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Ambiente

Produzione integrata, le potenzialità di sviluppo del regime di produzione Sqnpi secondo gli esperti

Il Mipaaf intende dedicare uno degli eco-schemi a questa modalità produttiva. L'opinione dei tecnici ed esperti intervistati dalla RRN. 

La produzione integrata presente tra le ipotesi di eco-schema [1] recentemente presentate dal Mipaaf "frutto di un percorso costruito attraverso le analisi dei policy brief e swot e una lunga serie di confronti con amministrazioni pubbliche e portatori di interesse" è quella relativa al sistema SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata) disciplinato dalla Legge n. 4 del 3 febbraio 2011. In tale atto la "Produzione Integrata" è definita, come un sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici. Il metodo seguito è finalizzato a garantire una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti. 

Questo eco-schema, così come gli altri, è stato definito tenendo conto di una lista di elementi essenziali per il soddisfacimento delle esigenze individuate e prioritizzate per la costruzione del Piano strategico nazionale, a loro volta organizzate per obiettivi generali e specifici.
Tra gli elementi essenziali nella definizione degli impegni che possono rientrare in un eco-schema vi è la semplificazione della controllabilità senza aggravi amministrativi. 
Infatti, il sistema dei controlli previsto nel regime di produzione SQNPI, in vigore già da diversi anni, è stato costantemente migliorato e consente un controllo informatizzato sia delle fasi amministrative sia di tutto il processo di produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti. 
Il sistema SQNPI quindi garantisce un efficace monitoraggio delle attività agricole e consente una tracciabilità di tutti i passaggi all'interno di una determinata filiera grazie anche all'esperienza maturata negli anni nelle diverse regioni italiane. 

Al riguardo, sette Regioni hanno stabilito per la programmazione 2014-2020 di gestire la propria misura 10.1 di produzione integrata in regime SQNPI e precisamente sono Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Sicilia, Umbria e Marche, mentre tra le altre, il Veneto, non ha attivato la misura 10.1 ma prevede l'adesione al SQNPI tra i criteri di priorità nella selezione dei beneficiari in altre misure del PSR (programma di sviluppo rurale)..
La regolamentazione che supporta l'intero sistema SQNPI come esposto sinteticamente nel paragrafo 4 del rapporto ISMEA-RRN "le potenzialità di sviluppo del regime SQNPI" [2] determina benefici per gli operatori aderenti ma anche criticità proprie di un'organizzazione complessa al cui interno figurano tutti gli attori della filiera agroalimentare.
"L'adesione al Sistema è volontaria ed è aperta a tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la disciplina di produzione integrata e si sottopongono ai relativi controlli. Si configura quindi una valenza pubblicistica del sistema e del segno correlato, bene della collettività, in quanto aperto a tutti i produttori e garantito dalle istituzioni. La funzione sociale è duplice (D. Ferrucci[3]):

- realizzare prodotti di qualità superiore;
- rispettare l'ambiente" 

Tenendo conto di quanto descritto nel rapporto Ismea-RRN citato e nell'articolo di cui sopra, si è proceduto a pianificare una serie di interviste [4] a tecnici agronomi impegnati a seguire le aziende di produzione iscritte al SQNPI o che hanno aderito, tramite la sottomisura 10.1, ai Psr regionali al fine di:

  • indagare fabbisogni informativi, formativi e consulenziali per ampliare l'adesione e ampliare la gamma delle singole operazioni finanziabili nella nuova programmazione; 
  • sondare il livello di conoscenza in materia di condizionalità e di condivisione al rafforzamento delle BCAA all'interno del SQNPI; 
  • favorire lo scambio di buone pratiche con riferimento anche al supporto in ambito fitosanitario che ricevono; 
  • verificare l'autoapprendimento in regime SQNPI e/o consapevolezza delle criticità per giungere a buone pratiche;

Ai tecnici agronomi intervistati fino alla data del 22 ottobre, provenienti dalle regioni Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Abruzzo, Campania, Puglia e Calabria che operano nei settori vitivinicolo, cereali, arboree (escluso olivo) e ortaggi, si sono quindi poste domande su di una serie di prescrizioni previste nelle linee guida nazionali del SQNPI (vedi box), ma anche una riflessione sulle operazioni finanziabili nella nuova programmazione, sulle criticità che limitano la diffusione del sistema di produzione integrata volontaria nonché sulle potenzialità di diffusione, grazie anche a nuovi contributi finanziari pubblici, dell'agricoltura 4.0 e dell'agricoltura di precisione.

 

PRINCIPALI ARGOMENTI SU CUI SONO BASATE LE INTERVISTE AI TECNICI DEL SQNPI

- la difesa fitosanitaria a basso apporto di prodotti chimici attraverso l'adozione di tecniche agronomiche e mezzi alternativi (fisici, meccanici, microbiologici, ecc.)
- la razionalizzazione della distribuzione dei prodotti fitosanitari per limitarne la quantità, lo spreco e le perdite per deriva, ruscellamento e percolazione (norme per la tutela delle acque superficiali e delle fonti di acqua potabile)
- la gestione del terreno ai fini del mantenimento della fertilità del terreno e della biodiversità, ad esempio, la successione tra colture oppure il rispetto di un intervallo di riposo per il terreno, la coltivazione di colture per il sovescio, l'adozione di impianti arborei meno intensivi, l'inerbimento, sfalcio a file alterne, ecc.
- la formazione dei tecnici e delle aziende sui temi citati

Da una prima e parziale disamina dei concetti espressi dai tecnici e per alcuni degli argomenti oggetto delle interviste si evidenzia quanto segue:

Potenzialità del marchio: in misura variabile a seconda del settore (fa eccezione il settore vitivinicolo soprattutto nel Nord Italia, il settore olivicolo in alcune realtà e altre nicchie di prodotto) viene segnalato prevalentemente lo scarso interesse delle aziende nei confronti del marchio sia perché alcune regioni hanno un pre-esistente marchio della produzione integrata sia perché fino ad oggi, non vi è stato a livello istituzionale la possibilità di investire sulla sua diffusione presso gli operatori al dettaglio e al consumo. 

Come prima cosa le aziende sono interessate al valore aggiunto che ne deriverebbe qualora la catena commerciale fosse disposta a riconoscerlo e in mancanza di questo, solo l'obbligo da parte del mercato, soprattutto estero, potrebbe convincerle ad aderire, anche in assenza di una copertura dei costi tramite la sottomisura 3.1. In secondo luogo, genera difficoltà l'oggetto del concept da trasmettere; ci si chiede in che misura sia spendibile a livello nazionale il marchio SQNPI, proprio per le sfaccettature che presenta nelle varie realtà e settori produttivi.
Sul sistema sicuramente incide negativamente il fatto che preveda esplicitamente la possibilità di controllare alcune avversità delle colture mediante il ricorso a prodotti fitosanitari, dal momento che nell'immaginario collettivo si è consolidato un modello di agricoltura "bucolica" senza input chimici. Tuttavia i grandi sforzi che si stanno facendo a livello mondiale e europeo per affermare un modello "di agricoltura sostenibile"  agevoleranno la comprensione di un sistema produttivo che rivolge l'attenzione all'ideale equilibrio tra finalità volte ad assicurare: approvvigionamento alimentare, rispetto dell'ambiente e contenimento dei cambiamenti climatici.

Altre osservazioni riguardano l'evoluzione delle aziende iscritte: si ritiene di aver già oltrepassato il picco di adesioni avuto qualche anno fa in quanto il SQNPI rappresentava una novità e così anche i disciplinari erano una traccia da seguire non solo per chi aderiva, ma per tutto il mondo agricolo, ora però questo fenomeno va scemando. .
Pertanto tra le varie azioni da mettere in campo per rivitalizzare l'interesse verso il sistema, bisognerebbe attivare una campagna di promozione e diffusione del marchio sia presso gli operatori professionali della distribuzione sia presso i consumatori. Inoltre si dovrebbe intervenire, anche attraverso il PAN (Piano d'azione per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) con disposizioni che inducano le regioni ad incentivare l'adozione della produzione integrata volontaria, in maniera da convertire, anche con il ricorso all'assistenza tecnica e alla consulenza, quote significative di produttori che ancora si affidano ad una difesa integrata di livello obbligatorio.

Formazione: su questo argomento si è riscontrato un alto interesse su diversi aspetti da approfondire in seguito. In generale sono tutti concordi che vada fatto un maggiore sforzo di aggiornamento a livello di disciplinari regionali "cablato su aspetti specifici". Piuttosto rilevante il problema della formazione dei tecnici e dei requisiti che dovrebbero avere per centrare l'obiettivo dell'efficientamento produttivo anziché il volume produttivo delle singole aziende. Vanno inseriti criteri di selezione più rigorosi per autorizzare la professione, vanno esclusi coloro che hanno altri interessi, tipo chi ha rapporti con aziende agrochimiche, ma anche chi ha un profilo più amministrativo, chi gestisce il fascicolo aziendale e non entra frequentemente in campo a fianco delle aziende. Si dovrebbe richiedere un monitoraggio documentato del lavoro svolto, con invio via web dei risultati ottenuti in un determinato areale sia per assistenza fitoiatrica sia agronomica delle piante, oppure tramite incontri semestrali regionali, di cui la regia può essere regionale o nazionale.

Dal punto di visto delle aziende i corsi di formazione, uno all'inizio e un altro tra il 3° o il 4° anno di adesione al SQNPI, a seconda della regione, sono percepiti come obbligo e non c'è molto interesse, anche se dipende molto dal metodo di insegnamento dei formatori i quali, li ritengono non sufficienti. Andrebbero previste visite presso aziende virtuose con testimonianze dirette su specifici aspetti. Bisognerebbe bandire i trattamenti svolti per consuetudine colturale "le aziende seguono lo storico, per i cereali si fanno a maggio e continuano così perché "il trattamento a maggio è mettere il raccolto in cassaforte non importa se spendono i soldi per il trattamento". Per convincere gli agricoltori a cambiare mentalità, bisogna abituarli al monitoraggio e a partecipare ad esperienze in campo dimostrative per invertire la rotta.

Le tematiche più citate ai fini della formazione, tramite la consulenza, differiscono da regione a regione in base soprattutto al tipo di commercializzazione del prodotto e all'appartenenza o meno a strutture associative. Si è più volte descritta la necessità di dare maggiore diffusione a pratiche agronomiche che consentano di mantenere la pianta in condizioni "di salute" ottimali e di resistenza quindi alle malattie. In una zona del centro-Italia si è detto che a distanza di anni c'è bisogno ancora di efficientare tutte le pratiche agronomiche basilari per mettere la piante nelle migliore condizione di produrre. Un forte aiuto nei prossimi anni dovrebbe arrivare, al fine di ridurre l'uso di fitofarmaci, dal nuovo materiale genetico a disposizione.
L'uso di mezzi biotecnici, tra cui i microrganismi antagonisti che si utilizzano da qualche anno, non in tutte le regioni sono di largo utilizzo, ma ci sono tecnici preparati che riescono a convincere le aziende ad adottarli in ambito fungino inserendoli in una strategia articolata i cui effetti positivi si possono avere anche su patologie comuni come l'oidio e la botrite.

Una tematica che sembra essersi sviluppata in maniera più uniforme tra le regioni è l'obbligo di taratura delle macchine; tutti i tecnici intervistati mostrano un ottimismo sulla sensibilità delle aziende di provvedere, tramite i centri di assistenza, a effettuare più spesso rispetto a quanto previsto nel PAN, la taratura e il controllo tecnico periodico delle attrezzature e la regolazione strumentale. Tuttavia se si passa alla più banale richiesta di dove e come effettuano il lavaggio delle macchine e delle attrezzature le differenze emergono in maniera significativa non solo in base al modello organizzativo offerto a livello regionale, ma anche in base alle dimensioni delle aziende.
Tornando all'obbligo di taratura emerge che anche gli agricoltori più scettici, dopo la frequentazione di centri servizi più evoluti, riescono ad avvertire i miglioramenti riscontrabili dopo il servizio. Tuttavia molto più spesso quando ci sono degli insuccessi nei trattamenti fitoiatrici o di nutrizione delle piante, l'agricoltore lo attribuisce al prodotto utilizzato quando invece potrebbe dipendere anche da altre condizioni, tra cui la macchina che dovrebbe sempre lavorare in maniera ottimale. Anche sui corsi per i patentini, tra le materie previste, una quota importante di ore dovrebbe riguardare la taratura delle macchine con esempi pratici delle conseguenze di un cattivo funzionamento. 

Altri argomenti ampiamente dibattuti sono stati: i sistemi di monitoraggio della gestione fitosanitaria e agronomica delle colture per il supporto alle decisioni e la gestione del terreno sulla base di quanto previsto nelle linee guida generali del SQNPI e negli impegni remunerati a livello di PSR.
Riguardo ai sistemi di monitoraggio si è riflettuto sulle modalità di abbinamento al contributo SQNPI, erogato tramite misure ACA o eco-schema, ad un investimento in agricoltura 4.0 e agricoltura di precisione. 
Tutte le informazioni che si stanno raccogliendo verranno messe a disposizione sul sito della RRN, nella sezione produzione integrata, nei prossimi mesi.

 
 

Note

 
 

Paola Lauricella
RRN-Ismea Scheda 5.1 Ambiente e paesaggio

 
 

PianetaPSR numero 106 ottobre 2021