Con mirtilli, fragole e ciliegie ha preso il via a maggio la stagione della raccolta della frutta che in Piemonte si protrarrà con la vendemmia fino a fine novembre e coinvolgerà migliaia di braccianti, in gran parte stranieri. Si stima, infatti, che siano oltre 15.000 i lavoratori immigrati che ogni anno coadiuvano i frutticoltori e i viticoltori piemontesi; di essi, circa il 70% proviene da Paesi esterni all'Unione europea (in prevalenza dal Maghreb e dai Paesi africani a nord dell'equatore come Marocco, Mali, Senegal, Costa d'Avorio, Burkina Faso, dalla Macedonia e dall'Albania, ma anche dalla Cina e dall'India, mentre la restante quota è composta da cittadini comunitari, per lo più romeni, bulgari e polacchi [1].
Le aziende agricole piemontesi non possono rinunciare al contributo della manodopera straniera per la gestione dei frutteti e dei vigneti, le cui produzioni di qualità sono in gran parte esportate: si calcola, infatti, che nel 2019 il flusso verso l'estero dei vini prodotti in Piemonte valga circa 1,1 miliardi di euro mentre mele, kiwi e nettarine figurano ai primi posti tra i prodotti del settore primario destinati all'export.
Circa i due terzi della superficie frutticola (nel 2019, secondo l'ISTAT, 18.000 ettari destinati a frutta fresca e 24.500 ettari a nocciolo) si concentra in provincia di Cuneo, specialmente nelle colline del saluzzese e nella pianura tra Savigliano, Fossano e Cuneo ed è proprio in quest'area che l'emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha destato e continua a destare serie preoccupazioni tra i frutticoltori, le autorità civili e i cittadini.
Nei mesi del lockdown si è temuto di non poter disporre o di disporre in misura insufficiente del contributo della manodopera immigrata per la gestione dei frutteti; poi, a inizio giugno, con la cosiddetta "fase 2" i cittadini comunitari hanno potuto rientrare in Italia senza obbligo di sottoporsi alla quarantena e muoversi liberamente sul territorio nazionale e, poco dopo, anche i lavoratori extracomunitari hanno cominciato ad affluire numerosi nelle campagne piemontesi.
Adesso la principale criticità sta nel dare ai lavoratori stagionali un'accoglienza adeguata, rispettando rigorosamente le indicazioni fornite allo scopo di ridurre al minimo la probabilità di contagio all'interno dell'azienda e di limitare, pertanto, il numero degli operatori da sottoporre a quarantena [2].
Quella dell'accoglienza da prestare ai "migranti delle frutta" è una problematica non certo nuova, già affrontata in passato da associazioni pro-migranti (vedasi, ad esempio, il Progetto Saluzzo Migrante ( www.saluzzomigrante.it )nato a seguito dell'attivazione nel 2014 del Progetto Presidio proposto da Caritas Italiana e realizzato dalla Caritas Saluzzo, attraverso il quale oltre a fornire assistenza sanitaria e legale, sono messi a disposizione dei braccianti ripari, indumenti, alimenti, docce e anche biciclette per raggiungere le aziende agricole) e anche dai sindacati degli agricoltori e dei lavoratori agricoli, dagli enti locali e, non ultima, dall'Amministrazione regionale. Tuttavia, alcune modalità finora seguite nell'ospitare i lavoratori stagionali si rivelano inadatte a contenere la diffusione del virus e il possibile emergere di nuovi focolai, essendo indispensabile, a tal fine, evitare assembramenti, rispettare rigorosamente il distanziamento sociale e utilizzare idonei dispositivi di protezione.
Oggi non è possibile dare ai braccianti ospitalità in vasti "campi" appositamente attrezzati e sembrano non esserci altre valide alternative all'ospitalità diffusa offerta, in particolare, presso le stesse aziende agricole in cui i braccianti prestano la loro opera.
Ancor più che in passato, i frutticoltori sono sollecitati a dotarsi di spazi in cui alloggiare i braccianti o a procurare loro, comunque, una sistemazione attraverso il posizionamento in azienda di strutture mobili, al fine di consentire la vicinanza dei braccianti al luogo di lavoro e ridurre così la pressione sociale.
È questo l'intento di una specifica norma emanata quattro anni fa dalla Regione Piemonte: la L.R. n. 12 del 13 giugno 2016 "Disposizioni per la sistemazione temporanea dei salariati agricoli stagionali nelle aziende agricole piemontesi" ai fini del supporto all'attività lavorativa stagionale in agricoltura, nonché per prevenire lo sfruttamento e il fenomeno del caporalato; essa consente agli agricoltori di realizzare nelle proprie aziende interventi di adeguamento igienico-sanitario ovvero di installare strutture prefabbricate per dare sistemazione temporanea ai salariati agricoli stagionali.
Proprio a valere sulla suddetta legge sono stati emanati 4 bandi attraverso i quali sono state rese disponibili risorse per circa 450.000 euro; nel recente passato il penultimo bando riferito all'anno 2019 aveva una dotazione finanziaria pari a 100.000 euro e l'ultimo, proprio in risposta all'attuale emergenza sanitaria, emanato il 15 maggio 2020, con scadenza al 15 luglio, di circa 97 mila euro. Esso era rivolto agli enti locali (Comuni, Unioni di Comuni e Consorzi di Comuni) e alle associazioni a essi convenzionate per la presentazione di progetti finalizzati alla sistemazione abitativa temporanea dei salariati agricoli stagionali che soggiornano e prestano la loro opera nei periodi di raccolta e di attività correlate alla coltivazione. L'importo massimo del singolo progetto è pari a 25.000 euro ed è prevista la concessione di un contributo forfetario di 400 euro per ogni modulo abitativo noleggiato, i frutticoltori che intendono disporre nella propria azienda delle strutture abitative temporanee ne fanno richiesta al Comune o all'associazione a esso convenzionata.
Alla data di chiusura del bando sono pervenute 22 domande relative a 6 comuni della zona frutticola cuneese; tali domande riguardano la concessione di un contributo per la locazione di 48 moduli abitativi e 3 moduli adibiti a servizi igienici, ai fini di permettere l'ospitalità temporanea di 114 salariati presso le aziende agricole richiedenti.
Gli Amministratori dell'area frutticola sono ovviamente molto sensibili alla problematica di fornire un'adeguata ospitalità ai migranti: ad esempio, il Comune di Saluzzo con un proprio bando ha messo a disposizione ulteriori 25 mila euro per la ristrutturazione di strutture fisse. L'importo del contributo che sarà concesso dal Comune alle aziende agricole sarà dunque riparametrato a consuntivo, in base alle domande presentate, in funzione del numero di moduli installati, alla durata del periodo di installazione e al contributo che verrà effettivamente erogato dalla Regione Piemonte.
Le organizzazioni professionali degli agricoltori sono concordi nell'affermare che è bene favorire sempre più la sistemazione della manodopera stagionale presso le aziende per evitare l'insorgere di criticità in primis sotto il profilo sanitario, ma anche sotto quello sociale visto il moltiplicarsi dei bivacchi di migranti senza dimora in parchi e aree più o meno nascoste delle città.
D'altro canto, l'elevato numero di braccianti che affluiscono nell'areale frutticolo e, più avanti, in quello viticolo del Piemonte fa pensare che possa rivelarsi una soluzione insufficiente. Anche per questo da più parti sono emerse sollecitazioni affinché venga promossa la realizzazione di tante piccole accoglienze diffuse, distribuite sul territorio, nei comuni della frutta, sotto il controllo dalla Protezione civile e dalle autorità sanitarie.
Risale a fine giugno 2020 la firma di uno specifico Protocollo d'Intesa [3] "per la gestione dell'emergenza Covid-19 e scenari di protezione civile in relazione agli aspiranti braccianti senza dimora nel territorio Saluzzese" cui è seguita l'apertura di campi di accoglienza dotati di tende e moduli abitativi destinati esclusivamente ai migranti in possesso di contratti di lavoro per la raccolta della frutta nei comuni del distretto frutticolo; l'accesso ai campi è controllato sanitariamente dalla Croce Rossa e da altri soggetti onde prevenire l'insorgere di un focolaio di coronavirus fra gli stagionali della frutta.
Ilaria Borri
Stefano Trione
CREA
PianetaPSR numero 93 luglio/agosto 2020