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Impermeabilizzazione interrata multistrato nella realizzazione di un serbatoio per il trattamento primario dei fanghi di depurazione
Transizione ecologica

La transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile del suolo

Il PNRR sarà in grado di arrestare il degrado e l'impermeabilizzazione del suolo?

La gestione del suolo rappresenta un tassello fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo quali neutralità climatica, ripristino della biodiversità, inquinamento zero, sistemi alimentari sani e sostenibili ed ambiente resiliente.
Il suolo è, quindi, parte integrante delle politiche, dei regolamenti e delle strategie dell'Unione Europea.

I servizi ecosistemici forniti dal suolo sono: la produzione alimentare e di biomasse; la purificazione delle acque; la regolazione del microclima, dei cicli biogeochimici, del deflusso superficiale e dell'infiltrazione dell'acqua; il controllo dell'erosione; la ricarica delle falde; la cattura e lo stoccaggio del carbonio e la conservazione della biodiversità.
Il suolo ospita un quarto della biodiversità dell'intero pianeta ed infatti una manciata di suolo può contenere più di 10 miliardi di microrganismi. Nei paesi a clima temperato e freddo come, ad esempio nell'Unione Europea, il suolo rappresenta la più grande riserva di carbonio organico. Tuttavia la maggior parte dei suoli italiani ha un contenuto di carbonio organico che varia da basso (1-2%) a molto basso (<1%) a causa dei fenomeni erosivi, dell'inquinamento, dell'impiego di pratiche agronomiche non sostenibili, del cambio di destinazione di utilizzo (deforestazione o conversione da pascolo a suolo coltivato) e della loro impermeabilizzazione.

La gestione sostenibile del suolo è, quindi, fondamentale in quanto il consumo dello stesso causa la modifica costante dei paesaggi agrari che, affiancata dall'occupazione di zone a rischio idrogeologico ed alla luce del contesto di fragilità del territorio italiano, può avere importanti conseguenze in termini di sicurezza. L'impermeabilizzazione costituisce la principale causa di degrado del suolo e contribuisce alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio, soprattutto rurale, alla perdita della biodiversità e della fertilità dei terreni agricoli ed incrementa il rischio di incendi. Dal punto di vista naturalistico, la scomparsa di superfici naturali e seminaturali penalizza la capacità di stoccaggio del carbonio da parte del suolo, la qualità degli habitat e la biodiversità. Dal punto di vista culturale, poi, viene a determinarsi il depauperamento del paesaggio e dei servizi ricreativi. Dal punto di vista economico, inoltre la riduzione delle superfici agricole impatta direttamente sulle produzioni alimentari, sia vegetali che animali.

Il consumo di suolo nel Rapporto redatto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) e dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA)

Il consumo di suolo esprime la misura della progressiva cementificazione e impermeabilizzazione dei suoli dovuta alle dinamiche insediative e all'espansione delle aree urbanizzate a scapito dei terreni agricoli e naturali.
È dunque un tema intersettoriale che riguarda l'agricoltura, la pianificazione dell'uso del territorio, la tutela dell'ambiente e del paesaggio.

Il Rapporto "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" [1], redatto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) e dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), evidenzia come il consumo di suolo, in questi anni, non sia più connesso, principalmente, all'edilizia residenziale o produttiva ma ai settori della logistica, in maniera determinante dallo scorso anno, e della costruzione di impianti di energia rinnovabile. Nel Rapporto si stima una perdita di suolo annuo di circa 180 ettari causato dall'installazione di nuovi pannelli fotovoltaici a terra. La Puglia, dopo la Sardegna, è la regione italiana che registra il maggiore incremento di installazioni di fotovoltaico su suolo agricolo, avendone impermeabilizzato 66 ettari, pari a circa il 37% del totale.
Il raggiungimento degli obiettivi di capacità produttiva da fonti rinnovabili previsti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima determinerà un trend in aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 km2 di nuove installazioni di pannelli fotovoltaici a terra su suolo agricolo, anziché su tetti di edifici e fabbricati rurali esistenti.
Per quanto concerne la logistica, invece, si registra in Italia un consumo di 700 ettari di suolo agricolo in 7 anni ed il trend è destinato a crescere in quelli prossimi. In Veneto le maggiori trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni) sono dovute alla logistica, seguita dalla Lombardia (+131 ha) ed Emilia-Romagna (+119 ha).

In Italia, nel 2020, il consumo di suolo è incrementato di altri 57 km2 con un ritmo di quasi 2 metri quadrati al secondo che equivalgono ad oltre 15 ettari al giorno di suolo impermeabilizzato. Nello stesso periodo ne sono stati ripristinati solo 5 Km2 con una perdita netta di 52 Km2 di suolo agricolo e naturale. Nel complesso il nostro territorio è caratterizzato da superfici artificiali e impermeabilizzate per più di 21.000 chilometri quadrati.

Nel 2006, 2012 e 2015 il suolo artificiale a livello nazionale era, rispettivamente, del 6.76%, 6.96% e 7.02%, mentre nel 2020 è pari al 7.11%, con crescita costante. Il trend del consumo di suolo, nonostante l'emergenza sanitaria, è, quindi, in linea con quello degli anni precedenti.

La situazione osservata desta notevole preoccupazione in quanto, generalmente, la necessità di costruire è connessa alla crescita demografica della popolazione.
In Italia il 2020 rappresenta l'anno con il minimo storico di nascite a partire dalla costituzione dello Stato. Si è passati, infatti, dai 439 mila bambini nati nel 2018 ai 404 mila nel 2020. Il consumo di suolo pro capite, invece, risulta incrementato di 1.92 metri quadrati rispetto al 2019 e di 3.62 metri quadrati in due anni. In sintesi, si rileva che la relazione tra il consumo di suolo e le dinamiche della popolazione è inversamente proporzionale e si assiste alla crescita delle superfici artificiali anche in condizioni di stabilità o, in molti casi, di decrescita, dei residenti.

Il consumo di suolo, inoltre, si ripartisce sul nostro territorio in maniera non omogenea in quanto è prevalentemente concentrato in poche Regioni quali Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia e Sicilia. Il Rapporto evidenzia, infatti, che la Lombardia (+765 ettari) è la regione che ha consumato più suolo nel 2020, seguita dal Veneto con un incremento di 682 ettari, da Puglia (+493 ha), Piemonte (+439 ha), Lazio (+431 ha), Emilia-Romagna (+425 ha) e Sicilia (+389 ha).

Nel Rapporto si evidenzia che in 8 anni l'impermeabilizzazione ha determinato la perdita di 4,2 milioni di quintali di prodotti agricoli, 25 mila quintali di prodotti legnosi, 3 milioni di tonnellate di stock di carbonio (equivalente, in termini di emissioni di anidride carbonica, ad oltre un milione di autoveicoli circolanti con una percorrenza media di 11.200 chilometri l'anno tra il 2012 e il 2020) e 360 milioni di m3 di acqua piovana non captata dal suolo che, scorrendo in superficie, incrementa il rischio idrogeologico.
Il danno economico causato dal consumo di suolo e dalla conseguente perdita di servizi ecosistemici è stimato in più di 3 miliardi di euro l'anno. Si sottolinea che se la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi continua a seguire il trend del periodo 2012-2020 si dovrà sostenere una spesa compresa tra 81.5 e 99.5 miliardi di euro, pari alla metà di quella prevista nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il PNRR e la gestione del suolo

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è un progetto costituito da sei missioni per la cui realizzazione vengono stanziati 191,5 miliardi da impiegare da oggi al 2026 al fine di avviare il rilancio del Paese e di superare gli effetti indotti dall'attuale emergenza sanitaria. Il PNRR dedica alla Rivoluzione Verde e alla Transizione ecologica la missione n. 2 per migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico ed assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Il governo per tale missione stanzia complessivamente 68,6 miliardi, di cui 59,3 miliardi da trarre dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo.

Per il settore agricoltura il PNRR prevede un investimento di:

  • 1,50 miliardi di euro per l'installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici ad utilizzo produttivo nei settori agricolo, zootecnico ed agroindustriale, con una potenza installata di circa 0.43 GW, realizzando contestualmente la riqualificazione delle strutture produttive oggetto di intervento con la rimozione di eternit/amianto, ove fosse presente, e/o il miglioramento della coibentazione e dell'areazione (misura parco agrisolare);
  • 1,10 miliardi di euro per la misura inerente allo sviluppo di impianti di agri-voltaico aventi medie e grandi dimensioni di 1.04 GW su terreni dedicati all'agricoltura;
  • 1,92 miliardi di euro per la misura recante lo sviluppo del biometano e la promozione e diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas;
  • 0,5 miliardi di euro per garantire l'innovazione e la meccanizzazione del settore agricolo connesso all'ammodernamento del parco automezzi e dei macchinari.

La costruzione di impianti fotovoltaici sul territorio agricolo nazionale è un tema molto attuale, di grande frontiera e fonte di notevole dibattito e preoccupazione per il settore.
Le agroenergie (biogas, biomasse, biometano e fotovoltaico sui tetti) sono centrali per la competitività delle imprese agricole attraverso la diversificazione delle produzioni, l'adozione di modelli di produzione più sostenibili e la multifunzionalità.
Tuttavia, in tale contesto, si evidenzia la sottovalutazione della funzione alimentare associata al settore primario e, conseguentemente, il coinvolgimento massiccio dell'agricoltura nella produzione di risorse energetiche attraverso la destinazione del terreno agrario ad usi diversi.

Pur trattandosi di soluzioni integrative innovative, con montaggio dei moduli elevati da terra, si rileva che la realizzazione di impianti agri-voltaici contribuisce a determinare la perdita di fertilità del suolo ed impatti sul paesaggio e sulle funzioni ecosistemiche svolte dal suolo stesso essenziali per la mitigazione climatica e per il raggiungimento degli obiettivi dell'UE da parte del settore.
Tali installazioni comporterebbero comunque anch'esse una forma di consumo di suolo, in quanto la natura diffusa e la relativamente bassa densità superficiale dell'energia solare che alimenta i pannelli fotovoltaici determinerebbero l'occupazione da parte degli stessi impianti di aree estese di territorio.
Per gli aspetti ambientali, poi, si sottolineano gli impatti della derivante filiera nel suo complesso, dall'estrazione dei materiali, in primis il silicio dei pannelli, fino al loro smaltimento, così come si evidenzia pure l'impatto economico sul prezzo dei terreni agricoli che disincentiverebbe l'accesso alla terra soprattutto per gli agricoltori più giovani o nelle aree più vocate (pianura e collina), disequilibrando i costi e l'opportunità di utilizzo della terra a favore di usi del suolo alternativi a quello agricolo.
Si rileva infine la necessità di considerare, anche, gli impatti sulla biodiversità e sulla perdita di specie ad elevato pregio naturalistico determinati dalle collisioni tra le strutture e l'avifauna. Occorre, inoltre, valutare gli impatti derivanti dalla pulizia dei pannelli sulla matrice suolo o sulle colture sottostanti all'agri-voltaico.
Va, in conclusione, ricordato che, attualmente, non sono presenti linee guida o regolamenti in grado di combinare le modalità di realizzazione di tali opere con le integrazioni paesaggistiche e agricole. Si ritiene infatti imprescindibile garantire una disciplina di tutela per l'ubicazione su aree agricole di tali impianti.

Il PNRR dovrebbe porre l'attenzione sulle interconnessioni tra la progettualità innovativa e la salvaguardia dell'ecosistema e delle matrici ambientali al fine di valutare e stimare le implicazioni ambientali e di consumo di suolo derivanti dalle nuove installazioni.
Di qui la necessità che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fornisca comunque un indirizzo generale volto alla riduzione del consumo di suolo.

In parziale ottemperanza a quanto sopra, per la salvaguardia del suolo il PNRR prevede investimenti per lo sviluppo del biometano e la promozione e diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas al fine di ridurre l'uso di fertilizzanti sintetici, aumentare l'approvvigionamento di materia organica nei suoli e creare poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti con produzione di fertilizzanti di origine organica. Inoltre è previsto un investimento per l'innovazione e la meccanizzazione del settore agricolo connesso all'ammodernamento del parco automezzi e dei macchinari al fine di garantire l'agricoltura di precisione e l'utilizzo delle tecnologie dell'agricoltura 4.0.

Appare necessario, quindi, che il tema della tutela del suolo (fertilità e servizi ecosistemici correlati) sia affrontata più approfonditamente e globalmente nella programmazione della futura Politica Agricola Comune. A titolo di esempio, si evidenzia la proposta di ecoschemi per l'agricoltura biologica e la produzione integrata (premio incentivante la superficie agricola utilizzata condotta in agricoltura biologica), per la riduzione dell'utilizzo dei prodotti fitosanitari,  per il contrasto al degrado del suolo (assicurare la copertura erbacea, naturale o artificiale, degli interfilari o dell'intera superficie a colture permanenti specializzate), per la conservazione dei prati e pascoli, per l'incremento del carbon stock nei suoli (coltivazione di colture annuali o pluriennali). Qui si richiamano anche le misure agro - climatiche - ambientali (Misura 10.1), l'agricoltura di precisione e le misure di innovazione, le misure di cooperazione, la misura di consulenza aziendale e formazione.

Conclusioni

In conclusione si rappresenta la carenza di approfondimenti pedologici da parte dei decisori politici ed amministratori e di un approccio di sistema trasversale e interdisciplinare. Si sottolinea la necessità di valorizzare le diversità e specificità dei territori e di individuare aree in cui originare laboratori di micro - innovazione e reti di conoscenza di filiera al fine di supportare i processi di innovazione sostenibili; di valutare ed analizzare soluzioni sostenibili innovative monitorando i risultati ottenuti sul campo; ed, infine, di favorire il dialogo e la collaborazione tra i diversi attori coinvolti.
Inoltre per il raggiungimento degli obiettivi del Green New Deal, del nuovo target di riduzione delle emissioni al 2030 (-55% rispetto ai livelli del 1990) prefissato dall'Unione Europea e della neutralità climatica al 2050 occorre attuare azioni in grado di migliorare il livello degli assorbimenti da parte del settore LULUCF, incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili (biomasse agro - forestali, biometano, biogas e fotovoltaico su tetti), sviluppare l'uso di nuove tecnologie e processi nel comparto industriale e generare nuove infrastrutture in grado di accumulare l'energia e trasportarla.

In particolare, per il settore agricoltura occorre incentivare la diffusione delle pratiche conservative e agro - ecologiche al fine di incrementare la capacità di sequestro di carbonio da parte dei suoli agricoli, delle praterie, delle torbiere e delle foreste.
Inoltre occorre tenere in debita considerazione l'importanza delle filiere connesse alla produzione delle biomasse per la sostenibilità ambientale, economica e sociale finalizzata alla lotta al cambiamento climatico; alla mitigazione del settore stesso; all'assorbimento del carbonio; alla biodiversità; all'incremento dei benefici derivanti dai servizi ecosistemici; allo sviluppo locale; allo sviluppo dell'economia e della bioeconomia circolare. 
Infatti la valorizzazione e l'impiego delle biomasse di scarto, delle colture non alimentari, delle colture di secondo raccolto e dei reflui zootecnici permettono, contemporaneamente, di produrre energia e ammendante organico, di ridurre l'impatto delle emissioni di gas serra da parte del comparto agro - zootecnico e, conseguentemente, di migliorare la qualità dell'aria, di favorire lo stoccaggio di anidride carbonica nei suoli agricoli e di contrastare il degrado del suolo, con effetti potenziali su questioni di interesse per il benessere della società, la conservazione del paesaggio e la diversificazione economica delle aziende.

In conclusione, un consistente contenimento del consumo di suolo rappresenterebbe la premessa per garantire una ripresa sostenibile dei nostri territori attraverso la promozione del capitale naturale e del paesaggio, la riqualificazione e la rigenerazione urbana nonché l'edilizia di qualità, oltre al riuso delle aree contaminate o dismesse.
Si rileva, inoltre, la necessità di individuare degli indicatori globali per il monitoraggio dei progressi effettuati a protezione del suolo e di armonizzare i programmi di monitoraggio e di campionamento.
Infine si raffigura un vuoto normativo per il consumo di suolo determinato dall'assenza di una legge nazionale.

 
 

Link per approfondire

Note

  • [1] Il Rapporto "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" - redatto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) e dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) - approfondisce l'evoluzione del territorio e del consumo di suolo all'interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali, ai diversi livelli, attraverso cartografie e banche dati di indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo stime sull'impatto determinato dalla crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni ecosistemiche perdute o minacciate.Nel Rapporto si valuta il degrado del suolo e del territorio applicando e adattando il concetto di land degradation, processo strettamente connesso alla perdita di servizi ecosistemici e beni che la matrice suolo è in grado di offrire, fornendo così una visione più approfondita dei fenomeni che ne determinano l'impoverimento e il deterioramento.
 
 

Ilaria Falconi 
CREA-PB

 
 

PianetaPSR numero 105 settembre 2021