Lo scorso 23 aprile si è tenuto a Roma, presso la sede del CREA, il workshop "Agricoltura sociale. Lavorare con migranti, detenuti e persone con problemi psichiatrici", organizzato dal Centro di ricerca Politiche e Bio-economia, nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, per supportare i tecnici che lavorano nel territorio con le imprese agricole, le cooperative sociali e gli altri attori dell'agricoltura sociale.
I lavori sono stati aperti da Francesca Giarè (CREA PB - RRN) che ha richiamato anche i risultati del primo workshop sulla progettazione delle attività di agricoltura sociale, realizzato dalla RRN per i tecnici, il 15 e 16 febbraio 2017.
Il primo intervento, presentato da Gabriella Ricciardi (CREA PB - RRN) sulla base di un lavoro realizzato con Giovanni Dara Guccione (CREA PB - RRN), ha avuto la funzione di inquadrare il tema dei beneficiari dell'agricoltura sociale, richiamando le disposizioni normative che hanno contribuito nel tempo a definire la categoria delle persone svantaggiate. La relazione ha tracciato l'excursus storico e normativo, mettendo in evidenza le definizioni delle varie categorie di beneficiari oggetto del workshop; ha esaminato i dati statistici relativi all'impiego in agricoltura di immigrati e detenuti, riportato esempi di progetti e descritto realtà affermate nel settore. Con particolare riguardo agli immigrati, per esempio, l'indagine svolta dal Centro Politiche e Bio-economia del CREA sull'impiego di cittadini stranieri nell'agricoltura italiana conferma anche per il 2015 come lo straniero impiegato in agricoltura sia "maschio, giovane, con livelli di competenza professionale contenuti. Ha un interesse temporaneo per le attività agricole e mira o a una occupazione in settori a maggior remunerazione e a migliori condizioni di lavoro o a un impiego in agricoltura funzionale ad accumulare risorse da trasferire nel paese di origine. Non mancano i casi - sia pure numericamente contenuti - di lavoratori stranieri che avviano attività di impresa. Si confermano il fenomeno del caporalato e le notevoli carenze delle condizioni di vita nei territori a forte presenza di lavoratori stranieri in specifici e concentrati periodi".
In Italia, nel 2015, su circa 405.000 lavoratori stranieri impiegati nel settore primario, 209.545 sono extracomunitari, occupati prevalentemente in attività agricole (194.102) e con contratti per lo più stagionali (80,3%) relativi soprattutto ad attività di raccolta (60,7%). I cittadini extra UE sono impiegati principalmente nelle colture arboree (oltre 76.000 unità), a cui seguono le colture ortive (quasi 48.000 unità) e il comparto zootecnico (con oltre 33.000 unità). Ed è proprio in questo comparto che, in controtendenza rispetto alla raccolta dei prodotti ortofrutticoli in Calabria e Puglia in cui si registra una sottocompensazione, che in alcune regioni del Nord a causa dell'elevata professionalità e della difficile fungibilità viene riconosciuta agli operatori di stalla una sostanziale sovracompensazione.
Con riguardo ai detenuti, secondo i dati del Ministero di Giustizia (30 aprile 2018), la capienza regolamentare dei 190 istituti penitenziari italiani è di 50.619. Su 58.285 detenuti, 19.844 sono stranieri e comprendono quasi 12.000 condannati definitivi e circa 50 internati in case lavoro, colonie agricole e altro. Per capire quanto la detenzione sia stata efficace, occorre verificare se e in quanti casi le persone uscite dal carcere tornano a delinquere e al riguardo, i dati mostrano come in Italia si registri il tasso di recidiva più alto d'Europa, nonostante la spesa annuale di quasi 3 miliardi di euro per l'esecuzione penale. Infatti, secondo i dati del Ministero della Giustizia, si ha recidiva nel 60,4% delle persone che espiano la pena in carcere, mentre per coloro che hanno fruito di misure alternative alla detenzione il tasso di recidiva si riduce al 19% e a addirittura all'1% per i soggetti inseriti in un circuito produttivo. È per queste ragioni che oggi circa 3.000 detenuti vengono coinvolti in attività agricole e sono sempre più numerosi i progetti formativi che coinvolgono detenuti e aziende agricole. Le attività di produzione primaria e di trasformazione, consentendo la creazione di un ponte tra il lavoro in carcere e la società civile, offrono ai detenuti non soltanto occasioni di riscatto sociale e personale, ma soprattutto prospettive di futuro fondate sulla produzione di eccellenze agroalimentari.
Sono seguiti gli interventi di alcune realtà che nel corso degli ultimi anni hanno sviluppato una significativa esperienza nell'agricoltura sociale. La prima presentazione ha riguardato la Fattoria sociale Casale di Martignano dei fratelli Ferrazza e la Cooperativa Sociale Barikamà diretta da Suleman Diara. La collaborazione tra il Casale di Martignano e la cooperativa Barikamà ha inciso positivamente sulla reputazione della fattoria nel territorio e si fonda oggi su un contratto di rete. L'esperienza della cooperativa nasce dal lavoro di giovani immigrati provenienti da diversi paesi africani, che hanno vissuto, nei primi anni della loro permanenza in Italia, vicende caratterizzate da sfruttamento e difficoltà di vario tipo: costretti a vivere in baracche o capanne abbandonate, i soci immigrati della cooperativa hanno lavorato per mesi nelle campagne calabresi e pugliesi come raccoglitori di prodotti ortofrutticoli, partecipando anche alla tristemente nota "rivolta di Rosarno". Il desiderio di superare le condizioni di sfruttamento ha spinto Diara e compagni ad avviare un percorso di auto imprenditorialità basato sulla produzione di yogurt. L'incontro con gli imprenditori del Casale di Martignano ha consentito di strutturare meglio l'attività, grazie alla possibilità di usufruire delle strutture aziendali e di avviare anche la coltivazione di un orto. Le produzioni vengono commercializzate dapprima nei mercati locali romani e successivamente anche a clienti singoli, GAS di Viterbo e Frosinone e ad alcuni esercizi commerciali. I ragazzi di Barikamà effettuano tutte le consegne in bicicletta e utilizzano barattoli di vetro a rendere, garantendo così la sostenibilità del progetto e il rispetto dell'ambiente. Con un finanziamento del PSR della Regione Lazio hanno trasformato la propria attività in una vera e propria impresa, costituendosi in cooperativa sociale di tipo B con finalità inclusive nei confronti di migranti africani e ragazzi con disturbi dello spettro autistico, in particolare con la sindrome di Asperger. Nel tempo, la cooperativa ha avviato anche la produzione di ortaggi su un terreno di circa un ettaro, messo a disposizione dal Casale di Martignano.
L'intervento successivo, di Sara Vigani, ha riguardato la Cooperativa Agricola Clarabella, nata nel 2002 dall'unione di due cooperative sociali, di tipo A e di tipo B, al fine di creare opportunità lavorative in campo agricolo per persone che soffrono di gravi disturbi psichici (schizofrenia, disturbo bipolare, ecc.). Le nuove progettualità nate nel corso degli anni, volte anche a dare spazio al lavoro femminile, hanno portato alla costituzione del Consorzio Cascina Clarabella (2009), il cui obiettivo è creare nuove opportunità di lavoro e sostenere lo sviluppo del territorio. La cooperativa agricola Clarabella, che si trova in Franciacorta, produce soprattutto vino nella propria cantina, che rappresenta il core business dell'azienda; dispone di un frantoio, di un ristorante, di strutture realizzate anche con i fondi del PSR Lombardia 2007-2013, di un B&B e di una fattoria didattica e sociale, nella quale, tramite tirocini risocializzanti, percorsi di cura e di reinserimento lavorativo, si opera per restituire autonomia e dignità a persone con forti difficoltà psichiche. In Cascina sono presenti, inoltre, una comunità, un centro diurno e alcune unità abitative destinate a persone con disturbi psichici. Le produzioni sono legate principalmente al vino DOCG Franciacorta, all'olio extra vergine d'oliva e al miele, tutti certificati biologici.
L'ultimo intervento è stato quello di Enzo Vanacore, presidente della Cooperativa sociale di tipo A e B L'Uomo e il Legno. La cooperativa, nata a Napoli nel 1995, ha lo scopo di contrastare ogni forma di disagio e promuovere l'integrazione sociale attraverso l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, soprattutto dei quartieri a nord di Napoli caratterizzati da numerose forme di marginalità sociale. È proprio per sostenere l'inserimento lavorativo che la cooperativa è diventata ente di formazione accreditato presso la Regione Campania, in modo da essere autorizzata a svolgere anche la fase preliminare di orientamento, formazione e qualificazione professionale. Le attività sociali, rivolte inizialmente solo a ragazzi tossicodipendenti, oggi coinvolgono pure migranti, persone a rischio di emarginazione, minori e donne vittime di violenza. Tra i soci della cooperativa sono presenti anche tre immigrati. Alla cooperativa fanno capo una global service, un laboratorio di ceramica, un servizio conto terzi di diserbo meccanico e chimico e una falegnameria con sede nel carcere di Secondigliano, nella quale viene realizzata formazione (ad esempio, sull'utilizzo della piccola attrezzatura) anche a detenuti ed ex detenuti. I detenuti che beneficiano degli interventi della cooperativa sono ergastolani, per i quali è nata l'esigenza di creare percorsi in grado di allentare i livelli di tensione tipici dei reparti detentivi nei quali si registrano tassi sempre maggiori di suicidi e di fenomeni di autolesionismo. Il presidente della cooperativa ha illustrato soprattutto il progetto "Campo aperto", grazie al quale negli spazi inutilizzati del carcere di Secondigliano è stata data vita a una vera e propria impresa sociale per produzioni agricole di eccellenza. Inoltre, in un terreno di circa due ettari, ricevuto in comodato d'uso dal Ministero di Giustizia, e nelle due serre annesse lavorano cinque detenuti assunti a tempo indeterminato dalla Cooperativa. L'impresa agricola "Campo aperto", come le altre esperienze presentate in occasione del workshop, affonda le sue radici in motivazioni etiche e fa impresa in modo socialmente responsabile, puntando all'autosostenibilità economica.
Nel pomeriggio i partecipanti al workshop sono stati coinvolti in lavori di gruppo volti a sollecitare un confronto di idee su alcuni passaggi cruciali afferenti al lavoro con le tre categorie di soggetti deboli oggetto di approfondimento. I lavori si sono aperti con la condivisione di un elenco di domande orientate ad alimentare il dibattito su temi volti ad incidere sull'efficacia e sulla stabilità nel tempo del lavoro programmato e realizzato, sull'importanza di costruire uno stabile sistema di relazioni locali interne ed esterne all'azienda agricola e sulla necessità di offrire servizi qualificati di agricoltura sociale. I lavori di gruppo si sono conclusi con una riflessione guidata sulle modalità di avvio e mantenimento di servizi specializzati di agricoltura sociale, sulla necessità di costruire realtà economicamente sostenibili e fondate sulla collaborazione con professionalità adeguate.
www.casaledimartignano.it/
http://barikama.altervista.org/
https://www.reterurale.it/migrazioni(RRN Magazine n°3 anno 2018 "Terreni di integrazione", La cooperativa sociale Barikamà e il progetto di microcredito, pag. 45)
http://www.consorziocascinaclarabella.it/
https://agricolturasocialelombardia.it/network/clarabella-soc-coop-agr-onlus/
www.cascinaclarabella.it/
https://www.luomoeillegno.com/
http://www.esperienzeconilsud.it/valorizziamoscampia/author/luomoeillegno/
https://www.bancaetica.it/blog/luomo-legno-lavoro-come-forma-riscatto-sociale
http://www.gescosociale.it/portal/chi-siamo/i-soci/51-luomo-e-il-legno.html
Gabriella Ricciardi
Giovanni Dara Guccione
CREA
PianetaPSR numero 71 maggio 2018