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lavoratori del comparto agroalimentare con mascherina
Rapporto Istat-Crea

La pandemia non ferma il comparto agricolo, ma la ripartenza è più lenta che per gli altri settori

È quanto emerge dal Rapporto Economia e Legislazione agricola presentato nei giorni scorsi da Istat e Crea che evidenzia l'ulteriore effetto di destabilizzazione provocato dalla crisi ucraina che complica le previsioni per il 2022.

La pandemia ha solo rallentato il comparto agroalimentare, che si conferma anticiclico, ma nel 2021 la crescita è più lenta, mentre altri settori corrono. Questo il quadro che emerge dal Rapporto Economia e Legislazione agricola realizzato da Istat e Crea.

Le attività legate alla coltivazione e alla pesca hanno subito in maniera molto limitata le restrizioni imposte nel corso dei momenti più difficili della crisi sanitaria, perché incluse tra quelle considerate indispensabili, pur dovendosi scontrare con le difficoltà delle catene logistiche, con le restrizioni alla libertà di movimento e con la caduta generalizzata del reddito dei consumatori. A subire in maniera più evidente gli effetti negativi della crisi sanitaria sono state soprattutto le attività secondarie, in particolare quelle legate al turismo. Il risultato è stato che il settore nel 2020 ha perso l'1,8% della produzione e il 4,7% del valore aggiunto in volume, mentre l'economia nazionale registrava una contrazione vicina al nove per cento.

La crisi ha danneggiato, quindi, soprattutto le attività secondarie dell'agricoltura come l'agriturismo. Penalizzata anche la pesca con un pesante ridimensionamento (-19,9% di produzione e meno 26,8% nel valore aggiunto). 

Il comportamento anticiclico che nel 2020 ha visto il settore limitare le perdite, nel 2021 si è però tradotto in un processo di ripresa più lento rispetto al resto dell'economia nazionale. E questo soprattutto a causa di fattori climatici avversi: i volumi produttivi nel 2021 sono calati (-0,4%) e l'incremento dei costi di produzione ha provocato un nuovo taglio dello 0,8% del valore aggiunto. I prodotti tipici dell'agricoltura, evidenzia il documento, hanno subìto una contrazione dell'1,2% del volume della produzione e dello 0,6% del valore aggiunto e flessioni consistenti hanno interessato anche la silvicoltura, la cui produzione ha perso il 5,3% in volume (-3,2% il valore aggiunto) e la pesca (-1,8% la produzione e -2,9% il valore aggiunto in volume). Solo le attività secondarie dell'agricoltura, che nel 2020 avevano sperimentato una drastica riduzione dei volumi di produzione (-17,2%), nel 2021 hanno registrato un consistente recupero (+9,6%). L'elemento distintivo del biennio, ma soprattutto dell'ultimo anno, è stato il progressivo incremento dei prezzi, lievitati dallo 0,7% al 6,7%, e il repentino innalzamento dei costi dei consumi intermedi, da -1% del 2020 a +8,5% nel 2021.

Occupazione

Dal punto di vista del lavoro agricolo il 2020 è stato un anno certamente negativo: l'occupazione nel settore agricoltura, silvicoltura e pesca, misurata in unità di lavoro (Ula), è diminuita del 2%, mentre ancora più evidente è stata la flessione dell'occupazione nell'industria alimentare (-5,2%), che ha indotto un calo complessivo del 2,8% dell'input di lavoro nell'agroalimentare. 

Il 2021 ha invece registrato una importante inversione di tendenza: le Ula sono cresciute del 3% in agricoltura (+5,5% i dipendenti e +1,7% gli indipendenti) e del 5,4% nell'industria alimentare, recuperando quanto perduto dall'agroalimentare nell'anno precedente in termini di occupazione (+3,6%).

I prezzi

La crisi economica dovuta all'emergenza sanitaria, si legge nel rapporto Istat-Crea, il successivo aumento della domanda nella fase post pandemica, gli effetti negativi della pandemia su logistica e trasporti, le condizioni climatiche avverse, l'aumento di prezzi delle materie prime necessarie alla catena produttiva agroalimentare sono tutti fattori che hanno agito in maniera combinata determinando una inevitabile tendenza al rialzo dei prezzi nelle coltivazioni agricole.

Dopo gli aumenti tutto sommato contenuti del 2020 (+2,1%), nel 2021 i rialzi dei prezzi hanno assunto dimensioni rilevanti, fino a sfiorare le due cifre in termini percentuali (+9,8%). L'impennata ha riguardato tutte le coltivazioni agricole, in particolare i cereali (+31,9% contro +4,8% del 2020), le coltivazioni industriali (+27,4% contro +7,3%), le foraggere (+17,8% contro -4,2%), la frutta (+12,7% contro +8,9%), l'olio d'oliva (+12,6% contro -8,4%) e i legumi (+10,6% contro +1,8% del 2020).

La crisi Ucraina e i dubbi sul futuro

La guerra in Ucraina, in corso da oltre due mesi, rende estremamente complessa ogni valutazione di prospettiva: l'inasprimento dei rincari delle materie prime energetiche e le nuove difficoltà di approvvigionamento delle imprese, sottolinea il documento, in aggiunta alle preesistenti strozzature all'offerta, potrebbero  infatti provocare conseguenze a lungo termine per l'agricoltura italiana.

 
 
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Redazione PianetaPSR

 
 

PianetaPSR numero 112 aprile 2022