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Sostenibilità

Le strategie della UE e le implicazioni per il settore agricoltura e il sistema alimentare

Una panoramica degli scenari ed un'analisi degli studi di valutazione.

Lo scorso 20 maggio la Commissione Europea ha pubblicato la "Strategia dal produttore al consumatore", cd. Farm to Fork (F2F), unitamente alla "Strategia sulla Biodiversità per il 2030" come parti integranti e tasselli fondamentali della proposta legislativa "Green New Deal" con l'obiettivo di affrontare la crisi climatica e di attuare la transizione verso modelli sostenibili e climaticamente neutri entro il 2050.

Farm to Fork

La Strategia Farm to Fork rappresenta un piano a lungo termine, globale, sistemico, ambizioso ed in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Millennium Development Goals).  
Nel merito, Farm to Fork (F2F) segue il piano d'azione dell'Agenda 2030 nelle sue tre P: "People, Planet e Prosperity" ambendo così a favorire sistemi alimentari che siano equi, sani e rispettosi dell'ambiente attraverso 27 azioni ambiziose. La transizione verso sistemi alimentari sostenibili ed inclusivi potrà avvenire solamente attraverso la rimodellazione e la rimodulazione dell'intera filiera produttiva, proprio dal produttore al consumatore.

Le due Strategie comunitarie hanno in comune i seguenti target da raggiungere entro il 2030: la riduzione del 50% dei pesticidi e dei rischi correlati; la riduzione di almeno il 20% dell'impiego dei fertilizzanti; adibire ad agricoltura biologica un quarto dei terreni agricoli; la sostituzione dei fertilizzanti chimici con quelli organici derivanti dai residui vegetali e agricoli; la riduzione del 50% degli antimicrobici in agricoltura e in acquacoltura. Inoltre la Strategia F2F stabilisce di diminuire di almeno il 50% le perdite dei nutrienti, assicurandosi che non vi sia deterioramento della fertilità del suolo; di ridurre del 50% l'impiego dei pesticidi più pericolosi e di diminuire gli sprechi alimentari derivanti dai consumatori e dal settore retail del 50%.

La Strategia F2F prevede, in particolare, interventi volti a consentire, in tutte le zone rurali, l'accesso ad internet veloce a banda larga entro il 2025 al fine di garantire l'innovazione digitale, la promozione e la diffusione dell'intelligenza artificiale e dell'agricoltura di precisione. Un elemento chiave è quello relativo alle pratiche di vendita e di marketing dei produttori e venditori al dettaglio di alimenti. Altro aspetto chiave, associato alle vendite ed alla qualità dei prodotti, riguarda l'etichettatura e la certificazione. A tal proposito la Commissione, nell'ambito del proprio impegno di adeguare le normative per migliorare il benessere degli animali, valuterà le opzioni in grado di indicare tale benessere sulle etichette al fine di trasmettere il valore lungo la catena alimentare. 

La nuova programmazione della politica agricola comune (PAC), la politica comune della pesca (PCP) e gli strumenti già esistenti, quali il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il settore legato alla ricerca e all'innovazione (R&I), potranno ricoprire un ruolo fondamentale per attuare gli obiettivi sopramenzionati e per sostenere la transizione verso sistemi alimentari sostenibili, garantendo al tempo stesso condizioni di vita dignitose per gli agricoltori, i pescatori e le loro famiglie. 

Tuttavia il cambiamento richiesto dall'Unione Europea proietta gli agricoltori verso un periodo di transizione molto delicato in cui si potrebbero verificare perdite di redditività, drammaticamente accentuabili dalla crisi climatica. I nuovi parassiti delle colture, ad esempio, rappresentano una minaccia indotta dal cambiamento climatico che sarà affrontata, inevitabilmente, con maggiore rischio nel quadro della riduzione complessiva dei prodotti fitosanitari richiesto dall'UE.
Va evidenziato che, attualmente, non si conoscono le implicazioni per il settore agricolo ed il sistema alimentare dell'Unione Europea derivanti dall'attuazione dei target ambiziosi previsti dalle Strategie. Al riguardo sono stati elaborati e sviluppati vari studi al fine di valutare le conseguenze derivanti dai progetti finalizzati alla sostenibilità ambientale e dall'attuazione delle misure previste nelle Strategie per l'agricoltura nei 27 Paesi.

LO STUDIO CONDOTTO DAL CENTRO COMUNE DI RICERCA DELL'UNIONE EUROPEA (JRC)

Il rapporto tecnico-scientifico redatto dal Centro Comune di Ricerca dell'Unione Europea (JRC) rappresenta il primo documento in grado di valutare gli effetti sull'agricoltura europea, in termini di produzioni agricole, tutela ambientale, redditi dei produttori ed importazioni, derivanti dalla messa in campo delle Strategie. 
Le valutazioni di scenario illustrate nel rapporto si basano sui dati ricavati dal modello CAPRI, strumento impiegato nelle analisi ex ante degli impatti delle politiche agricole e ambientali.
Nello studio condotto dal JRC, il modello CAPRI viene utilizzato per misurare e valutare gli effetti sull'agricoltura dell'UE derivanti dall'attuazione di quattro obiettivi previsti dalle Strategie e dall'ipotesi di concretizzazione delle proposte di riforma della PAC. 
Nel dettaglio l'analisi considera la riduzione dell'impiego dei prodotti fitosanitari, la diminuzione della perdita dei nutrienti, l'adibire un quarto della superficie agricola alle produzioni biologiche e l'incremento della superficie dedicata ad ambienti ad elevata biodiversità. 
Gli impatti sono stati modellizzati considerando i tre scenari, di seguito riportati.
Il primo scenario prevede l'applicazione della Strategia F2F e Biodiversità senza prevedere alcuna modifica per la Politica Agricola Comune, ovvero alle condizioni previste per il periodo 2014-2020. Nel secondo scenario si valuta l'adeguamento della PAC agli obiettivi previsti dalle Strategie UE senza la disponibilità dei finanziamenti UE della Next Generation, mentre nel terzo scenario si prevede la revisione della PAC ed il supporto dei finanziamenti UE. Il modello adottato considera, principalmente, gli aspetti legati all'offerta ma non tiene in considerazione i possibili futuri cambiamenti da parte dei consumatori. 

Il rapporto evidenza gli impatti potenziali della futura PAC con riferimento ad una serie di indicatori di effetto a livello ambientale, produttivo, dei redditi, dei prezzi e del commercio.
Per l'analisi dei risultati produttivi dell'agricoltura biologica viene considerata l'ipotesi alla base della PAC e della BDS secondo cui la coltivazione biologica interesserà il 25% della superficie agricola europea. Gli effetti produttivi di tale prospettiva sono ricavati dal dataset europeo FADN (Tab. 1).

Per il settore dell'agricoltura biologica occorre sottolineare che il confronto con l'agricoltura convenzionale, attraverso l'utilizzo dei dati RICA evidenzia come questa sia considerata meno sostenibile di quella convenzional e in quanto, a seconda della tipologia colturale, richiede una disponibilità di superficie agricola maggiore dal 20 al 40% per produrre la stessa quantità di prodotto finale. Per soddisfare la domanda globale di prodotti agricoli, l'estensione delle produzioni biologiche a livello globale comporterebbe, di conseguenza, importanti incrementi di emissioni dovuti al dissodamento di nuove terre in altri Paesi (Burney et al., 2010). Inoltre, le emissioni per unità di prodotto connesse al processo produttivo biologico sono superiori rispetto a quelle dell'agricoltura convenzionale, come evidenziato da Searchinger et al. (2018), per il frumento (+75% di CO2 equivalente emessa per unità di prodotto biologico rispetto al convenzionale) e, da Bacenetti et al. (2016), per il pisello (+56%) o per il riso (+335%, secondo calcoli riferiti al kg di riso lavorato). 

Lo studio evidenzia la riduzione della pressione ambientale derivante dalle emissioni di inquinanti e gas serra. Tuttavia, si rappresenta che, a livello globale, tali riduzioni delle emissioni sarebbero compensate dalle maggiori emissioni in altre aree del mondo a causa della delocalizzazione delle produzioni agricole di cui l'Europa non sarebbe più in grado di auto approvvigionarsi. Tutto ciò presenta delle analogie con quanto accaduto in passato nel settore industriale europeo (industria chimica, siderurgica, ecc.) a seguito della delocalizzazione al di fuori dell'area UE di moltissimi impianti, ed in quello energetico.
Va sottolineato, inoltre, che nello studio è stato considerato il valore di riduzione delle emissioni di gas serra senza valutare il contributo derivante dal minore assorbimento fotosintetico connesso al calo delle produzioni agricole. In particolare, con riferimento ai soli cereali, il calo produttivo (del 15%, pari a circa 45 milioni di tonnellate) (Worldbank) si tradurrebbe in una diminuzione dell'assorbimento fotosintetico totale pari a 222 milioni di tonnellate di anidride carbonica, di cui il 50% è stoccato nella granella. La riduzione del 20,3% delle emissioni di gas serra espressi come CO2 equivalenti (Tabella n. 2) rispetto alle emissioni totali del settore agricolo, pari a 426 milioni di tonnellate, corrisponde a 89 milioni di tonnellate di CO2. Pertanto, il calo della produzione agricola indotto dalle Strategie comunitarie determinerebbe una riduzione dell'assorbimento di CO2 da parte delle colture superiore alla riduzione delle emissioni generate dal settore.

LO STUDIO SVILUPPATO DALLA WAGENINGEN UNIVERSITY & RESEARCH (WUR)

L'associazione CropLife Europe, congiuntamente con CropLife International, ha commissionato alla Wageningen Economic Research uno studio al fine di valutare i potenziali impatti per il settore derivanti dall'attuazione di cinque obiettivi chiave illustrati nelle Strategie UE Farm to fork e Biodiversità. Lo studio analizza le implicazioni per le colture annuali (quali frumento, colza, mais, barbabietola da zucchero e pomodori) e per quelle perenni (i.e. mele, olivo, uva, agrumi e luppoli). Nel dettaglio nello studio si delineano quattro scenari connessi agli obiettivi delle Strategie.
Nel primo scenario si ipotizza una riduzione del 50% dell'impiego complessivo di pesticidi e del 50% dell'uso dei pesticidi più pericolosi, mentre nel secondo si assume una riduzione del 50% delle perdite di nutrienti e del 20% nell'uso di fertilizzanti. Il penultimo scenario prevede almeno un quarto della superficie agricola coltivata a produzione biologica. Nell'ultimo, invece, si ipotizzano gli obiettivi illustrati nei primi due scenari abbinati a quello inerente alla presenza di almeno il 10% dei terreni agricoli aventi caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità. In questo scenario non si analizza l'effetto prodotto dall'incremento del 25% della superficie agricola adibita a produzione biologica.

Nello studio si valuta il potenziale degli effetti derivanti dall'attuazione di ciascuno degli scenari a livello di azienda agricola. Sono stati presi in considerazione 7 Paesi, selezionate 10 colture e individuati 25 casi studio costituiti dalle combinazioni tra il paese e le coltivazioni. Ciascun caso studio è stato valutato da esperti locali attraverso la compilazione di un questionario. La caratteristica fondamentale di tale studio è rappresentata dalla raccolta di dati a livello di azienda agricola che ha permesso agli esperti di valutare in modo dettagliato le risposte degli agricoltori.
 
Gli obiettivi inerenti alla riduzione del 50% dell'impiego dei pesticidi e delle perdite dei nutrienti possono influenzare in maniera significativa i livelli di resa. Le perdite di rendimento stimate variano fino al 30% per il primo scenario e dal 2% al 25% per il secondo.
Si evidenzia come gli effetti siano maggiori per le colture perenni (uva, mele, olive e agrumi) rispetto a quelle annuali (semi oleosi, colza, frumento, mais e barbabietola da zucchero). Gli effetti sulle colture perenni dipendono dalla minore disponibilità di misure ed azioni in grado di diminuire le conseguenze derivanti dell'attuazione degli obiettivi di riduzione dell'impiego di pesticidi.
L'obiettivo di adibire il 25% della superficie agricola coltivata a produzione biologica si tradurrebbe in un decremento della produzione inferiore al 10% e, conseguentemente, in un incremento dei prezzi di poco inferiore al 13%. L'agricoltura biologica, inoltre, permetterebbe di ridurre gli impatti derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari e le perdite di nutrienti. Dall'analisi dei dati si evince che tale considerazione è sicuramente valida per le colture annuali ma non per quelle perenni.
L'attuazione degli obiettivi previsti nell'ultimo scenario determinerebbero una diminuzione dei volumi prodotti per coltura nell'Unione Europea in media compresa tra il 10 e il 20%. Le perdite di rendimento stimate variano dal 7% al 50%. Il volume di produzione può diminuire fino al 30% per alcune colture perenni come, ad esempio, le mele. Il volume prodotto dalle colture perenni, infatti, diminuirebbe maggiormente rispetto a quello dei raccolti annuali. Tutto ciò si traduce nell'incremento dei prezzi di alcuni prodotti quali, ad esempio, il vino, le olive e il luppolo. Di conseguenza, il commercio internazionale cambierebbe in modo significativo: le esportazioni dell'UE diminuirebbero e le importazioni dell'UE aumenterebbero . Al riguardo si ipotizza che il volume dell'importazione di prodotti come il mais e la colza potrebbero raddoppiare. Il calo dei rendimenti incide negativamente sulla produzione e genera una diminuzione dell'offerta che si traduce in un incremento dei prezzi delle materie prime.

LO STUDIO CONDOTTO DALL'ECONOMIC RESEARCH SERVICE (ERS) DELL'USDA

I ricercatori dell'Economic Research Service dell'USDA hanno valutato i potenziali impatti derivanti dall'applicazione degli obiettivi delle Strategie UE analizzando e studiando tre scenari. Lo studio si è concentrato sui target inerenti la riduzione del 50% di impiego dei pesticidi, la diminuzione di almeno il 20% dell'uso di fertilizzanti, la riduzione del 50% dell'utilizzo di antimicrobici per il bestiame e la rimozione del 10% dei terreni agricoli esistenti dall'uso agricolo entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020.
Lo studio non prende in considerazione gli impatti derivanti dall'incremento della superficie agricola adibita alla produzione biologica, la riduzione degli sprechi alimentari e delle emissioni di gas serra.
Nel dettaglio il primo scenario, cd. "solo UE", presuppone che solamente l'Unione Europea attui gli obiettivi delle Strategie e che il commercio sia consentito normalmente; il secondo, cd. intermedio, estende gli obiettivi a quei partner commerciali dell'UE che dipendono dalle esportazioni alimentari e agricole verso l'UE e contemporaneamente prevede che l'UE limiti del 50% le importazioni dalle regioni che non adottano le Strategie. Nell'ultimo scenario, cd. globale, le misure restrittive previste nelle Strategie sono adottate su scala globale.

Nella prima fase dello studio, per esaminare i potenziali impatti sul mercato e sull'economia derivanti dall'adozione delle Strategie europee, è stato utilizzato il modello Global Trade Analysis Project-AgroEcological Zones (GTAP-AEZ), modello computabile di Equilibrio Generale (CGE) specifico che divide il mondo in 18 zone agroecologiche. È stato ipotizzato un orizzonte di medio periodo e, conseguentemente, i risultati prodotti potrebbero essere interpretati in base agli impatti che potrebbero verificarsi in 8-10 anni. Per esaminare i potenziali impatti sulla sicurezza alimentare derivanti dall'adozione delle Strategie, nella seconda fase dello studio, sono state analizzate le variazioni stimate del prodotto interno lordo (PIL) e dei prezzi alimentari del modello CGE come input nel modello International Food Security Assessment (IFSA) dell'USDA che stima i cambiamenti nei consumi alimentari nei Paesi in via di sviluppo. 

La realizzazione del primo scenario comporterebbe un calo della produzione agricola pari al 12% e una diminuzione mondiale della produzione dell'1%. Gli stessi effetti si verificherebbero nello scenario intermedio. Lo scenario globale di adozione delle Strategie determinerebbe una riduzione dei volumi di produzione alimentare e agricola a livello mondiale fino all'11%. Il calo della produzione agricola comporterebbe un inasprimento della disponibilità di mercato dei prodotti agricoli ed il conseguente incremento dei prezzi. Tali effetti sono più evidenti e immediati nell'Unione Europea dove si prevede che i prezzi dei prodotti alimentari aumenteranno del 17%. L'incremento dei prezzi nell'UE, principale partecipante al commercio agricolo internazionale, potrebbe ridurre la sua competitività nei mercati di esportazione ed incidere sul commercio globale. In tale scenario, infatti, si prevede per il commercio agricolo mondiale una diminuzione del 4%.    

In tutti gli scenari si rileva che le riduzioni degli input proposte dalle Strategie incidono sugli agricoltori dell'UE, riducendo la loro produzione agricola dal 7 al 12% e diminuendo la loro competitività sia sul mercato interno che su quello di esportazione. Inoltre l'adozione delle Strategie potrebbero determinare impatti che si estendono oltre l'Unione Europea in quanto si prevede un incremento dei prezzi alimentari mondiali dal 9% (scenario solo UE) all'89% (scenario globale).

CONCLUSIONI

Secondo le analisi dei rapporti l'applicazione delle Strategie europee Farm to Fork e Biodiversità darebbe luogo ai seguenti principali effetti: incremento dei costi di produzione e dei prezzi al consumo dei prodotti agricoli e calo della redditività; riduzione delle produzioni agricole, con conseguenti perdite di quote di mercato interno da parte dei produttori europei a favore di quelli di altri paesi; diminuzione delle emissioni di gas serra e di diversi inquinanti; esternalizzazione di una quota significativa delle emissioni in Paesi extra Unione Europea. Gli obiettivi previsti nella Strategia F2F potrebbero determinare un'insicurezza alimentare per 22 milioni di persone. 
Alla luce di dette considerazioni e stante la rigidità della domanda di prodotti alimentari nell'ambito UE si rafforza il timore che l'adozione di tali Strategie UE e delle politiche agricole ad esse connesse possa trasferire l'impatto ambientale della produzione agricola in altri Paesi (ad es. USA, Indonesia, Malesia, Brasile e Argentina) con i quali, in questi ultimi anni, l'Europa ha firmato importanti accordi di importazione. Per questo particolare aspetto si evidenzia la necessità di prevedere l'introduzione di norme e sistemi di controllo rigidi riguardo agli standard qualitativi e di sicurezza dei prodotti importati. 
In conclusione, si rileva che non esiste una relazione univoca tra l'introduzione di misure più stringenti rispetto a quelle presenti ed il raggiungimento degli obiettivi di tutela e sostenibilità ambientale. Non si può, infatti, perseguire la sostenibilità ambientale senza garantire nel contempo la vitalità e la resilienza economica e sociale dei sistemi agricoli e, nel complesso, delle aree rurali e senza considerare come il settore primario, a differenza di altri ambiti produttivi, fornisca esternalità positive e beni pubblici di portata strategica.
Il settore agricolo è, infatti, multifunzionale e svolge un ruolo primario in quanto garantisce l'autosufficienza alimentare; la gestione e manutenzione del territorio, evitando i fenomeni di dissesto idrogeologico; il sequestro del carbonio; il mantenimento degli ecosistemi e del paesaggio.
Va evidenziato infine che molti dei risultati attesi di riduzione dipendono da fenomeni complessi, a volte anche difficili da monitorare o influenzare, in cui l'agricoltura è un attore importante ma non esclusivo.

 
 

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Bibliografia

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Maria Valentina Lasorella e Ilaria Falconi

 
 

PianetaPSR numero 109 gennaio 2022