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donna che pota una pianta di vite in un vitigno
Gender equality

La nuova politica di sviluppo rurale deve essere un'opportunità anche di genere

I principi di parità previsti in fase programmatica hanno faticato a tradursi in strumenti operativi e risultati. Un'esperienza di cui fare tesoro nella definizione del Piano strategico nazionale.

Uno sguardo alle fasi di programmazione della politica di sviluppo rurale che si sono susseguite finora nel nostro Paese evidenzia come la componente femminile del sistema agricolo e rurale non sia mai stata considerata una priorità.
Diversi studi condotti sul tema (Tarangioli e Zumpano 2006, Del Prete e Zumpano 2014, RRN/ISMEA 2018) hanno rilevato la persistenza di una costante discrasia fra le enunciazioni di principi di parità nella fase programmatica (d'altro canto, d'obbligo per ottenere l'approvazione dei Programmi da parte della Commissione Europea) e la mancata traduzione degli stessi in strumenti operativi e di risultato. Di fatto, si possono contare su un palmo della mano le azioni positive messe finora in campo dalle Autorità di Gestione (AdG) dei 21 Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) per accompagnare e consolidare il peso e il ruolo delle donne nel sistema agricolo e nei territori rurali; anzi, uno sguardo longitudinale delle differenti fasi di programmazione registra un costante e progressivo allentamento della tensione su questo tema, nonostante siano aumentati, a livello di proposte regolamentari, gli strumenti ai quali attingere per adottare un approccio di genere nei PSR.
Sono diversi i fattori che alimentano tale deficit di attenzione, e che portano ad una sottovalutazione della forza propulsiva che le donne, se sostenute, potrebbero incidere alla crescita economica, sostenibile e inclusiva dell'agricoltura e dei suoi contesti territoriali di riferimento.

Il gender equality in Italia

In primo luogo, va richiamato il fatto che l'Italia, nel suo complesso, non primeggia fra le nazioni per la sua proverbiale attenzione verso le pari opportunità. È indiscutibile che, da un punto di vista normativo, negli ultimi 30 anni, il Paese - grazie anche alla mobilitazione delle associazioni femminili - abbia fatto grandi progressi per il miglioramento della condizione delle proprie cittadine. È anche corretto rilevare che le donne godono degli stessi diritti degli uomini: si pensi - per citare alcuni ambiti - alla parità nell'accesso al lavoro e nell'avanzamento di carriera. Tuttavia, anche su questo fronte, non si registra ancora una totale corrispondenza o uniformità tra il dettato normativo (knowledge) e la fase attuativa (implementation). A riprova di ciò, i dati declinati a livello mondiale nel 2020 dal Word economic forum sul Global Gender Gap, collocano l'Italia al 76° posto, guadagnando solo due punti in più nell'arco dell'ultimo decennio (74° posizione nel 2010). Non va meglio a livello europeo: in materia di uguaglianza di genere, l'Italia, secondo i dati riportati nell'ultimo Rapporto sull'indice sull'uguaglianza di genere per il 2021 dell'European Institut for Gender Equality (EIGE), pubblicato nel marzo 2021, occupa la 14° posizione, con 4,2 punti in meno rispetto alla media Europea. Su questo fronte, una nota confortante è data dal fatto che lo scorso agosto è stata adottata dal Governo, e per la prima volta, La strategia nazionale per la parità di genere (2021-2026), la quale se ben applicata, "potrebbe segnare finalmente l'uscita dalle vaghe enunciazioni di principio e l'assunzione da parte del governo di un impegno preciso, quantificato e verificabile." (In genere, 2021). 

Da evidenziare come molti dei progressi realizzati dal nostro Paese nel campo delle pari opportunità sono anche il risultato - a cascata - di azioni adottate dall'Unione Europea (UE), concentrate, inizialmente, sull'adozione di direttive specifiche, orientate a promuovere e garantire i diritti delle donne nella sfera pubblica e privata, per poi accompagnarle anche con piani, azioni e interventi dedicati, con relativi stanziamenti finanziari.

Il gender equality nella politica di sviluppo rurale

La crescente presa di posizione dell'UE sul principio del gender equality ha spinto la Commissione Agricoltura a richiamare lo stesso nella regolamentazione delle sue politiche, interpretandolo come strumento per assolvere ad uno dei principi fondamentali dell'Unione. Ci riferiamo, nello specifico, alle regolamentazioni che stanno alla base del II pilastro della Politica Agricola Comune (PAC) dedicato allo sviluppo rurale e finalizzata a ridurre gli squilibri e le disparità di sviluppo delle aree rurali europee. Il tema delle pari opportunità è, così, introdotto nei regolamenti comunitari attuativi dello sviluppo rurale sin dagli esordi di questa politica. Concentrando l'attenzione sulle due ultime programmazioni registriamo che, nella fase 2007-2013, esso è richiamato nell'art. 8 del Reg. (CE) 1968 del 2005, demandando agli Stati Membri la responsabilità della sua applicazione. Nel caso italiano, detto principio fu recepito nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale (PSN), dove oltre a ribadire la necessità di adottare il mainstreaming di genere a livello trasversale, si avanzarono delle proposte operative, quali l'inserimento di meccanismi premiali (criteri e punteggi) nell'accesso delle donne alle diverse misure, e/o la creazione di interventi ad hoc, quali i "Pacchetti donne". In quest'ultimo caso, si trattava di pacchetti integrati di misure a cui le donne potevano accedere - attraverso un'unica domanda d'intervento per la realizzazione di interventi multipli (Mipaaf, 2010), i quali però, non hanno trovato applicazione a livello di PSR. Relativamente ai meccanismi premiali, in alcuni PSR (ad esempio quello pugliese) e per determinate misure, sono stati inseriti, nella batteria dei criteri di selezione punteggi a favore delle progettualità presentate dalle donne o da compagini sociali (associazioni, cooperative, ecc.) in cui era garantita una presenza al femminile, ma si tratta di azioni isolate. (Del Prete e Zumpano, 2014) 

Nell'attuale fase di programmazione (2014-2020), la Commissione Europea si è spinta oltre il semplice richiamo del principio di genere, invitando gli Stati Membri a prendere in considerazione la possibilità di attivare nei loro PSR sottoprogrammi dedicati (art.7 del Reg. (UE) N. 1305/2013), prevedendo, fra i potenziali temi da sviluppare, quello dedicato a "Donne nelle aree rurali". Ciò avrebbe permesso di concentrare le azioni di genere in un unico contenitore, dove far confluire misure e interventi specifici, risorse finanziarie dedicate. L'opportunità di sviluppare sottoprogrammi tematici non fu, però, ripresa e rilanciata, a livello nazionale, nell'Accordo di Partenariato 2014-2020, e così, pur avendone facoltà, non se ne trova traccia nei 21 PSR italiani in corso ma, non solo, nonostante le indicazioni di intenti formulate a monte, alcuna Focus Area è stata attenzionata sulle donne, così come, in nessuna misura è stata richiamata la volontà di impattare sull'occupazione femminile in agricoltura e nelle aree rurali. In sintesi, "Si è, di fatto, abdicato alla possibilità di riconoscere l'imprenditoria femminile e, più in generale, l'occupazione femminile in agricoltura e nelle aree rurali quali temi programmatici strategici attorno ai quali disegnare percorsi di sostegno organico entro i PSR.". E, pur evidenziando la legittimità della scelta, essa, "però, fornisce la cifra di quello che è il rilievo che le varie programmazioni regionali destinano al tema in questione." (RRN/ISMEA, 2018)

Le buone intenzioni espresse, nel corso delle differenti fasi di programmazione, dalla Commissione Europea a sostegno della promozione delle pari opportunità, sono rimaste quindi tali, con scarsa capacità incisiva in fase di approvazione e attuazione dei Programmi. In questo ha anche influito il mancato inserimento di indicatori di genere volti a misurare gli effetti degli interventi in materia di occupazione femminile e di uguaglianza di genere nelle aree rurali (Zumpano, Annuario 2016). Gli stessi orientamenti - europei e nazionali - sulle attività di valutazione dei PSR non hanno soffermato sufficientemente la loro attenzione sull'impatto dei PSR sul gender equality. Di riflesso, nessuna realtà regionale ha chiesto ai propri valutatori di inserire nei tematismi da approfondire l'impatto di genere degli interventi cofinanziati. Fa eccezione l'Autorità di Gestione del PSR Umbria la quale, per la fase in corso, ha chiesto al proprio valutatore un approfondimento tematico su Pari opportunità e imprenditoria agricola femminile nel PSR Umbria 2014/2020.

Il gender equality nella governance della politica di sviluppo rurale

Alla disattenzione verso il principio di pari opportunità nei PSR si affianca anche una bassa rappresentatività femminile lungo la filiera istituzionale che caratterizza la governance della politica di sviluppo rurale: poche donne in termini di rappresentanza politica, rarissime nella copertura di ruoli apicali delle istituzioni (ministero, regioni), poco significativa nei partenariati socioeconomici dei Programmi. Ad esempio, attualmente, su 21 assessori regionali all'agricoltura, soltanto quattro sono donne (Trento, Toscana, Lazio e Sardegna) e, a cascata, sono soltanto due quelle che ricoprono la funzione di direzione dei dipartimenti regionali agricoltura (Campania e Abruzzo) e quattro la funzione di Autorità di Gestione (AdG Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia).
Non conforta l'analisi della componente partenariale dei Comitati di Sorveglianza dei PSR. Detto organismo, come è noto, ha la funzione di contribuire all'individuazione degli indirizzi strategici dei Programmi, nonché ad accertare le prestazioni e l'effettivo stato di attuazione degli stessi, fornendo pareri (di natura esecutiva o consultiva) su diversi aspetti che possono incidere - direttamente o indirettamente - anche sulla partecipazione delle donne alle opportunità offerte: ad esempio, i criteri di selezione adottati per la selezione delle operazioni e i tematismi da proporre per le attività di valutazione. Per la fase 2014-2020, uno sguardo alla loro composizione (che, come è noto, raggruppa i principali stakeholder che operano negli ambiti di intervento dei PSR), evidenzia come gli interessi del mondo femminile in agricoltura e nei territori rurali siano rappresentati soltanto dal Comitato/Autorità regionale per le pari opportunità. È totalmente assente la voce del mondo associativo al femminile, in agricoltura in primis, ad eccezione della sola regione Calabria, la quale ha previsto, nella composizione del proprio CdS, la rappresentanza di ciascuna delle associazioni femminili delle quattro organizzazioni del settore agricolo (Donne in campo, Donne Impresa, Donne Agricoltura, Copagri Donne). 
Certo, la presenza di genere in questi organi non è sinonimo di garanzia di maggiore attenzione all'approccio di genere, ma, dal nostro punto di vista, rimanda una fotografia di come nel nostro Paese ci siano ancora enormi passi da compiere in tema di parità di opportunità per le donne sia sul piano della presenza nelle istituzioni che nelle linee strategiche che le stesse sono chiamate a disegnare al fine di mettere in campo azioni e strumenti.

L'approccio di genere nella nuova PAC: cosa si muove all'orizzonte

Pur non essendo ancora approvato, il nuovo regolamento di funzionamento della nuova PAC, nelle varie versioni provvisorie che si sono succedute finora, richiama il principio di parità di genere nei suoi "considerando" (ad esempio, al punto 9a della proposta di regolamento St11004/21 ADD 1 REV 2 del 23 luglio 2021). Nello specifico, gli Stati Membri sono invitati a porre particolare impegno alla promozione della partecipazione delle donne allo sviluppo socioeconomico delle zone rurali, con particolare attenzione all'agricoltura, sostenendo il ruolo chiave che le stesse svolgono. A tal fine, andrebbero rilevati i fabbisogni delle donne e far confluire gli stessi nelle sfide poste alla base dei nuovi piani strategici della PAC. 

Relativamente agli obiettivi da perseguire, il gender quality è richiamato all'interno dell'articolo 6 dedicato agli obiettivi specifici (proposta di regolamento St11004/21 ADD 1 REV 2 del 23 luglio 2021)  ed in particolare, in riferimento all'obiettivo h) (codificato come SO 8), obiettivo finalizzato a "promuovere l'occupazione, la crescita, la parità di genere, compresa la partecipazione delle donne all'agricoltura, l'inclusione sociale e lo sviluppo locale nelle zone rurali, comprese la bioeconomia circolare e la silvicoltura sostenibile". 

Esso è anche richiamato negli indicatori di impatto e di risultato, in riferimento, questa volta, a due obiettivi specifici: l'SO 8, di cui sopra e l'OS 7 finalizzato a "Attirare e sostenere i giovani agricoltori e altri nuovi agricoltori e facilitare lo sviluppo commerciale sostenibile nelle zone rurali". Nello specifico, per l'OS 7, si richiede che l'indicatore di impatto e quello di risultato adottato utilizzino dati ripartiti per sesso. Nel caso dell'OS 8, la ripartizione dei dati per sesso è richiesta per l'indicatore di impatto volto a misurare l'evoluzione del tasso di occupazione nelle aree rurali.

L'elaborazione del Piano Strategico della nuova PAC è accompagnata, nel nostro Paese, da un insieme di attività volte a fornire gli elementi base per la sua formulazione. A tal fine, sono stati prodotti una serie di documenti consultabili sul sito della Rete Rurale Nazionale. La lettura di detti Documenti ci aiuta a fare un primo punto sull'inclusione del tema della parità di genere nel futuro Piano Strategico. Da sottolineare che le attività sono ancora in corso e quindi suscettibili di modifiche e integrazioni.

In primo luogo, come è noto, la definizione dei fabbisogni richiede un'analisi SWOT dei principali punti di forza e di debolezza, di opportunità e di minaccia dell'ambito di intervento. A tal fine, sono prodotti dei Policy Brief (analisi di contesto), i cui risultati sono stati sintetizzati in nove schede SWOT che richiamano i nove obiettivi specifici della PAC. Un'analisi trasversale dei documenti evidenzia un breve cenno alla condizione delle donne in agricoltura e nelle aree rurali soltanto nei Policy Brief 7 e 8, mentre non compare nelle Schede SWOT. 

La mancanza di un focus sul tema si rileva anche nel documento "Verso la strategia nazionale per un sistema agricolo, alimentare forestale sostenibile e inclusivo", all'interno del quale il riferimento alle donne compare una sola volta, affiancato a quello delle giovani generazioni. Nello specifico, è presente al punto 1.1. del paragrafo 1. "Potenziare la competitività del settore (agricolo) in ottica sostenibile", dedicato alla volontà di creare nuove opportunità imprenditoriali.

La scarna presa in carico del gender equality emerge anche dal documento "La prioritizzazione delle esigenze nel piano strategico nazionale PAC 2023-2027" che riporta i risultati del confronto fra Mipaaf, Rete Rurale Nazionale, Regioni e Province Autonome, Partenariato su, appunto, le principali esigenze da soddisfare nel nuovo Piano Strategico Nazionale. Nelle tabelle che sintetizzano le esigenze rilevate per i tre obiettivi generali della nuova PAC, il riferimento alle donne è richiamato nell'obiettivo trasversale AKIS, finalizzato a migliorare l'offerta informativa e formativa a favore di coloro che operano nelle aree rurali, "con un'attenzione specifica ai giovani neo-insediati e alle donne" e, nell'obiettivo generale 3 "Rafforzare il tessuto socioeconomico delle aree rurali ". Relativamente a quest'ultimo, il riferimento alle donne è richiamato nel sotto-obiettivo 3.3., finalizzato a creare e sostenere l'occupazione e l'inclusione sociale nelle aree rurali favorendo la diversificazione, la multifunzionalità e l'agricoltura sociale, "con particolare attenzione al ruolo di giovani e donne". Scelta quest'ultima apprezzabile ma, che se resta unica, rischia di confinare il ruolo delle donne alle attività collaterali delle aziende agricole. Se da un lato, non si può non riconoscere il ruolo strategico che tale ruolo ha rappresentato per conferire alle donne maggiore visibilità e guadagnare posizione, dall'altro, non può rappresentare il percorso unico dell'imprenditoria femminile in agricoltura. Il concetto di una multifunzionalità e diversificazione aziendale finalizzata a valorizzare le attività "riconducibili all'essere donna" (accoglienza, cura, abilità culinarie e di trasformazione dei prodotti, etc.) andrebbe superato, lasciando posto ad un'interpretazione che le ponga come carattere distintivo di un'agricoltura moderna e innovativa (green deal, farm to fork), in cui le donne hanno il diritto di essere fra i protagonisti.

Probabilmente detta disattenzione è causa anche della scarsa rappresentatività che la voce delle donne trova nella composizione del Tavolo di partenariato istituito presso il Mipaaf per il futuro Piano Strategico nazionale (PAC 2023-2027): su 182 soggetti chiamati a farne parte, la rappresentanza di genere è demandata al solo Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio. Sono assenti le associazioni agricole al femminile, le quali, su questo versante, mostrano un basso potere contrattuale, vedendosi così costrette a traslare - nella migliore delle ipotesi - le loro posizioni attraverso le organizzazioni di categoria di appartenenza.

Riflessioni conclusive

La nuova PAC andrà ad operare, si spera, in una fase post pandemica che, come è noto, sta incidendo negativamente su tutti i fronti. La sua persistenza ha annullato anni di progresso verso il raggiungimento della parità, sia sul fronte della sfera pubblica che privata. Se però si vogliono innescare processi di crescita dinamici, sostenibili è necessario che le donne siano rappresentate nelle scelte strategiche che si andranno ad adottare. In questa ottica si stanno muovendo programmi quali il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), i Programmi Operativi Regionali (POR), sui quali le principali associazioni al femminile, per consuetudine, esercitano una funzione più incisiva. Sul fronte delle politiche agricole il tema della parità non riesce a trovare una collocazione adeguata. L'analisi dei documenti preparatori all'elaborazione del nuovo PSNR ha evidenziato come esso rischi, ancora una volta, di essere sottovalutato. Se però vogliamo evitare che ciò accada, è necessario incorporare, sin da adesso, la parità di genere, richiamando e declinando la stessa nel Piano Strategico Nazionale e in tutte le schede di intervento; formulando obiettivi precisi e misurabili; mobilitando risorse dedicate e, dando voce, negli organismi di governance, alle associazioni che le rappresentano. Ne va del futuro della nostra agricoltura e dei territori rurali.

 
 

Bibliografia

  • 1. Del Prete A., Zumpano C., "Percorsi alternativi di sviluppo rurale: politiche rurali e multifunzionalità al femminile", in Atti del Convegno ISTAT su "Donne e agricoltura: un connubio di qualità", aprile 2014.
  • 2. Mipaaf, Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale, giugno 2010.
  • 3. RRN/ISMEA, "La partecipazione femminile nella politica di sviluppo rurale", Documento, Rete Rurale Nazionale/ISMEA, luglio 2018.
  • 4. Tarangioli S., Zumpano C., "Le politiche di sviluppo rurale e l'imprenditoria femminile in agricoltura: l'esperienza della programmazione 2000-2006 delle Regioni dell'Obiettivo 1", in Atti del Convegno ISTAT su "Donne della terra: i loro "numeri" per e nell'agricoltura al femminile", marzo 2006.
  • 5. AA.VV., "Strategia nazionale di genere, un'analisi punto per punto", In Genere, numero del 27/09/2021. 
  • 6. Zumpano C., Le donne nel sistema agricolo italiano, in Annuario dell'Agricoltura Italiana 2015, Vol. LXIX Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, Roma, 2017.
 
 

Di Catia Zumpano
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PianetaPSR numero 107 novembre 2021