camonica è uno dei 16 bio-distretti italiani che hanno aderito al  disciplinare  predisposto da Aiab che ne stabilisce le linee guida per il funzionamento e il diritto di utilizzo del marchio "Bio-distretto Aiab". 
Il distretto della Val Camonica rispetta i requisiti previsti dal disciplinare garantendo, in particolare, quello della rappresentatività del comparto biologico. Nonostante le dimensioni ridotte delle aziende, infatti, gli animatori del bio-distretto sono riusciti a creare una "massa critica" di produttori che fa sì che la percentuale di SAU biologica (14,5%) sia superiore alla media regionale (2,1%) (Sturla, 2017).
Gli stadi iniziali di progettazione sono stati seguite da Aiab Lombardia che ha preparato uno studio, finanziato dalla misura 133 del Programma regionale, che metteva in evidenza i punti di forza e di debolezza del settore biologico camuno; tra questi ultimi, oltre ai limiti tipici del biologico in aree montane (limitata dimensione aziendale, difficoltà di approvvigionamento dei fattori di produzione), tre sono specifici per il settore biologico della valle:

  • mancanza di una conoscenza tecnica specifica da parte degli operatori; 
  • assenza di una filiera strutturata e di adeguate azioni di marketing; 
  • scarsa propensione alla cooperazione.

La fase di costituzione del bio-distretto ha favorito da un lato la coesione e la partecipazione degli attori della filiera, coinvolgendo potenzialmente tutti i soggetti interessati a rappresentare la struttura produttiva e di governace del Bio-distretto, dall'altro ha incoraggiato rapporti più equi, creando nuove relazioni dirette tra produttori e consumatori grazie a modelli distributivi alternativi, come ad esempio la filiera corta e i gruppi di acquisto solidale (Gas). Al bio-distretto partecipano 25 aziende agricole biologiche,10 Comuni, due scuole, cooperative sociali e soggetti appartenenti al mondo dell'associazionismo. 

Le attività del bio-distretto: sostegno al territorio

Diverse attività sono state intraprese per educare ai valori del biologico e alla sostenibilità, realizzando iniziative rivolte alla popolazione adulta ed in età scolare. In collaborazione con l'ASL locale, il bio-distretto ha partecipato al progetto "Scuola della salute" che prevedeva la somministrazione di circa sei mila merende biologiche agli studenti, sensibilizzando in questo modo sia i ragazzi sia le famiglie ad una sana alimentazione.
Il bio-distretto assolve altresì ad un ruolo di promozione e diffusione delle esperienze innovative per valorizzare le risorse naturali di un territorio reso sempre più fragile dall'abbandono, dalla cementificazione del fondovalle e da progetti di uso delle acque e del suolo privi del concetto di limite. In tal senso, ad esempio, ha dato vita ad un'opera di informazione sui rischi del diserbo chimico favorendo l'impiego di metodi più rispettosi dell'ambiente.
La realtà distrettuale nutre anche una crescente attenzione per la riattivazione di alcune filiere agricole locali. Il bio-distretto, infatti, in collaborazione con l'associazione "Coda di lana" ha progettato la raccolta annuale della lana dagli allevamenti della Valle, attraverso l'organizzazione di punti di conferimento, in questo modo la lana non viene più considerata come un rifiuto da smaltire ma un bene da cui i pastori possono trarre vantaggi economici.
L'importanza di recuperare il ruolo svolto dalla coltivazione dei cereali minori (segale e grano saraceno), un tempo abbandonata per motivi soprattutto di ordine economico (Comunità montana della Valle Camonica, 2011), rappresenta una priorità per il bio-distretto, che è, infatti, anche capofila del progetto triennale "Coltivare paesaggi resilienti" finanziato da Fondazione Cariplo, dalla Comunità montana e dal Parco dell'Adamello. Il distretto della Val Camonica insieme agli altri partner del progetto (13 aziende agricole, Associazione Val Camonica Bio e Comune di Cerveno) persegue l'obiettivo di rallentare l'avanzamento del bosco e di conseguenza scongiurare l'abbandono dei terreni coltivabili ad alta quota. 
Il bio-distretto ha anche promosso il progetto di un percorso di una pista ciclabile di altura, lunga circa 100 km, che si collega a percorsi ciclistici di altri comprensori come la Val di Sole, la Val di Non e la Valtellina e che offre ai ciclisti la possibilità di sostare presso le malghe, rappresentando, quindi, un'occasione di combinare agricoltura e turismo.
Tuttavia le iniziative promosse dal bio-distretto nell'ambito della valorizzazione dei prodotti biologici sono molto limitate (farmers' market, fiere locali e visite aziendali). Una prima analisi dei risultati dell'indagine del CREA PB; condotta nell'ambito della scheda sull'agricoltura biologica del Programma Biennale della rete rurale, mostra come queste abbiano riscontrato uno scarso successo presso gli agricoltori camuni, i quali preferiscono utilizzare i propri canali di vendita, già consolidati (fig.1)). Inoltre, l'impossibilità, da parte del bio-distretto, di accedere alle misure del PSR limita notevolmente la portate delle azioni: recentemente, per esempio, sono stati allestititi due punti vendita presso delle "botteghe del mondo" del commercio equo e solidale, ma solo una piccola parte del prodotto viene esitata attraverso questo canale.

Il bio-distretto, infine, non offre servizi di assistenza tecnica alle aziende, ma costante è il contatto con i tecnici per promuovere corsi di formazione e laboratori (sull'agricoltura biologica, sull'apicoltura di montagna, sulla frutticoltura biologica, ecc.), e inoltre contribuisce a creare un ambiente propizio allo scambio di informazioni, esperienze e conoscenze tra i produttori, per favorire i processi di perfezionamento continuo.

 
 

Bibliografia

  • Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica (2014), Linee guida Bio distretti. Modello di eccellenza italiana, Roma.
  • Biodistretto della Val Camonica (2014). Carta dei Valori del Bio-distretto della Val Camonica - prima versione.
  • Clemente G.F., Pugliese L., Valenti S. (2013). Il distretto biologico: uno strumento innovativo per una governance territoriale sostenibile. Energia Ambiente e Innovazione (EAI) n.5 (2013) p. 41
  • Comunità montana della Valle Camonica (2011). Valorizzazione dei cereali minori in montagna in provincia di Brescia. Esperienza della Valle Camonica, Breno (BS).
  • Sturla A. (2017), Distretti biologici e sviluppo locale in Giuca S., Vaccaro A., Ricciardi G., Sturla A. (2017), PSR 2014-2020. Il contributo dell'agricoltura biologica per lo sviluppo sostenibile delle aree rurali, Rete Rurale Nazionale, MIPAAF, Roma, ISBN 9788899595586, pp. 1-42.
 
 

PianetaPSR numero 70 aprile 2018