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giovani di schiena su un campo di grano
Aree interne

Il futuro delle aree interne passa per il ruolo dei giovani

Il tema al centro della ricerca "Giovani dentro" promossa dall'Associazione Riabitare L'Italia e realizzata grazie all'intensa collaborazione con il CREA per la RRN e gli altri partner scientifici (CpS Unito, GSSI, Osservatorio Giovani Unisa, Eurac Research)

È on line il report della ricerca "Giovani dentro", l'indagine sui giovani delle aree interne promossa dall'Associazione Riabitare L'Italia e realizzata grazie all'intensa collaborazione con il CREA per la RRN e gli altri partner scientifici (CpS Unito, GSSI, Osservatorio Giovani Unisa, Eurac Research). 
Il progetto, avviato ad ottobre 2020 e promosso dall'Associazione Riabitare l'Italia con il cofinanziamento della Fondazione Peppino Vismara e del Fondo Mutualistico Legacoop, ha coinvolto circa 3300 cittadini consentendo di ascoltare la visione di imprenditori, agricoltori, progettisti, cooperative, fondazioni e amministrazioni locali provenienti da tutte le regioni d'Italia.

I presupposti della ricerca

 L'indagine ha voluto approfondire le tematiche relative al vivere e al benessere della popolazione giovanile nelle aree interne del Paese, oggi al centro del dibattito pubblico e oggetto di una crescente attenzione da parte dei decisori politici. A queste aree si rivolge la Strategia Nazionale delle Aree Interne (SNAI), politica nazionale place based varata nel 2012 che finanzia strategie territoriali integrate sostenute da coalizioni permanenti di sindaci. Molti degli interventi e delle risorse previsti dal PNRR inoltre sono destinati ai Comuni appartenenti alla mappa delle aree interne, recentemente aggiornata. Si tratta di luoghi distanti dai principali centri di offerta dei servizi essenziali e caratterizzati da importanti dinamiche demografiche negative che però coprono il 59% dell'intera superficie del territorio nazionale, il 49% dei Comuni ed il 23% della popolazione e sono ricche di risorse agropastorali, naturali e culturali. La ricerca parte dal presupposto che è essenziale mantenere la presenza e l'impegno dei giovani sui territori perché sono i principali agenti di innovazione e senza di loro sarebbe difficile immaginare evoluzioni positive, e si ripropone di capire chi sono i giovani abitanti di queste aree, quali sono le loro motivazioni per restare e quali proposte ed azioni concrete si possono immaginare per supportare i loro progetti, la loro vita sociale ed economica.
"Giovani dentro" è la prima analisi concreta sulle motivazioni e le visioni, gli interessi, i bisogni formativi e professionali della popolazione giovane che in Italia resta o torna ad abitare le aree marginali, interne e montane, che sia anche funzionale all'avvio da parte dei decisori pubblici di strategie di sviluppo che investano prima di tutto sul capitale umano di questi territori. Il progetto presenta uno specifico focus sul potenziale di sviluppo sostenibile legato al settore agro- pastorale.

I principali risultati

I risultati ottenuti, sintetizzati nel report, ribaltano la visione su queste aree e sui giovani che le abitano. La maggioranza dei/delle giovani vogliono restare nelle aree interne e sviluppare il proprio percorso di vita e lavorativo in questi territori. Infatti il 67% dei giovani intervistati dice di volere rimanere nelle aree interne in cui vive, il 70% ha terminato gli studi e il 65% è entrato nel mondo del lavoro. I giovani credono nell'importanza di continuare a progettare il loro futuro in queste aree. Tra le principali motivazioni a restare ci sono il forte legame con la comunità (65 %), la possibilità di contatti sociali più gratificanti (68%) e la migliore qualità della vita (79%). 

Le fasi del progetto

La ricerca ha previsto l'applicazione di metodi di indagine diversificati. In una prima fase la raccolta dati è avvenuta attraverso la somministrazione di un questionario qualitativo a un campione composto da 1000 individui rappresentativo della popolazione 18-39 anni rispetto a genere (maschio, femmina), età (18-29 anni, 30-39 anni) e zona di residenza (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole). Successivamente il medesimo questionario è stato somministrato ad un campione di circa 2000 rispondenti volontari provenienti dalle aree interne che hanno avuto accesso alla compilazione del questionario tramite social media. Questa rilevazione ha consentito di approfondire i risultati dell'indagine precedente, verificando e interpretando i dati raccolti sul campione rappresentativo.
La terza fase dell'indagine ha avuto come focus le 72 aree della Strategia Nazionale Aree interne e ha interessato un campione ragionato di 300 residenti, cui è stato somministrato un questionario volto ad indagare le dimensioni di benessere della popolazione con particolare riferimento al lavoro, alla famiglia e alla partecipazione alla vita della propria comunità di appartenenza. 
Tra la primavera e l'estate del 2021 infine si sono tenuti 4 focus-group territoriali che hanno coinvolto giovani, stakeholder e altri attori rilevanti delle aree interne di Abruzzo, Campania, Piemonte e Sicilia, consentendo di delineare iniziative a sostegno della capacitazione dei giovani nei diversi contesti di riferimento. Tra i temi trattati quello della partecipazione attiva dei giovani ai processi di cambiamento delle comunità agricole nelle aree interne. 
Nella fase conclusiva il gruppo di ricerca si è aperto al confronto collettivo con giovani, associazioni, ricercatori e amministratori, stakeholder locali, enti e istituzioni impegnate nello sviluppo di queste aree tenutesi nel Cilento, a Caselle di Pittari (SA), ad ottobre 2021. Sono state due giornate di discussione e approfondimento sui risultati ottenuti e per riflettere insieme sulle opportunità e le sfide per chi decide di tornare o restare a vivere nelle aree interne montane e rurali italiane. Il confronto collettivo ha consentito di mettere meglio a fuoco i temi emersi e gli aspetti su cui concentrare le attività di ricerca-azione in futuro.

Alcuni dei temi emersi

Motivazione a lavorare in agricoltura. La prima fase dell'indagine ha consentito di investigare il rapporto con la natura e la potenziale motivazione a lavorare in agricoltura facendo emergere un'importanza prospettica delle attività agro-pastorali. Solo il 9% degli intervistati ritiene che la motivazione principale per rimanere in agricoltura sia la mancanza di valide alternative di lavoro e solo il 6% non vede motivazioni valide per lavorare in ambito agricolo. Per il 21% il desiderio di contatto con gli animali e la natura sono tra le motivazioni fondamentali che portano un giovane a lavorare in agricoltura. 


Percezione della natura. In generale la maggior parte degli intervistati ha un rapporto positivo con la natura.  Dall'analisi dei dati dell'indagine campionaria SWG emerge che per i giovani la percezione della natura come ambiente incontaminato dove ritrovare il proprio equilibrio (60%) o svagarsi (13) è preponderante. Meno diffusa invece la visione di natura come risorsa per l'economia o come paesaggio costruito: solo il 18% dei rispondenti si riconosce in questa percezione.  Sembrano emergere una tendenza all'attribuzione di un valore simbolico alla natura e una compenetrazione tra natura e mondo interiore, che possono essere frutto tanto dello scollamento tra momento produttivo e mondo naturale tipico del modello prevalente di agricoltura "industriale", quanto della ricerca di una nuova empatia con gli ecosistemi di riferimento. Questa evoluzione nella percezione della natura, per quanto si possa ritenere probabile che riguardi le nuove generazioni in maniera generalizzata, rappresenta un elemento da cui partire nella ricerca di modelli di sviluppo più sostenibili per questi territori.


Trasformazione delle comunità agricole. Dall'interazione avvenuta attraverso i focus territoriali è emerso che la partecipazione dei giovani al cambiamento delle comunità agricole avviene attraverso la condivisione di pratiche, la cooperazione tra produttori, la sperimentazione di nuovi modelli per l'utilizzo locale delle materie agricole e l'avvio di forme di mutualismo (si va verso un'economia locale più solidale). 
Le innovazioni principali in questi processi riguardano la dimensione sociale che investe le relazioni fra comunità locali, produttori e agroecosistemi e prospettano un modello di agricoltura più sostenibile (in termini sociali e ambientali prima ancora che economici). Queste evoluzioni che vanno nella direzione di ricomporre in forme inedite i rapporti fra uomo, culture locali e natura, possono contribuire a ridurre il senso di spaesamento dei giovani creando un ancoraggio rispetto ai territori. 


I possibili interventi. L'indagine ha consentito di verificare che la maggior parte dei giovani vorrebbe restare e che si sta registrando in diversi contesti un interesse a ritornare alla pastorizia e all'agricoltura in generale. 
Per facilitare e consolidare questi processi occorre investire per rafforzare le prospettive dei giovani che vivono nelle aree interne del Paese in un modo utile a sostenere la scelta di restare in coerenza con le risorse e le opportunità esistenti. I dati raccolti consentono a questo riguardo di identificare due filoni di intervento principali, che appaiono tra loro strettamente interconnessi:

  • la sperimentazione di iniziative innovative per l'inserimento lavorativo e l'accompagnamento all'impresa dei giovani con particolare riferimento al settore agro-pastorale e ai mestieri tradizionali, che prevedano percorsi di accompagnamento e tutoraggio per l'avvio di attività imprenditoriali e/o l'innovazione/crescita dell'attività già avviata;
  • l'offerta di formazione specifica place-based e tecnico-scientifica, in grado di cogliere le vocazioni territoriali (radicamento nei sistemi produttivi e know-how locale) privilegiando modelli di trasferimento di conoscenze innovativi basati su approcci interattivi e partecipati.

Considerazioni conclusive

 Si parla tanto oggi di sviluppo sostenibile ma una maggiore sostenibilità non è solo un fatto tecnologico. Il focus sui soli aspetti economici della crescita produce diseguaglianza nel benessere tra territori, classi sociali e individui e determina un allontanamento rispetto agli ecosistemi, che produce impatti ambientali negativi cui è sempre più difficile porre rimedio a posteriori. Maggiore sostenibilità si ottiene solo se si rimette al centro l'empatia tra uomo e ambiente recuperando una visione ecocentrica che consenta di superare la disconnessione generata dagli attuali modelli di sviluppo.  
Nel nostro paese una delle dimensioni in cui si concretizza l'insostenibilità dell'attuale paradigma di sviluppo sono le crescenti diseguaglianze sociali e territoriali aggravate dalla crisi del 2008 in quelle che vengono chiamate aree interne, i luoghi più lontani dalle città spesso oggetto di fenomeni di degrado ambientale e dissesto idrogeologico legato all'abbandono antropico, e da cui è convinzione comune che i giovani rimasti vogliano partire alla ricerca di nuove opportunità di crescita personale e professionale.

La ricerca ribalta questa visione e suggerisce che la scelta dei giovani di queste aree di restare, cercando un diverso contatto con la natura e riavvicinandosi alla produzione di cibo come perno intorno al quale ruotano le relazioni sociali comunitarie, può essere un primo passo verso l'adozione di un nuovo modello di sostenibilità.

 
 

Daniela Storti
CREA

 
 

PianetaPSR numero 111 marzo 2022