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Pac post 2020

Pac post 2020, successi e limiti della PAC nel sostenere lo sviluppo equilibrato delle aree rurali

Uno studio commissionato dalla UE analizza la capacità della PAC di incidere sullo sviluppo socioeconomico delle aree rurali, fornendo interessanti spunti nella definizione di politiche e strumenti nella nuova programmazione. 

La Politica Agricola Comune si dimostra capace di contribuire ad uno sviluppo territoriale equilibrato (BTD) delle aree rurali, ma mostra anche dei limiti nel ridurre il divario tra piccole e grandi imprese e tra le zone più avanzate e quelle più povere. È quanto emerge dallo studio "Evaluation support study on the impact of the CAP on territorial development of rural areas: socioeconomic aspects", recentemente pubblicato dalla UE.

La struttura della ricerca

Il lavoro sviluppa un'analisi della capacità di incidere dal punto di vista socio-economico e dell'inclusione sociale sulle aree rurali della PAC, attraverso l'utilizzo di metodologie quantitative e qualitative. Partendo dall'individuazione degli strumenti e delle misure capaci di avere un impatto sul BTD, la ricerca si propone di valutarli secondo cinque criteri: efficacia, efficienza, coerenza, rilevanza e valore aggiunto dell'intervento UE. Le Regioni rurali nella UE a 28 sono considerate al livello 3 della NUTS (Nomenclatura delle unità territoriali statistiche), corrispondenti sul territorio italiano al livello provinciale, e suddivise in quattro cluster sulla base delle loro traiettorie di sviluppo socio-economico.

Principali risultati della ricerca

Dal punto di vista territoriale, lo studio mette in luce la presenza di significative esigenze e problematiche nelle regioni rurali europee, caratterizzate da forti differenze tra regioni più o meno urbanizzate a livello di sviluppo economico e infrastrutturale. Differenze esacerbate dalla tendenza ad un minore accesso all'innovazione, al trasferimento di conoscenza e dalle carenze delle infrastrutture digitali nelle aree rurali e meno sviluppate economicamente, rispetto alle aree urbane e più densamente popolate. Questo determina il fenomeno dello spopolamento, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni con un più alto livello di scolarizzazione, che a sua volta comporta una carenza di capitale umano e di attitudine all'innovazione, riducendo ulteriormente la capacità di attrarre investimenti. 

Il documento evidenzia inoltre come la tendenza alla riduzione della popolazione possa essere in parte contrastata dall'incentivazione allo sviluppo di attività turistiche e non agricole, ma che questo può contribuire ad aumentare la difficoltà nel ricambio generazionale ed accrescere la concorrenza per i terreni agricoli. 

A livello generale, il lavoro rileva che l'impatto della PAC sul BTD, attraverso il miglioramento delle condizioni socioeconomiche e dell'inclusione sociale, è positivo; si evidenzia la capacità degli strumenti del I Pilastro di avere un impatto positivo sull'occupazione e sugli investimenti e di alcune misure del II Pilastro di intervenire sulle problematiche socio-economiche. Allo stesso tempo, per i primi emerge la tendenza a favorire le imprese di maggiori dimensioni e le aree rurali più sviluppate, aumentando il gap di competitività con le più piccole, per le seconde invece si sottolinea come la complessità burocratica tenda a indebolirne l'efficacia dell'azione sul territorio. È interessante notare come i rappresentanti delle PA coinvolte nei casi studio, rispetto al valore aggiunto UE, abbiano segnalato come sebbene la PAC non si dimostri in grado di affrontare efficacemente tutte le problematiche delle aree rurali, senza di essa quelle stesse aree registrerebbero un maggiore livello di povertà e declino.

Efficacia

Dallo studio emerge una particolare efficacia della PAC nel contribuire allo sviluppo delle aree a forte prevalenza rurale, periferiche e/o dipendenti dall'agricoltura, pur con significative differenze dovute alle considerevoli variazioni osservate comparando misure e strumenti specifici e il loro relativo budget, oltre alle caratteristiche strutturali delle aree in questione. Nei cluster meno periferici e con economie più sviluppate gli effetti delle misure a sostegno della produttività, come la M4 e la M6, sono limitati al settore agricolo e i fondi del I Pilastro sono associati a dei cambiamenti positivi nell'occupazione nel settore primario. I fondi del II Pilastro dedicati al trasferimento di conoscenze e all'innovazione, invece, si associano in maniera positiva con l'incremento del valore aggiunto lordo per l'economia regionale nel suo complesso. I pagamenti di base e quelli legati al greening si dimostrano inoltre importanti nel sostenere la redditività delle aziende agricole, contribuendo ad aumentare la spesa a livello locale e l'occupazione. 

L'analisi evidenzia come, nel corso della programmazione, gli aiuti del I Pilastro abbiano aiutato le economie rurali, creando e conservando oltre cinque milioni di posti di lavoro, ma allo stesso tempo possano contribuire ad accentuare il gap tra piccole e grandi imprese. Le misure del II Pilastro mostrano, invece, la capacità di contribuire allo sviluppo economico delle aree rurali, non solo in ambito agricolo, ma la loro efficacia è legata ad una serie di fattori quali le scelte operate nell'ambito dei PSR, il volume dei fondi e l'implementazione delle misure a tutti i livelli.

Efficienza

Sotto il profilo dell'efficienza, il I Pilastro registra risultati molto positivi, grazie anche al livello relativamente basso di oneri amministrativi, ma tra gli intervistati emerge la percezione che non necessariamente questo determini uno sviluppo territoriale equilibrato, con la tendenza a favorire aree caratterizzate da un tessuto produttivo agricolo produttivo e ben strutturato. Ciò non toglie l'importanza che rivestono i pagamenti diretti nel sostenere il reddito, evitare l'abbandono delle aree marginali ed intervenire nei territori colpiti da emergenze specifiche. 

Inevitabilmente diverso il discorso per quanto riguarda le misure dello sviluppo rurale, capaci di garantire un sostegno maggiormente targettizzato sulle specifiche esigenze e problematiche dei territori. Allo stesso tempo in molti dei casi studio analizzati si registra un alto livello di complessità e di difficoltà di attuazione, frequentemente a causa di un sistema di regole disegnate in modo inappropriato o in modo da non tenere conto delle specificità dei contesti rurali più deboli. Molti esperti, agricoltori e stakeholder concordano nel rimarcare come spesso le procedure amministrative siano lunghe e difficili, rendendo più difficile l'accesso ai potenziali beneficiari socialmente ed economicamente svantaggiati. A questo proposito lo studio sottolinea come ci siano Autorità di gestione che, in alcuni Paesi tra i quali l'Italia e su specifiche misure, siano riuscite ad attivare meccanismi innovativi di cooperazione e pacchetti di misure diverse, capaci di ridurre il costo dell'accesso agli aiuti per i beneficiari.

Coerenza

L'analisi della coerenza delle politiche si concentra su tre tipologie di relazioni all'interno della PAC e di questa con altri strumenti e politiche: complementarità, sinergia e rapporti conflittuali. 

Per quanto riguarda la complementarità, si registra in maniera prevalente nella sua forma a bassa intensità. Una forte complementarità è presente solo in concomitanza con una efficace collaborazione tra Pac e Fondi strutturali di investimento, sulla base della volontà politica a livello nazionale e locale. 

Quanto alle sinergie, definite come interazioni strutturate nell'ambito della definizione di specifiche politiche, i principali esempi sono da ricercare nelle connessioni tra gli strumenti OCM e le misure di sviluppo rurale in alcune filiere, come accade in Italia e Spagna. 

In merito ai casi di interazioni conflittuali, l'analisi ne evidenzia una certa frequenza all'interno della PAC, soprattutto laddove esiste una struttura delle imprese particolarmente polarizzata, che genera un contesto in cui tante piccole aziende agricole competono tra di loro e con le poche grandi imprese per l'accesso ai finanziamenti. 

Per quanto riguarda l'inclusione sociale nelle aree rurali, gli strumenti della PAC mostrano una buona complementarità se si considerano le categorie più vulnerabili nel settore agricolo, mentre questo aspetto risulta meno evidente se si allarga il concetto a soggetti deboli al di fuori del settore, nei confronti dei quali altri programmi mostrano una maggiore capacità di mettere in campo strumenti e misure più efficaci. Tra le poche misure dedicate specificamente all'inclusione sociale nel II Pilastro, si sottolinea il significativo impatto positivo della M7 (servizi e infrastrutture di base) e la misura LEADER/CLLD.

Rilevanza

La PAC mostra una notevole capacità di rispondere ai bisogni specifici delle imprese agricole, soprattutto con gli strumenti del I Pilastro, e a quelli più ampi delle aree rurali, prevalentemente grazie ad alcune misure dello sviluppo rurale. 

I pagamenti diretti contribuiscono a garantire stabilità delle entrate e redditività, contrastando la povertà e sostenendo l'occupazione a livello locale, intervenendo in maniera importante nei momenti di crisi. Allo stesso modo le OCM si dimostrando ben modellate sulle necessità dei produttori, migliorando visibilità e organizzazione. Intervenendo sulla redditività e sostenibilità economica del settore, gli interventi del I Pilastro rispondono indirettamente, dal punto di vista fiscale, anche alle esigenze a più ampio spettro delle aree rurali, come quelle legate alle infrastrutture e ai servizi. 

È il II Pilastro a mostrare una significativa capacità di rispondere alle esigenze complessive delle aree rurali, sostenendo il BTD e affrontando un ampio range di aspetti socioeconomici. Se misure come la M4 e la M6 intervengono sul miglioramento della produttività e la modernizzazione delle aziende, le misure legate al trasferimento delle conoscenze e all'innovazione sostengono le imprese nell'affrontare due importanti problematiche che coinvolgono le aree rurali: il capitale umano e l'accumulazione di conoscenze. Inoltre altre misure destinate al miglioramento delle infrastrutture e alla fornitura di servizi, come la M7 e in alcuni casi la M19, pur risultando difficili da valutare dal punto di vista quantitativo, nell'analisi dei casi studio si dimostrano estremamente rilevanti nell'affrontare alcune problematiche delle aree rurali.

Valore aggiunto dell'intervento UE

Il valore aggiunto dell'intervento UE nell'ambito della PAC risulta particolarmente evidente quando si tratta di sostenere il BTD nelle aree rurali più remote e marginali, affrontando esigenze alle quali strumenti di politiche nazionali e regionali faticano a dare risposta. 

Lo studio evidenzia, però, come essendo strutturati per raggiungere obbiettivi prevalentemente legati al settore agricolo, i fondi PAC non siano in grado di contrastare efficacemente il declino di queste aree se non affiancati da adeguati investimenti in infrastrutture e servizi.

Le raccomandazioni per la nuova PAC

Lo studio può senza dubbio rappresentare un utile strumento di riflessione nella definizione del nuovo Piano strategico per la programmazione 2023-27 e nella sua parte conclusiva presenta una serie di raccomandazioni che affrontano a vari livelli le problematiche evidenziate. Il punto di partenza è la necessità di conservare un quadro istituzionale che garantisca un dialogo tra i referenti del FEASR, degli altri Fondi strutturali e degli stakeholder nella forma di un accordo di partenariato. 

Appare fondamentale un'ottimizzazione degli obiettivi per sfruttare al meglio le potenzialità di tutti gli strumenti e le misure dei due Pilastri. In particolare i pagamenti base del I Pilastro dovrebbero essere concentrati nelle regioni in cui il reddito e la qualità della vita degli agricoltori risultano più bassi e sulle imprese che per dimensioni e tipologia si trovano nelle condizioni sociali ed economiche più difficili. 

Per quanto riguarda il II Pilastro, l'attenzione dovrebbe concentrarsi sulle misure che influiscono direttamente sul BTD, come la M19, la M6, la M7 e la M16 in questa programmazione, destinando una più alta quota di risorse e un sistema di regole di attuazione adeguato. Stesso discorso vale per l'OCM, in grado di migliorare in maniera significativa la posizione degli agricoltori nella filiera, ma in generale la distribuzione delle risorse e il quadro regolamentare dovrebbero essere orientati a garantire agli strumenti e alle misure dei due Pilastri direttamente collegati al BTD la massima efficacia così da produrre un impatto più significativo possibile rispetto alle esigenze delle aree rurali. Allo sviluppo territoriale equilibrato delle aree rurali possono contribuire anche altre misure come quelle legate al trasferimento di conoscenze, all'assistenza tecnica e agli investimenti, soprattutto se dirette a sostenere le aree più vulnerabili. 

Il concetto fondamentale nella definizione del Piano strategico dovrebbe essere quello di orientare gli interventi verso le aree rurali più povere, con un mix di misure che prenda in considerazione la complementarità degli effetti di tutti gli strumenti e le misure previste dalla PAC. 

Nell'ambito dello sviluppo rurale, lo studio sottolinea l'importanza di una corretta definizione del contesto locale oggetto di intervento, legata più ai diversi fabbisogni delle aree invece che ai meri confini amministrativi, perché questo permetterebbe una politica maggiormente orientata al risultato e capace di rispondere in maniera più efficace alle esigenze del territorio. In questo senso il lavoro suggerisce alle Autorità di gestione di modellare la propria definizione di area rurale legandola strettamente alle caratteristiche socioeconomiche, demografiche e territoriali di queste aree.

Un'ulteriore e interessante indicazione contenuta nel documento è quella di immaginare gli attori locali dello sviluppo rurale, agenzie di sviluppo e corpi intermedi, come degli "one-stop-shops" attraverso i quali la popolazione rurale possa trovare accesso al giusto mix di sostegni UE rispetto alle proprie esigenze. In questo senso la PAC dovrebbe aumentare la propria efficacia nel promuovere il BTD nelle aree rurali ampliando e integrando i vari flussi di finanziamento e rafforzando un approccio di partenariato multiattoriale che coinvolga autorità pubbliche e stakeholders. 

In conclusione, nella costruzione del Piano strategico nazionale gli autori dello studio pongono l'accento sulla necessità, da un lato, di garantire continuità e collegamento con il framework dell'attuale programmazione, dall'altro evidenziano l'importanza di un percorso partecipato che dia particolare rilevanza alle istanze dei gruppi rurali più svantaggiati e che le loro osservazioni siano parte integrante e rilevante del processo di valutazione ex-ante. Infine risulta estremamente importante, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese, lavorare ad una revisione delle incombenze burocratiche che rischiano di limitare l'efficacia degli interventi di entrambi i pilastri. 

 
 

Matteo Tagliapietra

 
 

PianetaPSR numero 99 febbraio 2021