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Mercato Fondiario

Mercato fondiario, nel 2021 i prezzi e compravendite crescono ma il valore reale continua a diminuire. Nell'ambito degli affitti prevale la domanda e i canoni rimangono stabili.

È quanto emerge dall'analisi annuale realizzata dal CREA.

Il prezzo della terra ha ripreso a crescere nel 2021 in concomitanza con un notevole aumento dell'attività di compravendita, ma il valore reale del patrimonio fondiario continua a diminuire a causa di un tasso di inflazione nettamente superiore a quello riscontrabile negli ultimi anni. Questa, in estrema sintesi, la situazione del mercato fondiario analizzato attraverso le informazioni ricevute dagli operatori del settore, intervistati durante l'annuale indagine curata dalle sedi regionali del CREA-PB e i dati pubblicati da altre fonti ufficiali.

Prezzi e compravendite

Dopo la brusca frenata del 2020 causata dalla pandemia che aveva bloccato gran parte delle contrattazioni (-12% rispetto al 2019), le attività di compravendita si sono più che riprese mettendo a segno un aumento pari a +30% secondo la fonte del Notariato (grafico 1). L'Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) - che per la prima volta pubblica dati sulla superficie compravenduta - evidenzia un aumento del 59% rispetto al 2020, più accentuato nel Nord Ovest e nel Centro Italia (+70%), meno nelle altre circoscrizioni (circa +55%). In valore assoluto sono circa 160.000 atti di compravendita relativi a 125.000 ettari di superficie agricola e forestale compravenduta, probabilmente sottostimata a causa di alcuni limiti nella contabilizzazione dell'intera superficie compravenduta realizzata dall'OMI.

L'andamento del prezzo della terra è decisamente meno variabile nel tempo. Le stime effettuate con l'aiuto degli operatori del settore evidenziano per il 2021 un aumento del 1,1% a livello nazionale, trainato soprattutto dalla circoscrizione del Nord Ovest e del Nord Est e dalle zone di pianura (tabella 1). Il prezzo medio nazionale sfiora i 21.000 euro ad ettaro, ma sono ben evidenti le differenze tra i valori del Nord Est (42.300 euro) e del Nord Ovest (29.100) e il resto d'Italia dove il livello non supera i 15.000 euro.

Considerando l'aumento del tasso d'inflazione (+1,9% nel 2021), dopo due anni di sostanziale stabilità dei prezzi, il prezzo della terra in termini reali arretra ancora (-0,8%). Un processo che dura da oltre 15 anni e che ha portato il prezzo della terra a ridursi del 12% rispetto al 2010, senza particolari differenze a livello di circoscrizioni geografiche.

Il credito

Il comparto creditizio evidenzia un andamento parzialmente in controtendenza. Anche il credito aveva avuto una drastica battuta d'arresto nel 2020 a causa della pandemia (-42%), ben superiore a quanto registrato in termini di compravendite. Secondo Banca d'Italia, nel 2021 la ripresa del credito ha recuperato solo parzialmente tale riduzione, mettendo a segno un aumento del 14%, malgrado il forte aumento dell'attività di compravendita (figura 1). A trainare l'accesso al credito sono alcune regioni del Centro Nord (Toscana, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto), mentre il Mezzogiorno, tradizionalmente meno orientato a mutui fondiari, evidenzia una sostanziale stabilità. 

 


Grafico - Confronto tra andamenti del numero di compravendite dei terreni agricoli e credito per l'acquisto di immobili rurali (migliaia di euro)

Grafico - Confronto tra andamenti del numero di compravendite dei terreni agricoli e credito per l'acquisto di immobili rurali (migliaia di euro)
Fonte: ISTAT, Attività notarile; Banca d'Italia, Bollettino statistico.
 

In sostanza, sembra che per far fronte all'aumento degli investimenti in terra i risparmiatori abbiano messo mano all'eccesso di liquidità, che si stava manifestando ancora prima del periodo pandemico. L'acquisto di immobili - anche nel mercato urbano si sono registrati incrementi di compravendite molto consistenti nel 2021 - potrebbe essere la risposta dei risparmiatori alla congiuntura molto incerta e segnata da una forte spinta inflazionistica. La terra rappresenta da sempre un tipico bene rifugio.

Gli attori

La richiesta di terreni è sempre molto elevata per i terreni più fertili e dotati di buone infrastrutture e nei comparti con maggiori prospettive di successo commerciale, come quello viticolo di pregio e di altre produzioni di qualità. D'altro canto, non sono poche le aree dove l'offerta di terra prevale sulla domanda a causa del mancato ricambio generazionale e della scarsa redditività del bene fondiario. Gli imprenditori agricoli interessati a consolidare la maglia poderale sono i principali attori del mercato, ma non manca l'interesse da parte di gruppi finanziari, interessati a operazioni di investimento di tipo agro-industriale lungo l'intera filiera agroalimentare, o di operatori extra-agricoli che vedono nella terra un porto sicuro rispetto ad una congiuntura molto agitata.

La nuova PAC

Per quanto riguarda l'imminente riforma della PAC, gli operatori non segnalano particolari effetti, malgrado ci si attenda che la progressiva convergenza degli aiuti diretti al reddito dovrebbe premiare le zone marginali a scapito di quelle più fertili di pianura. È probabile che gli agricoltori non abbiano ancora ben assimilato quanto dovrebbe accadere nei prossimi anni, premesso che il sostegno offerto dalla PAC non ha mai avuto effetti consistenti sui valori fondiari in Italia.

In prospettiva, anche sul mercato fondiario pesa l'incertezza della congiuntura internazionale, che ha già portato ad un significativo aumento dei costi di produzione, accompagnato da una forte volatilità dei mercati delle principali commodity agricole. Non è chiaro se nel futuro prevarranno le tendenze ribassiste legate a queste incertezze, accentuate dal conflitto in Ucraina e anche da una eventuale ripresa della pandemia, o se continuerà a crescere la domanda di terra vista come un bene rifugio.

Il mercato degli affitti

In generale continua a prevalere la domanda nel mercato degli affitti, ad esclusione delle zone poco appetibili in cui l'agricoltura è poco remunerativa come nelle aree montane e in quelle marginali dove l'offerta di terra in affitto è assai elevata e supera di gran lunga la domanda. La richiesta di terreni in affitto - soprattutto seminativi irrigui - è in genere sostenuta nelle aree di pianura. 

Gli operatori hanno evidenziato una sostanziale stabilità dei canoni, probabilmente in conseguenza delle difficoltà legate alla pandemia che già nel 2020 aveva portato al rallentamento delle trattative per la stipula dei contratti di affitto e ad una riduzione del livello dei canoni di circa il 2%, come media nazionale. Anche la bassa redditività di alcuni comparti e l'attesa per le nuove norme della PAC potrebbero aver influenzato le scelte degli affittuari e dei proprietari. In controtendenza la domanda per terreni adatti a colture di pregio che si è dimostrata più vivace rispetto all'anno precedente: in questi casi sono i proprietari terrieri a preferire la cessione in affitto dei propri fondi rispetto alla vendita. 

L'ISTAT ha pubblicato i nuovi dati sulla diffusione dell'affitto. Secondo il Censimento dell'agricoltura 2020 la superficie agricola in affitto è ulteriormente aumentata rispetto al precedente censimento. Le aziende agricole coltivano il 50% della SAU nazionale con contratti di affitto (5 milioni di ettari) e di comodato gratuito (1,2 milioni ettari). L'incremento rispetto al 2010 è stato del 27%. Le aziende con terreni solo in proprietà si sono ridotte drasticamente sia come numero (-44%) che come SAU (-28%). È interessante notare che le superfici rese disponibili da queste aziende sono state acquisite quasi esclusivamente dalle aziende con sola superficie in affitto che continuano ad aumentare anche come numero (tabella 2).

Negli scorsi decenni erano state le aziende miste (proprietà e affitto) a trainare il processo di adattamento strutturale, integrando la superficie in proprietà con terreni in affitto per aumentare le economie di scala e il reddito aziendale. Probabilmente questa tipologia ha raggiunto, mediamente, una soglia dimensionale soddisfacente (quasi 20 ettari come media aziendale). D'altro canto, il sostegno pubblico garantito ai giovani agricoltori incentiva la nascita di nuove aziende che possono svilupparsi solo con terreni in affitto, data l'elevata immobilizzazione di capitali nel caso si intenda percorrere la strada dell'acquisto dei terreni. Un altro fattore incentivante potrebbe essere la fiscalità semplificata per le imprese agricole rispetto a quelle artigiane, che potrebbe spingere le imprese multifunzionali a prendere in affitto terreni agricoli per usufruire dei vantaggi del regime fiscale in agricoltura.

Gli effetti della PAC e del PNRR

Gli effetti della PAC sul mercato degli affitti, per il momento, sono legati alla fase di transizione in cui si trovano i vari regimi di sostegno in attesa che diventi operativa la nuova riforma a partire dal 2023. L'incertezza legata alla ancora scarsa conoscenza dei nuovi meccanismi di sostegno ha spinto i concedenti a limitare il più possibile la durata dei contratti, senza modifiche ai canoni, in attesa di adattarli alle nuove regole in corso di approvazione anche in Italia. D'altra parte, è sempre sostenuta la domanda da parte di affittuari interessati al prolungamento della durata dei contratti o a nuovi contratti che consentono agli operatori di accedere a determinate misure dei PSR.

I progetti per impianti di energia da fonti rinnovabili incidono sul mercato degli affitti, forse in misura superiore a quanto accade nel mercato fondiario, almeno potenzialmente. Infatti, se da un lato il mercato delle biomasse legato prevalentemente agli impianti per la produzione di biogas si è sostanzialmente stabilizzato e riguarda aree abbastanza circoscritte, dall'altro lato sta emergendo sempre più evidente l'interesse per l'installazione di impianti fotovoltaici a terra. Attualmente gli operatori non segnalano dinamiche particolari, forse perché rimane ancora in vigore il divieto del fotovoltaico a terra. Tutto questo potrebbe cambiare a partire dai prossimi anni sotto la spinta dei nuovi decreti, approvati nel 2022, a favore degli impianti cosiddetti "agrivoltaici" a cui il PNRR destina ingenti risorse finanziarie. 

Per il prossimo futuro, emergono sempre più evidenti le preoccupazioni degli operatori per l'aumento dei costi di produzione non sempre ricambiato da un altrettanto stabile aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, a cui potrebbe aggiungersi una maggiorazione dei canoni di affitto. D'altra parte, anche i proprietari esprimono preoccupazione per le incertezze causate dal protrarsi del conflitto in Ucraina e da eventuali esiti negativi di un ritorno della pandemia. Il quadro congiunturale instabile non aiuta a trovare un equilibrio tra le aspettative dei contraenti.

 
 

Andrea Povellato
CREA PB

 
 

PianetaPSR numero 116 settembre 2022