"Mangiare è un atto agricolo". Il titolo del libro manifesto di Wendell Berry del 2015 ha rappresentato uno slogan, semplice e immediato, che sintetizza una nuova visione dell'agricoltura capace di rispettare la terra "produttrice", gli animali e l'ambiente, richiamando le responsabilità dell'agricoltore verso principi di sostenibilità, ecologia e biologia. Ma l'aspetto più interessante insito in questo semplicissimo slogan è il richiamo alla consapevolezza. Perché con il tempo, con gli anni della modernizzazione e della globalizzazione si è allargato il divario tra la produzione e il consumo. Perché, per un certo periodo della storia, il consumatore ha smesso di conoscere e di interrogarsi sui processi di produzione che portano sulle nostre tavole ciò di cui ci nutriamo.
Il consumo - mangiare, portare il cibo sulle nostre tavole - è l'atto conclusivo di un processo che può iniziare molto tempo prima, a migliaia di chilometri di distanza, in ambienti diversi e non sempre incontaminati, fare tanti passaggi, logistici e tecnologici che possono incidere sulla qualità, intesa in tutte le sue accezioni.
Negli ultimi anni assistiamo ad una inversione di tendenza, registrando, soprattutto nelle economie occidentali - e in Italia in maniera sostenuta -, una nuova sensibilità verso tutto ciò che collega, in maniera diretta, il prodotto al consumo. C'è una maggiore informazione da parte dell'offerta indotta da una rinnovata richiesta da parte della domanda, ovvero dei consumatori, accompagnata da numerose norme e regole sulla trasparenza dell'etichettatura, sulla sicurezza alimentare, sugli aspetti salutistici e nutrizionali del cibo, con una grande attenzione verso prodotti frutto della riscoperta delle tradizioni passate.
Il rinnovato interesse del legame tra prodotto e consumo trova diverse declinazioni cui afferiscono nuovi modelli di mercato, nuovi modelli culturali e relazionali, nuovi modelli economici. In molti casi il la riscoperta del legame tra prodotti e territorio rappresenta un fattore chiave: i prodotti tipici, un tempo considerati negletti, tornano ad essere centrali in piccole economie rurali dove rappresentano un veicolo di conoscenza del territorio attivando circuiti turistici per appassionati e visitatori; la riscoperta dell'agrobiodiversità e dei sistemi agricoli tradizionali creati dall'uomo e sedimentati nel tempo, elementi che hanno rappresentato il substrato per la nascita delle culture e delle identità locali; la ricerca del rapporto diretto tra agricoltori e consumatori, con la crescita di forme di vendita diretta, mercati contadini, filiere corte, gruppi di acquisto, creando relazioni di fiducia dirette e non mediate; la crescita di produzioni a denominazione, che si fregiano di marchi europei o utilizzano marchi di riconoscimento o commerciali che ne attestino tradizionalità, tipicità e qualità.
Il numero di RRN Magazine che presentiamo cerca di fare il punto su questa rinnovata attenzione verso il legame tra tavola e produzione, raccontando le principali trasformazioni degli ultimi tempi, le opportunità per l'agroalimentare tipico e alcune delle numerose esperienze di rivitalizzazione, recupero, valorizzazione di prodotti tradizionali ed economie rurali.
Il patrimonio agroalimentare italiano rimane una delle maggiori leve per lo sviluppo della nostra economia, della nostra società e dei nostri territori rurali, con potenzialità ancora non completamente espresse. Accanto a questo bisogna considerare la forza che può esercitare una crescente consapevolezza del consumatore nelle scelte alimentari e l'incidenza che esse possono avere su ambiente ed economia.
Milena Verrascina
CREA - Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia