Una recente indagine di Eurobarometro ("Attitudes of European citizens towards the Environment") conferma la crescente sensibilità ecologica dei cittadini dell'Unione. Sarà forse il risultato di un possibile "effetto Greta", ma un numero crescente di europei desidera che si faccia sempre di più per proteggere l'ambiente e combattere il cambiamento climatico. L'indagine, condotta nel dicembre 2019 nei 28 Stati membri, ha coinvolto oltre 27.000 persone appartenenti a diversi gruppi sociali e demografici.
Secondo i risultati, il 94% dei cittadini dell'Ue concorda sull'importanza di tutelare l'ambiente. Il 91% dichiara che i cambiamenti climatici costituiscono un problema grave nell'Ue, e l'83% che la legislazione europea è necessaria per proteggere l'ambiente. Per quanto riguarda l'Italia, il 43% degli intervistati pensa che sia "molto importante" proteggere l'ambiente (contro il 53% della media Ue) o comunque "abbastanza importante" (51% contro 41% media Ue).
In testa alle preoccupazioni ambientali di italiani ed europei, secondo Eurobarometro, ci sarebbe il cambiamento climatico (53%); al secondo posto il tema della quantità crescente di rifiuti (51% Italia e 46% media Ue), e al terzo l'inquinamento dei mari (circa 40% Italia e Ue). L'inquinamento di fiumi, laghi e falda acquifera preoccuperebbe il 30% degli italiani contro il 38% della media Ue; solo il 27% degli italiani considera un grosso rischio il declino e l'estinzione di specie e di habitat (37% Ue). Italiani ed europei tornano ad essere ugualmente preoccupati per la siccità e le inondazioni frequenti (28%), ma solo il 16% degli italiani si preoccupa per la scarsità di acqua potabile (vs 24% Ue).
I risultati dell'indagine, secondo lo stesso Eurobarometro, evidenziano chiaramente come i cittadini dell'Unione desiderino che si faccia di più per proteggere l'ambiente "con una responsabilità che sia condivisa, oltre che da loro stessi, anche dalle grandi imprese, dall'industria, dai governi nazionali e dall'Ue".
Una chiara chiamata ad avviare una forte azione di politica ambientale, dunque, i cui effetti evidenti si sono materializzati già lo scorso maggio 2019, in occasione delle elezioni europee, con l'importante risultato conseguito dai movimenti ambientalisti. L'ascesa del movimento ecologista in Europa, che si registra già dai primi anni 2000, è andata infatti a consolidarsi nella tornata elettorale del 2019 con la conquista di ben 75 seggi in Parlamento (quasi il 10% del totale).
Va sottolineato, tuttavia, come questa sensibilità ecologica sia disomogenea nel panorama elettorale europeo: 12 partiti verdi hanno ottenuto più del 10% delle preferenze su base nazionale, ma altrettanti non hanno eletto alcun deputato, restando, in 10 Paesi su 28, al di sotto del 5% dei voti espressi. Questo fenomeno sembra avere una caratterizzazione geografica: l'area nord-orientale, quella mediterranea e quella balcanica sembrerebbero essere meno sensibili ai temi ambientali, contro il blocco dei Pesi centrali e settentrionali storicamente di espressione più verde (Germania 20,5%, Francia 13,5%, Regno Unito 16%, Irlanda 11,5%, Olanda 11%).
Un forte mandato ambientalista dal Parlamento europeo, dunque, di cui la composizione e il programma della nuova Commissione targata von der Leyen sembrano aver tenuto debita considerazione. Un mandato su cui evidentemente poggiano diverse delle motivazioni che hanno portato la stessa nuova Commissione ad esordire, di fatto, nel proprio mandato con la Comunicazione per una strategia di crescita sostenibile dell'Unione denominata European Green Deal [COM(2019) 640 final].
Fonte: Commissione Europea
Tutti conosciamo il New Deal¸ il piano di riforme economiche e sociali promosso dal presidente Roosevelt fra il 1933 e il 1937 per risollevare gli USA dalla grande depressione iniziata nel '29. L'assonanza della strategia europea Green Deal con questo storico piano di riforme non è del tutto casuale. IlGreen Deal, infatti, almeno nelle intenzioni della CE, intende essere una strategia di forte rilancio economico dell'Unione tutta imperniata sulla piena transizione verso la green economy. Un vero e proprio piano di azione che, attraverso più di 100 punti, intende innescare un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse, competitiva e, soprattutto, neutrale dal punto di vista delle emissioni di gas serra.
Il Green Deal europeo interessa tutti i settori dell'economia: i trasporti, l'energia, l'agricoltura, l'edilizia e settori industriali quali l'acciaio, il cemento, le ICT, i prodotti tessili e le sostanze chimiche. Si tratta in pratica di una ambiziosa strategia che mira a trasformare l'UE in una società giusta e prospera, per il benessere dei cittadini e del pianeta, e che propone di cambiare abitudini e stili di tutti, da quelli di vita a quelli produttivi.
La Comunicazione del dicembre 2019 è di fatto una tabella di marcia iniziale delle principali politiche e misure necessarie per raggiungere i risultati della Strategia:
Secondo le intenzioni della Commissione, tutte le azioni e le politiche dell'Ue dovranno contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal attraverso una azione coraggiosa capace di massimizzare i benefici per la salute, la qualità della vita, la resilienza e la competitività. Tutto questo richiederà evidentemente un intenso coordinamento volto a sfruttare tutte le sinergie possibili fra i diversi settori policy dell'Unione.
In questo senso il Green Deal farà un uso coerente di tutte le leve politiche disponibili: regolamentazione e standardizzazione, investimenti e innovazione, riforme nazionali, dialogo con le parti sociali e cooperazione internazionale.
Faranno parte del percorso di riforme annunciato dalla CE in accompagnamento al Green deal:
Il Green Deal prevede di mobilitare almeno mille miliardi di euro nell'arco dei prossimi dieci anni. Ciò non vuol dire, però, che l'Unione impegnerà in "prima persona" l'intera cifra.
Un ruolo fondamentale spetterà a InvestEU, un nuovo programma comunitario che sostiene gli investimenti e l'accesso ai finanziamenti nel periodo 2021-2027. Di fatto InvestEU fornirà le garanzie necessarie a sostenere progetti pionieristici, stimolando altri investitori privati a fare lo stesso. Da qui dovrebbero arrivare circa 280 miliardi, pubblici e privati, tra il 2021 e il 2030.Poi ci sono i 50 miliardi derivanti dai fondi per l'innovazione e la modernizzazione, che escono dal perimetro del bilancio dell'UE perché sono finanziati con una parte dei proventi del sistema di scambio delle emissioni.
Un capitolo di finanziamento a parte è rappresentato dal "Meccanismo per una transizione giusta", uno strumento che intende assicurare che la rivoluzione verde del Green Deal "avvenga in modo equo e non lasci indietro nessuno". Se è vero, infatti, che alcuni Stati sono già delle eccellenze, altre economie dipendono ancora in modo strutturale dai combustibili fossili, carbone in primis. Limitarsi a "spegnere" l'intero comparto da un giorno all'altro le farebbe sprofondare, e a pagare il prezzo più pesante sarebbero i lavoratori e le fasce più deboli della popolazione. Da qui l'idea della CE di mobilitare almeno 100 miliardi di investimenti tra il 2021 e il 2027, che diventeranno oltre 140 in dieci anni.
Il Meccanismo per una transizione giusta sarà costituito da tre pilastri. Il primo è quello dei soldi pubblici veri e propri, cioè i 7,5 miliardi del Fondo per una transizione giusta. Ogni Stato membro dovrà proporre all'Europa una lista di territori che, a suo parere, hanno bisogno di essere accompagnati in questo percorso. Una volta ricevute le risorse, dovrà poi impegnarsi a stanziarne altrettante, attingendo al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo plus e alle casse dello stato. Così facendo si raggiungerà un totale di 30-50 miliardi di euro, che ne mobiliteranno altri ancora a loro volta. Gli altri due pilastri sono rappresentati da InvestEU e dalla Banca europea per gli investimenti, che puntano a mobilitare rispettivamente 45 miliardi e 25-30 miliardi di capitali privati.
Dal bilancio 2021-2027 dell'Ue (il quadro finanziario pluriennale dell'Unione al 26 marzo non è ancora approvato e la crisi Covid-19 rischia di allungare ulteriormente il percorso) si stima dovrebbe infine arrivare il grosso delle risorse, circa 500 miliardi di euro. La Commissione, infatti, ha proposto di destinare il 25% del bilancio unionale a una serie di programmi/politiche che, in un modo o nell'altro, risultano funzionali al Green Deal europeo. Fra questi spiccano la PAC (Feasr e Feaog), il FESR, Horizon Europe e anche i fondi Life.
A chi andranno questi soldi? La Commissione promette di indirizzarne una buona parte ai cittadini che, tra le altre cose, dovranno rinfrescare le proprie competenze (o acquisirne altre) per trovare nuove opportunità lavorative. Ma anche le aziende avranno bisogno di sostegno per riconvertirsi, innovare le proprie tecnologie, fare ricerca, attirare nuovi capitali. Tutti passaggi indispensabili per abbassare il proprio impatto ambientale e slegarsi dai combustibili fossili. Un'altra quota andrà a Stati e regioni, chiamate a migliorare i trasporti, le infrastrutture, il sistema energetico, le reti digitali e così via.
Secondo queste previsioni, la CE stima che per ogni 4 euro spesi dall'Unione nei prossimi 10 anni, 1 euro sarà così reso "sostenibile": una quota di spesa pubblica che non ha precedenti nel mondo, e che secondo i piani innescherà un co-finanziamento pari a 114 miliardi di euro da parte dei governi nazionali.
L'European Green Deal è occasione preziosa per fare una prima riflessione sul contributo che il settore agricolo, agro-alimentare, forestale e della pesca potranno dare al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi definiti dalla Commissione europea. Al settore si devono, infatti, non solo fondamentali funzioni produttive per il sistema economico, ma anche di tutela e protezione del territorio, di salvaguardia e tutela del patrimonio naturale e della biodiversità e ha un ruolo chiave nel garantire la coesione territoriale, sociale ed economica.
A dicembre 2019 la Rete Rurale Nazionale ha prodotto un documento di riflessione "non paper" che prova a ragionare sul potenziale contributo della futura PAC agli obiettivi del Green Deal. La PAC, infatti, può e deve svolgere e un ruolo fondamentale per accompagnare il sistema agricolo, agro-alimentare, forestale e della pesca verso un cambiamento capace di trasformare i diversi temi della sostenibilità, declinati dal Green Deal, in elementi di nuova e ritrovata competitività economica.
Punti cardine di questo percorso dovranno essere:
Un percorso di transizione così delineato richiede un importante sforzo di adeguamento che non può prescindere da un ripensamento dell'intervento pubblico, sia comunitario che nazionale, anche in termini di risorse disponibili.
In questo quadro, la strategia nazionale per la futura PAC ha la potenzialità di essere declinata a servizio della strategia europea sul Green Deal attraverso una serie linee strategiche di azione, capaci di interpretare in chiave green le principali necessità di intervento per il settore:
La riduzione della pressione esercitata dalle attività agro-forestali sulle risorse naturali, così come il rafforzamento dei servizi ecosistemici garantiti dall'attività primaria a beneficio della collettività, rappresentano il fulcro dell'azione che la futura PAC dovrà mettere in campo per cogliere appieno gli obiettivi del Green Deal.
L'uso efficiente e razionale delle risorse naturali rappresenta non solo un elemento indispensabile per garantire la sostenibilità ambientale dei processi di sviluppo, ma deve rappresentare, nel contempo, anche un potenziale fattore di nuova competitività da cogliere dalle imprese agro-forestali e agro-alimentari, in chiave di innovazione tecnologica, di valorizzazione e innovazione di prodotto, di creazione di nuove catene del valore all'interno di nuovi percorsi di bioeconomia ed economia circolare.
In questo senso, il settore agricolo e forestale dovrà essere accompagnato dalla PAC in un percorso strategico di crescita e ristrutturazione che, in piena sinergia e sintonia con il quadro strategico delle politiche ambientali, climatiche e della salute dell'UE, e anche con il supporto di altre politiche economiche dell'Unione diverse da quella agricola, sia prioritariamente rivolto a:
Su economia circolare e bioeconomia, un focus particolare va dedicato al ruolo del legno ed agli altri prodotti forestali che apportano un contributo essenziale al perseguimento degli obiettivi di compensazione e riduzione delle emissioni e, più in generale, di decarbonizzazione dell'economia e di lotta al cambiamento climatico.
DANILO MARANDOLA
CREA - Centro di Politiche e Bioeconomia
Referente Scheda RRN 5.1
PianetaPSR numero 89 marzo 2020