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Cambiamenti climatici

Il sistema alimentare, un'arma molto potente nei confronti delle emissioni climalteranti e dell'ambiente

EDGAR - FOOD: il nuovo database globale per monitorare l'impronta di carbonio dei sistemi alimentari.

Tra le tante azioni antropiche che contribuiscono al cambiamento del pianeta grande responsabilità è da attribuire anche alle attività di produzione e consumo del cibo. 
Il rapporto tra sostenibilità ambientale e nutrizione è tema fondamentale in quanto, a partire dalle scelte alimentari individuali, ognuno di noi può incidere in maniera positiva o negativa sulla propria salute ed allo stesso tempo su quella dell'ambiente. Si può dire che quando ognuno di noi acquista del cibo effettua una scelta "politica" a favore o contro il cambiamento dell'attuale condizione dell'ambiente che ci circonda.

La sostenibilità dell'alimentazione, dal punto di vista ambientale, è connessa all'utilizzo efficiente delle risorse ed alla conservazione della biodiversità.
Infatti i sistemi agricoli ed il cibo sono responsabili di 1/3 delle emissioni di anidride carbonica, con un peso crescente nei Paesi in via di sviluppo, divenuti fabbriche di commoditiesper l'occidente che ha esternalizzato lì buona parte dell'impatto ecologico derivante da questa modalità di approvvigionamento.
In tale contesto assistiamo a veri paradossi del sistema agroalimentare: produciamo cibo per 9 miliardi di persone ma, nonostante la popolazione mondiale sia di circa 7 miliardi, ci sono 815 milioni di persone malnutrite, 1/3 del cibo finisce nella spazzatura e 2,1 miliardi di persone sono affette da obesità.
Quindi nutrire persone, animali o auto? Sprecare cibo o nutrire chi ha fame? Morire per fame o per obesità? Queste oggi le contraddizioni a cui assistiamo che tuttavia dovrebbero essere affrontate e risolte una volta per tutte.

Il ruolo del cibo nei cambiamenti climatici

Il report "Food systems are responsible for a third of global anthropogenic GHG emissions", recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Food e prodotto dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea in collaborazione con l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), offre una vasta panoramica sull'evoluzione dei sistemi alimentari negli ultimi 25 anni al fine di analizzare l'impronta di carbonio che ne deriva.
Dall'analisi dei dati si rileva un incremento sia della produzione alimentare, pari al 40%, che dell'emissioni di gas serra prodotte, stimate in 18 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente nel 2015 e pari al 34% delle emissioni di GHG totali. Tuttavia, va evidenziato che tale trend sta progressivamente diminuendo, in quanto nel 1990 le stesse emissioni rappresentavano il 44% del totale, seppure, in termini assoluti, i sistemi alimentari continuino ad incrementare la produzione di gas serra.

Lo studio permette di raffigurare come il sistema alimentare sia mutato e si sia adattato all'evoluzione della popolazione mondiale negli ultimi 25 anni, considerando anche i cambiamenti a livello di benessere, di abitudini alimentari e di tecnologie per la nutrizione.

Il report attribuisce al sistema alimentare globale, incluse le fasi del cambiamento di destinazione dell'uso del suolo, alla produzione agricola, al settore degli imballaggi, al trasporto, fino alla gestione dei rifiuti prodotti, la formazione di oltre 1/3 delle emissioni globali di gas serra.
Nello studio si afferma che tali fasi generano circa due tonnellate di emissioni di anidride carbonica equivalente all'anno pro-capite e richiedono grande utilizzo di energia. 
Nel dettaglio, le emissioni da parte del sistema sono determinate per circa la metà dall'anidride carbonica, connessa al cambio di destinazione uso del suolo ed alla richiesta di energia, per un terzo dal metano derivato dall'allevamento, dalla coltivazione del riso e della gestione dei rifiuti e per il restante dal diossido di azoto legato all'utilizzo dei fertilizzanti azotati.

Emerge dal report che, nel 2015, il 71% di dette emissioni è dipeso dalle attività agricole e dal cambio di destinazione d'uso del suolo mentre il restante 29% proviene dalle attività di filiera legate alla lavorazione delle materie prime, alla vendita al dettaglio, ai trasporti, alla produzione di imballaggi, ai processi industriali ed alla gestione dei rifiuti risultanti.
In particolare, si evince che le emissioni associate alla produzione agricola sono dipese principalmente dalla deforestazione, dalla degradazione dei suoli organici, ivi incluse le torbiere.
Il settore LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry) è responsabile del 32% circa delle emissioni totali derivanti dal sistema alimentare. 

Ad avere il maggiore impatto sono, nell'ordine, la Cina (13.5% del totale globale pari a 2.4 Gt di anidride carbonica equivalente), l'Indonesia (8.8% pari a 1.6 Gt CO2 eq.), gli Stati Uniti d'America (8.2% pari a 1.5 Gt CO2 eq.), il Brasile (7.4% pari a 1.3 Gt CO2 eq.), l'Unione Europea (6.7% pari a 1.2 Gt CO2 eq.) e l'India (6,3% pari a 1.1 Gt CO2 eq.).
In media, nel 2015, le emissioni pro-capite connesse al consumo di cibo sono risultate essere di 2.4 (2.1-2.9) t CO2 eq. rispetto ai livelli del 1990 pari a 3.0 (2.3-3.8) t CO2 eq.

Per giungere ai risultati indicati si è adoperato il nuovo database globale delle emissioni alimentari, cd. "EDGAR-FOOD", che è stato in grado di quantificare e ponderare le emissioni di gas a effetto serra prodotte dal sistema alimentare nel periodo dal 1990 al 2015.

Il database EDGAR - FOOD

Il Rapporto speciale Climate Change and Land (SRCCL), redatto dal Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC), attribuisce ai sistemi alimentari tra gli 11 e i 19 miliardi di tonnellate di emissioni all'anno, che rappresenta una forbice troppo ampia. Per colmare tali lacune si è ritenuto fondamentale elaborare un database, cd. EDGAR - FOOD, in grado di fornire un quadro metodologico coerente.

Detto sistema integra le informazioni derivanti dal database delle emissioni della ricerca atmosferica globale (EDGAR) con la banca dati delle emissioni derivanti dall'uso del suolo e dal cambiamento di destinazione d'uso del suolo (FAOSTAT), permettendo così di valutare accuratamente gli effetti sul clima determinati dalla produzione, dalla distribuzione e dal consumo alimentare. 
Le informazioni ottenute dal database EDGAR e dalla banca dati FAOSTAT sono ampiamente diffusi e sono stati utilizzati per le ricerca sul clima, per la pianificazione delle politiche climatiche globali e per redigere il quinto e sesto rapporto di valutazione elaborato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC).

EDGAR - FOOD rappresenta il primo database capace di analizzare costantemente ogni fase della filiera alimentare di tutti i Paesi con frequenza annuale per il periodo 1990-2015. Infatti fornisce stime delle emissioni dettagliate, altamente disaggregate ed armonizzate, in grado di coprire tutti i settori e le aree geografiche in quanto adopera un processo rigoroso e trasparente di integrazione e verifica dei dati. 
Tali informazioni sono fondamentali per l'individuazione e progettazione di azioni di mitigazione efficaci e politiche sostenibili, su cui si potrà dibattere durante il prossimo vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari e sulla salute del Pianeta, convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite per il prossimo autunno.
Quindi, EDGAR-FOOD, nel merito, fornisce dettagli temporali e settoriali sull'evoluzione delle emissioni prodotte da parte di tutte le attività connesse al sistema alimentare globale, permettendo di esaminare, nello specifico, i contributi regionali in emissioni di GHG.

EDGAR - FOOD analizza sei fasi del ciclo di vita dei sistemi alimentari: il settore LULUCF che comprende le macro - aree di uso del suolo e cambiamento di destinazione d'uso del suolo; il settore della produzione primaria di prodotti alimentari; il settore della trasformazione dei prodotti; la distribuzione degli alimenti, incluse le attività domestiche di preparazione dei cibi e la gestione di fine vita connessa al trattamento dei residui alimentari e di quelli non alimentari utilizzati nelle fasi precedenti..

Le emissioni di gas serra, nella versione 5.0 del database, sono calcolate adoperando principalmente l'approccio IPCC con la metodologia Tier 1 e quella Tier 2 solo per la stima delle emissioni derivanti dalla fermentazione enterica del bestiame, dalla coltivazione del riso e dal trattamento dei rifiuti. 

Per calcolare le emissioni di energia da parte del sistema alimentare, il database considera quelle derivanti dai processi di combustione da parte del settore delle industrie, dei trasporti e di altri attori della filiera (ad es. le famiglie); dal calore centralizzato e dalla produzione di elettricità consumata dagli attori del sistema alimentare e, infine, le emissioni provenienti dalla "filiera" dei carburanti, ivi compresi l'estrazione, il trasporto e le perdite di carburante.

Nel database si ipotizza che il calore totale e l'elettricità del settore della pesca, dell'agricoltura alimentare e della produzione alimentare deriviNO dall'uso di energia nel sistema alimentare come, ad esempio, i sistemi di cottura e refrigerazione. Tali utilizzi dell'energia vengono attribuiti in particolare all'industria degli imballaggi, alle famiglie e ai settori di vendita al dettaglio di servizi (ad esempio vendita al dettaglio di prodotti alimentari e ristoranti). Le quote di energia stimate per il sistema alimentare si basano sui dati relativi al consumo di elettricità e calore ricavati dall'Agenzia internazionale per l'energia (IEA). 

Per il settore della "filiera" dei carburanti vengono calcolate le emissioni per ogni combustibile utilizzato nel sistema alimentare derivanti dalla produzione, trasformazione e stoccaggio nelle raffinerie. Nello specifico la quota è calcolata dal rapporto delle emissioni di anidride carbonica scaturite dalla combustione di un combustibile specifico sul totale delle emissioni provenienti in generale dalla combustione in un dato paese su base annua. 

Per il settore agricolo le emissioni che promanano dall'utilizzo del suolo per la produzione alimentare sono connesse alle perdite di carbonio. Tali perdite includono le emissioni derivanti dalla deforestazione e dal degrado dei suoli organici. Dalle informazioni presenti nella banca dati FAOSTAT si stima che, a livello globale, circa l'80% della deforestazione è associata all'espansione agricola. FAOSTAT, inoltre, stima il contributo della deforestazione analizzando le informazioni, trasmesse alla FAO dai Paesi, ogni dieci anni, sulla superficie forestale e sul quantitativo di sostanza organica (carbonio) presente nella biomassa. Per tale motivo, infatti, le stime annuali di deforestazione si ricavano dalle medie per i periodi 1990-1999, 2000-2009 e 2010-2015.

Le emissioni di gas serra e il contributo dei vari Paesi

Le emissioni di gas serra variano in modo significativo tra paesi e le regioni: il valore più elevato si rileva per i paesi in via di sviluppo, ma al contempo si evidenzia una significativa flessione, che va di pari passo, con la diminuzione della deforestazione e con l'incremento delle attività a valle come, ad esempio, la lavorazione e la refrigerazione degli alimenti. 
L'utilizzo del suolo ed i fattori ad esso correlati contribuiscono per il 38%, mentre la distribuzione è responsabile del 29% delle emissioni, un dato che tenderà ad aumentare in futuro.

Nel dettaglio, in termini di contributo alle emissioni totali di gas a effetto serra di origine antropica, i sistemi alimentari dei Paesi industrializzati sono genericamente stimati al 24% circa, mentre nei Paesi in via di sviluppo la percentuale è diminuita dal 68% del 1990 al 39% del 2015, in parte a fronte di un marcato incremento delle emissioni non correlate al settore alimentare.

Nei Paesi in via di sviluppo la quota di emissioni totali prodotte dal settore agricoltura e LULUC è diminuita in modo significativo, rispettivamente del 13% e del 26%.  
Per il settore agricolo si evince che le emissioni di metano non presentano differenze significative tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, in quanto il riso rappresenta una delle principali colture alimentari in tutto mondo.
I paesi asiatici dominano la produzione globale di riso e la quota che deriva dalla sua produzione rispetto alle emissioni totali del sistema alimentare è del 39% in Thailandia e del 40% in Bangladesh.
In particolare, Cina, India e Indonesia sono i principali paesi produttori di riso, seguiti da Bangladesh, Vietnam e Thailandia. 

Nei paesi dell'Africa subsahariana la produzione alimentare è ancora in larga misura realizzata da piccole aziende agricole, mentre l'Africa orientale e occidentale mostrano quote di emissioni di gas serra dal sistema alimentare rispettivamente dell'88% e del 69% nel 2015.
In Nigeria i dati sulla demografia indicano un incremento cospicuo della popolazione che è pari al doppio rispetto ai valori del 1990 e, conseguentemente, le emissioni di gas serra si sono incrementate a causa della maggiore coltivazione del riso. Infatti, la Nigeria, nel 2015, ha emesso più di un terzo del gas serra derivante dal sistema alimentare dell'intera regione dell'Africa occidentale. Le emissioni originate dall'allevamento del bestiame sono incrementate di 2.8 volte rispetto al 1990 a causa dell'introduzione delle capre. 
In Etiopia, la popolazione è raddoppiata tra il 1990 e il 2015, rendendo il paese il maggiore emettitore di gas serra dal sistema alimentare di tutta l'Africa orientale. Il sistema alimentare etiope, infatti, contribuisce alla produzione del 78% dei gas ad effetto serra di origine antropica. Tali emissioni dipendono, principalmente, dall'allevamento dei bovini il cui contributo si è incrementato di 2.5 volte nello stesso periodo.

Nel 2015, in Brasile le emissioni dal settore sono diminuite di circa il 30% rispetto al 1990 a causa della sostanziale diminuzione dei tassi di deforestazione. Si è registrata in generale una riduzione nonostante l'incremento della quota emissiva derivante dall'allevamento del bestiame e dall'esportazione di carne bovina e soia.

Nel rapporto, inoltre, si evince che i sistemi alimentari mondiali sono diventati ambiti energivori a seguito degli sviluppi connessi ai settori della lavorazione dei prodotti, dell'imballaggio, dei trasporti e delle vendite al dettaglio, in costante aumento in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

Nei Paesi industrializzati si rileva un incremento delle emissioni di gas serra, principalmente gas fluorurati o idrofluorocarburi (HFC o F-GAS), che hanno un impatto rilevante sul cambiamento climatico, derivanti dal settore della refrigerazione e da altre applicazioni industriali e domestiche.
La refrigerazione, infatti, è responsabile di quasi la metà del consumo energetico da parte del settore della vendita al dettaglio e della rete dei supermercati: in tale settore le emissioni sono più che quadruplicate in Europa dal 1990. In tutto il mondo le attività correlate al settore della refrigerazione concorrono per il 5 % circa alle emissioni globali riconducibili ai settori alimentari, una cifra destinata ad aumentare nel tempo considerando la bassa capacità di refrigerazione pro-capite nei Paesi in via di sviluppo.
Le emissioni connesse al settore della vendita al dettaglio, infatti, sono aumentate rapidamente a livello globale, fino circa a 3 volte superiori rispetto ai valori del 1990, a causa della refrigerazione finalizzata a ridurre il deterioramento degli alimenti. 

Gli imballaggi, contribuendo per circa il 5.4% alle emissioni di gas serra globali, rappresentano il settore più impattante della filiera alimentare.
Tuttavia, l'intensità delle emissioni prodotte dal settore degli imballaggi varia notevolmente a seconda del prodotto alimentare. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, il vino e la birra risultano responsabili di una porzione significativa dell'impatto prodotto dagli imballaggi, mentre banane e zucchero di barbabietola fanno registrare emissioni più alte nella fase del trasporto. 

La quota di emissioni di gas serra derivanti dalla gestione dei rifiuti mostra un trend diversificato a seconda dei Paesi in quanto diminuisce in quelli industrializzati e incrementa di circa il 50% nei paesi in via di sviluppo.

Nel settore energetico la quota di emissioni di anidride carbonica è cresciuta del 31% rispetto ai valori del 1990, risultando nel 2015 pari al 21%, a causa della trasformazione e distribuzione degli alimenti, fasi che includono la vendita al dettaglio, il confezionamento, il trasporto e la lavorazione e che hanno nettamente incrementato le loro quote emissive a livello globale.

Conclusioni

Dall'analisi dei dati di cui sopra si rileva che, in linea con le tendenze di sviluppo socioeconomico in atto, le emissioni alimentari sono sempre più determinate dall'uso dell'energia, dalle attività industriali e dalla gestione dei rifiuti. Tale tendenza, dal punto di vista della mitigazione, suggerisce che il settore alimentare avrà bisogno di specifiche politiche settoriali di efficienza energetica e decarbonizzazione.

D'altra parte, il ruolo predominante delle emissioni derivanti dal settore agricolo e LULUCF mostra come la produzione alimentare stessa continuerà ad essere una delle principali fonti di emissioni che richiederanno politiche di mitigazione dedicate.
Il database globale delle emissioni alimentari EDGAR-FOOD fornisce un ampio livello di dettagli geografici, temporali e tematici delle emissioni nazionali di gas serra prodotte dal sistema alimentare globale e rappresenta una pietra miliare per comprenderne l'evoluzione.
Il dataset dettagliato e coerente delle emissioni relative alle varie fasi del sistema alimentare è fondamentale sia per individuare misure ed azioni in grado di far transitare il settore verso modelli sostenibili, nonché per la progettazione di strategie di mitigazione efficienti che evitino la creazione di emissioni aggiuntive.
 
Le informazioni fornite dal database EDGAR-FOOD rappresentano, quindi, una risorsa importante per monitorare efficacemente le emissioni di gas serra derivanti dall'intera filiera alimentare, in linea con la visione integrata prevista dalla Strategia Farm to Fork 2030 della Commissione Europea.

 
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Ilaria Falconi

 
 

PianetaPSR numero 100 marzo 2021