Le comunità locali sono nuovamente alla ribalta. Sempre più identificate come nuclei protagonisti di azioni territoriali, le comunità rurali sono oggi un concetto chiave della vision di impresa e delle politiche di sviluppo. Soprattutto in tempi recenti, si diffondono iniziative frutto di un processo in cui i membri di un luogo, geograficamente circoscritto, operano per intraprendere un'azione collettiva volta produrre e erogare beni e servizi - altrimenti difficilmente disponibili -, relativi a quegli ambiti che ogni comunità reputa prioritari e indispensabili per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei propri abitanti: dal lavoro all'istruzione e alla formazione professionale, dall'assistenza socio-sanitaria alle attività culturali e ricreative, dalla produzione alla commercializzazione di beni alimentari e servizi ambientali al turismo, ecc. I protagonisti di queste iniziative, o meglio progetti di sviluppo, sono reti di attori locali - agricoltori, produttori, imprese ma anche rappresentanti di associazioni, amministrazioni locali, esperti, ricercatori e singoli cittadini appassionati - che prendono, spesso, la forma di imprese cooperative di comunità.
Parliamo di "Progetti e Imprese di comunità" identificati come azioni esemplari di intraprendenza comunitaria e di sviluppo generativo, che originano dalla volontà di valorizzare risorse del territorio scarsamente utilizzate, capaci di riorientare e organizzare la produzione verso logiche più eque e la realizzazione di beni comuni.
Non si tratta solo di iniziative di resistenza eroica alla marginalizzazione e opposizione romantica ai processi di globalizzazione; siamo di fronte a progetti e attori economici che stanno dando una risposta tangibile e, non guasta mai, anche redditizia per i territori, ai cambiamenti di mercato.
Come raccontano gli articoli dedicati alle diverse esperienze attive nelle zone rurali, i "progetti di comunità" e "le imprese di comunità", stanno portando all'introduzione di innovazioni di processo e prodotto di tipo sociale e economico, allo sviluppo di funzioni di alta qualità, al miglioramento del rapporto fra costi di transazione e popolazione.
È attorno a questi aspetti che si stanno sviluppando le prime risoluzioni legislative regionali e gli strumenti delle policy UE per lo sviluppo territoriale, le iniziative di sostegno delle associazioni di categoria e del sistema finanziario.
Progetti e Imprese di Comunità, malgrado portino all'avvio di iniziative innovative caratterizzate da una certa resilienza, si inseriscono soprattutto in situazioni di crisi di mercato e socio-demografiche rilevanti, come nel caso delle zone rurali più marginali dove le competenze (in particolare manageriali), le capacità organizzative e le risorse finanziarie sono sostanzialmente scarse.
Proprio per questi elementi di fragilità locale, i contributi riportati negli articoli e nelle interviste riportate nel numero evidenziano la necessità di ripensare il ruolo delle imprese nei processi di sviluppo territoriale, ma anche i parametri per quantificarne la sostenibilità e le performance e, conseguentemente, degli obiettivi e i risultati a cui le policy e i relativi strumenti di sostegno dovrebbero tendere. Un ripensamento "olivettiano", richiamato da diversi autori, che pone al centro dello sviluppo economico le persone e il loro benessere e che valuta le prestazioni del lavoro rispetto al "cosa" e non al "quanto" vale.
Ad esempio il disegno di legge nazionale in via di definizione e i diversi ordinamenti regionali già promulgati, volti a definire i connotati dell'Impresa di Comunità, ne tratteggiano gli elementi in funzione anche della capacità dell'impresa stessa di rafforzare il capitale sociale a livello locale, di attivare forme di scambio mutualistico fra soci lavoratori e soci utenti, di produrre beni comuni e di uso collettivo. Mentre fra gli strumenti delle policy UE, dei quali ne è un esempio la misura 19 - Leader sostenuta dal FEASR, viene sempre più dato spazio ai Progetti di Comunità per dare concretezza all'applicazione dei principi che sostanziano la policy per lo sviluppo locale: territorializzazione (concentrazione), partecipazione (dal basso, networking, decentramento), integrazione (multi-settorialità e cooperazione).
L'idea di un numero dedicato al tema offre quindi spunti e riflessioni utili alla diffusione di queste iniziative che meritano di trovare sempre più, l'attenzione di chi a livello locale è orientato ad avviare progetti similari e di chi è impegnato nella definizione degli strumenti normativi e dei programmi di sviluppo a favore delle zone rurali del nostro Paese.
La Redazione