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Censimento agricoltura

La diversificazione aziendale: tra servizi agricoli e attività "secondarie"

Che la diversificazione delle attività agricole costituisca uno dei fattori più caratterizzanti dell'agricoltura italiana negli ultimi decenni emerge con evidenza sia dalle analisi degli ultimi Censimenti dell'agricoltura (Henke, Povellato, 2012; Fanfani e Sardone, 2017), che da quelle annuali sui dati di contabilità nazionale che stimano il peso della diversificazione intorno al 20% del valore totale della produzione agricola italiana (Sardone e Monda, 2019; CREA, 2021; ISTAT e CREA, 2022).

L'ultima rilevazione censuaria del 2020 evidenzia due dati di rilievo sul fenomeno della diversificazione - che nel Censimento passa sotto la definizione di "attività connesse" (Tavola ISTAT 32) -, tra di loro in apparente controtendenza. Infatti, se da un lato nel decennio diminuisce il numero assoluto delle aziende con attività connesse, che passa da 76.148 del 2010 alle 65.126 del 2020, dall'altro lato la quota percentuale delle aziende che diversificano passa dal 4,7% al 5,7% del totale. In sostanza, la presenza delle attività connesse si rafforza come importanza relativa del fenomeno, sebbene i valori assoluti si presentino in flessione (-14,5%), risentendo anch'essi del calo complessivo delle aziende agricole di cui si è detto in precedenza (-30,1%). Quest'ultimo dato, in particolare sembra segnalare che la presenza dei processi di diversificazione sia stata in grado, quanto meno, di "tamponare" la fuoriuscita di unità produttive dal settore, senza però proteggerle del tutto dal processo di declino generale in atto. In proposito, va peraltro evidenziato come la rilevazione sia caduta in corrispondenza della diffusione della pandemia da Covid-19, che proprio nel segmento della diversificazione ha determinato le difficoltà economiche maggiori. 

Le attività connesse rilevate nel censimento sono peraltro numerosissime [1]; tra queste le più diffuse si confermano, come già nel passato (fig. 1): in primis, l'agriturismo che è presente nel 37,8% delle aziende con attività connesse e che ha rafforzato la sua numerosità nel decennio (+27,4%); seguono per importanza le attività agricole per conto terzi che, sebbene in forte riduzione (-52,2%), costituiscono l'altro pilastro della diversificazione in Italia e che coinvolgono il 14,5% delle aziende totali (percentuale che sale ulteriormente se si considerano anche le attività in conto terzi non agricole); la produzione di energia rinnovabile, che in termini dinamici registra un vero e proprio boom (grazie ad una crescita decennale vicina al 200% delle aziende interessate) e che vede nel solare la punta di maggiore diffusione (13,7%), seguito da numeri molto più modesti per le altre FER, con l'unica eccezione delle biomasse, la cui produzione coinvolge l'1,8% delle aziende diversificate (per l'80% collocate al Nord Italia); infine, le tradizionali attività di diversificazione, rappresentate dalla prima lavorazione e dalla trasformazione di prodotti aziendali, che si collocano anch'esse nel solco del declino generale in termini di numerosità (nella media -30%), ma ciascuna delle quali mantiene una discreta presenza tra le aziende agricole italiane, con un peso che oscilla dall'8,3% al 10,2%.

In generale, l'analisi dell'andamento decennale per tipologia di attività condotta consente di evidenziare un calo significativo (e considerevolmente più elevato della media generale) delle unità aziendali coinvolte nelle "tradizionali" attività di diversificazione maggiormente legate alla fase strettamente agricola - con punte che raggiungono il -84,3% della produzione di mangimi e il -60,1% dei servizi per l'allevamento -, solo in parte controbilanciate dagli unici segni positivi registrati da energie rinnovabili, agriturismo, artigianato e "altre" non classificate.

La presenza delle aziende agricole con attività connesse è un fenomeno caratterizzato da tratti tutt'altro che omogenei anche nel confronto tra le diverse aree geografiche italiane. Ne dà evidenza il fatto che la distribuzione territoriale delle aziende diversificate non ricalca affatto quella delle aziende agricole, con i processi di diversificazione che appaiono fortemente concentrati soprattutto nell'area settentrionale (Nord-est in testa) e centrale del paese, dove si collocano complessivamente circa i ¾ delle aziende agricole italiane con almeno un'attività connessa (tab. 1), mentre al Sud si colloca meno del 17% delle aziende diversificate, quota che non raggiunge neppure il 9% nel caso delle Isole. In aggiunta, è possibile osservare che la presenza delle attività connesse all'interno delle aziende agricole caratterizza le strutture aziendali con una intensità molto diversa tra le aree geografiche. Mentre al Nord-ovest e al Nord-est tali attività interessano, rispettivamente, il 12% e il 10,3% delle unità aziendali, tali quote scendono all'8,5% al Centro - comunque ben oltre la media nazionale -, fino a toccare appena il 2,4% e il 3%, rispettivamente, al Sud e nelle Isole.  Ne consegue che la diversificazione è certamente un elemento fortemente caratterizzante l'agricoltura italiana, ma che comunque restituisce ancora una volta un quadro nazionale fortemente dicotomico, con una parte del Paese, quella centro-settentrionale, più avanzata e in grado di cogliere le opportunità di una gestione dei fattori di produzione aziendale più innovativa, e l'altra parte, rappresentata dall'area meridionale, che nonostante il primato nazionale in termini di aziende e SAU, vede una più debole partecipazione delle unità produttive ai quei percorsi che possono contribuire al rafforzamento e alla stabilizzazione delle performance aziendali (Aguglia, Henke, Salvioni, 2008).

Un aspetto caratteristico dei processi di diversificazione in agricoltura riguarda il fatto che, frequentemente, all'interno di una stessa azienda agricola vengono svolte più attività connesse contestualmente (ad es. fattorie didattiche e agriturismo, o produzione di energia eolica e trasformazione di prodotti agricoli, ecc.). Qui di seguito, le diverse attività contemplate dalla rilevazione censuaria vengono definite per semplicità "funzioni". Ne consegue che tali funzioni sono ovviamente un numero considerevolmente più elevato, pari 85.785, rispetto alla numerosità delle aziende con diversificazione. Ne consegue che le attività connesse complessivamente censite superano, nella media nazionale, di circa il 32% il numero totale delle aziende diversificate (percentuale che oscilla da un massimo di oltre il 36% nel Nord-est ad un minimo del 25% nelle Isole).

Le stesse funzioni elencate in nota 1 possono essere riorganizzate in due macro aggregati: le attività di "deepening" che corrispondono a quelle più vicine e interconnesse alla fase agricola (identificate in nota con i numeri: 5, 6, 7, 13, 14, 17, 19 e 20) e le attività di "broadening" (identificate in nota con i numeri: 1, 2, 3, 4, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16 e 18), introducendo le quali, seppure si utilizzano i fattori di produzione dell'azienda agricola, ci sia allontana dalle tradizionali attività agricole (Roep, Van Der Ploeg, 2003; Henke, Povellato, 2012). Completano il quadro altre attività connesse non definite (identificate con il numero21), di cui si nota la crescita di importanza relativa, essendo passate dal 5,3% del 2010 all'8,5% del 2020.

Sulla base di questa classificazione, nella media nazionale, i due percorsi di diversificazione evidenziano una sorta di divaricamento tra le attività più vicine a quelle agricole in senso tradizionale, il cui peso scende al 27,7% sul totale delle funzioni connesse, contro il 38,6% del decennio precedente; mentre, quelle maggiormente distanti dalla fase agricola raggiungono un peso vicino al 64%, dal 58,1% del 2010. Anche in questo caso si segnalano interessanti specificità territoriali, con le due ripartizioni settentrionali che mostrano una configurazione molto simile a quella nazionale e il Centro che conferma invece una separazione tra funzioni dai contorni ancora più netti, essendo il 73% della diversificazione legato a processi di ampliamento delle funzioni aziendali (broadening), dato trascinato verso l'alto dal ruolo svolto in questa ripartizione dalle attività agrituristiche. Contrariamente, al Sud e nelle Isole si nota un ruolo più significativo delle attività legate alla fase prettamente agricola (deepening), riconducibile ad una presenza importante di aziende che svolgono finzioni di prima lavorazione e di trasformazione di prodotti agricoli, sia vegetali che zootecnici. In sintesi, l'aera meridionale resta maggiormente ancorata ai processi di diversificazione da più lungo tempo presenti all'interno delle realtà produttive italiane.

In merito alla presenza di attività più innovative, e con particolare riferimento allo sviluppo delle energie rinnovabili, vale la pena sottolineare come le aziende meridionali, congiuntamente a quelle centrali, abbiano in realtà mostrato una dinamica decennale particolarmente più vivace rispetto alla media nazionale. Ciononostante, l'area settentrionale primeggia largamente su quella meridionale in relazione alla numerosità di aziende che esercitano questa funzione, sia nel complesso delle diverse FER che con riferimento alle singole fonti contemplate, fatta eccezione per il solo eolico, che appare concentrato nell'aera meridionale, ma che nel complesso conta un numero molto esiguo di impianti (meno di 100). Qualche sorpresa desta la modesta diffusione del solare nelle zone che possono contare sul maggiore soleggiamento, con il Sud e le Isole che, assieme, concentrano appena il 16,5% delle aziende dotate di impianti solari per alimentare i fabbisogni aziendali e/o per la vendita di energia (fig. 2). 

Ulteriori informazioni di rilievo sul ruolo della diversificazione per le aziende agricole italiane derivano dall'analisi della struttura dei ricavi aziendali (Tavola ISTAT 33). Il primo dato di rilievo che emerge dal Censimento 2020 riguarda il fatto che a livello medio nazionale il 25,7% del totale delle aziende agricole dichiara di non ricevere ricavi e/o sussidi (quota che scende al 16,4% al Nord, e sale al 32,7% e 28,1% rispettivamente al Centro e al Meridione) [2]. Per l'Italia nel suo complesso, le aziende agricole hanno dichiarato di riceve in media il 41,5% dei loro ricavi da altre attività remunerative (da notare che il quesito sul formulario censuario si riferisce esplicitamente ad "altre attività remunerative connesse all'azienda"). Questo valore va quindi chiaramente ricondotto alle sole unità aziendali che svolgono attività connesse, e al loro interno a quella porzione di aziende diversificate che dichiara anche di ottenere un reddito dallo svolgimento di tali attività. Inoltre, va evidenziato che il valore espresso come percentuale dei ricavi aziendali da attività connesse è ottenuto come media semplice dei valori percentuali indicati da ciascuna azienda considerata. 

In questo caso, la variabilità tra le ripartizioni territoriali è meno ampia (fig. 3), rispetto ad altre caratteristiche della diversificazione, con le due ripartizioni settentrionali molto vicine al dato medio italiano, avendo registrato una percentuale media dei ricavi da altre attività connesse remunerative pari al 40,2% per il Nord-ovest e al 39,1% per il Nord-est; mentre, tale percentuale media sale a oltre il 43% per il Centro-Sud, e sfiora il 45% per le Isole.

In sintesi, sembrerebbe che nelle due ripartizioni meridionali (Sud e Isole) i processi di diversificazione, per quanto meno diffusi, meno radicati e più ancorati a funzioni di carattere tradizionale, svolgano comunque un ruolo significativo, anche superiore a quello medio nazionale, all'interno di quelle unità aziendali che si sono orientate verso un percorso di diversificazione delle attività aziendali. Mentre, il ruolo più modesto delle attività connesse nella formazione dei ricavi per le aziende appartenenti alle ripartizioni settentrioni va, con ogni probabilità, legato alla capacità di quei territori di ricavare significative porzioni dei ricavi dall'attività agricola in senso stretto, nonostante il ruolo di primato rivestito in relazione alla presenza diffusa di diverse funzioni di diversificazione. 

 
 

Note

  • [1] Agricoltura sociale (1), Attività didattiche (2), Agriturismo (3), Artigianato (4), Prima lavorazione di prodotti agricoli (5), Trasformazione di prodotti vegetali (6), Trasformazione di prodotti animali (7), Produzione di energia rinnovabile, distinta in: eolica (8), biomassa (9), solare (10), idroenergia (11), altre FER (12), Lavorazione e taglio del legno (13), Acquacoltura (14), Attività agricole in conto terzi con mezzi aziendali (15), Attività non agricole in conto terzi con mezzi aziendali (16), Servizi per l'allevamento (17), Sistemazione di parchi e giardini (18), Silvicoltura (19), Produzione di mangimi (20), Altre attività (21). 
  • [2] Questo dato non va confuso con quello relativo all'autoconsumo, in relazione al quale il 64% delle aziende agricole italiane ha dichiarato di aver consumato in misura più o meno ampia (100%, oltre il 50%, meno del 50%) il valore della propria produzione finale. Anche in questo caso, con una ampia variazione tra aree territoriali, che spaziano da oltre il 70% del Centro e del Meridione al 41% del Nord-est. 
 
 

Riferimenti bibliografici

 
 
 
 
 
 

Concetta Cardillo, Franco Gaudio, Maria Rosaria Pupo D'Andrea, Roberta Sardone
CREA-PB

 
 

PianetaPSR numero 116 settembre 2022