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Vino, ISMEA: un 2018 positivo per il made in Italy minacciato da Brexit e dai dazi USA

L'Italia si conferma leader a livello mondiale nella produzione e conferma il suo ruolo di primissimo piano nell'export. 

Una crescita vicina al 30%, su base annua, consente all'Italia di raggiungere i 55 milioni di ettolitri di vino nel 2018 confermando la propria leadership a livello mondiale. Lo conferma l'analisi ISMEA, secondo la quale il nostro Paese continua a mostrare una forte propensione all'export: sono quasi 20 milioni gli ettolitri di vino destinati all'estero per un valore record di 6,2 mld di euro che fanno dell'Italia il secondo fornitore mondiale per valore, dietro alla Francia. 

Un ruolo frutto della crescita robusta delle esportazioni nell'ultimo decennio (+70% l'incremento in valore dal 2008), consolidata anche nell'anno appena trascorso (+3,3% l'export in valore). A trainare le esportazioni del settore, lo scorso anno, sono stati i vini Dop con un aumento del 13% in volume e del 12% in valore, a fronte di una battuta d'arresto degli Igp (-23% le quantità e -15% il giro d'affari), e di volumi inferiori per i vini comuni (-22%).

Non delude, in termini di spesa,  neanche il mercato interno, dove i consumi fanno registrare un andamento positivo, soprattutto grazie agli spumanti, ed il vino si conferma tra i pochi prodotti che hanno mostrato, nel 2018, un deciso segno più negli acquisti delle famiglie: + 5,4% la spesa degli spumanti e+ 4,6% i vini fermi. Battuta d'arresto, invece, per i consumi in volume. 

I rischi della Brexit e del protezionismo USA

A fronte di quadro generale positivo, sul futuro del settore pesano le incognite legate alla Brexit e alle possibili scelte di stampo protezionistico degli Stati Uniti. 
La prospettiva di una Brexit senza accordo pesa molto in un mercato importantissimo specie per le cantine del Nord Est. Secondo le elaborazioni ISMEA, con quasi 350 milioni di euro e una quota del 47% del mercato delle bollicine tricolore, il Prosecco ha scalzato nel Regno Unito lo Champagne, posizionandosi al primo posto tra le bollicine acquistate oltre Manica. Sui vini fermi l'Italia è, invece, al secondo posto tra i principali Paesi fornitori, ma in questo caso il divario tra la sua quota di mercato e quella detenuta dai produttori extra europei, come Nuova Zelanda, Cile e Australia, è meno netto e potrebbe alimentare un effetto sostituzione. 

Analogo discorso può essere applicato all'ipotesi dell'introduzione, da parte degli USA, di dazi su una serie di prodotti agroalimentari, tra i quali il vino occupa un posto di primo piano. 
Attualmente gli USA coprono, con circa 1,5 miliardi di euro, un quarto del totale delle esportazioni enologiche italiane nel mondo. Un ruolo determinante in questa crescita è da attribuire agli spumanti, Prosecco incluso, i cui flussi verso gli USA sono quintuplicati negli ultimi 10 anni, arrivando a quota 334 milioni di euro.

 
 

Matteo Tagliapietra

 
 

PianetaPSR numero 79 aprile 2019