La persistente senilizzazione dell'imprenditoria agricola nazionale non è certamente un fenomeno nuovo. I dati del 7° Censimento generale dell'agricoltura non fanno che confermare lo squilibrio generazionale: al 2020, sono complessivamente 104.886 i capi azienda under 41 e corrispondono al 9,3% del totale, in calo del 43% rispetto a dieci anni prima quando l'incidenza dei giovani si attestava all'11,3%.
L'esame dei dati censuari permette di apprezzare la propensione dei giovani imprenditori a sostituire la componente anziana. Nel 2020, il tasso di sostituzione - calcolato sulla base del rapporto tra i capo azienda della classe di età ≤ 40 e gli over 60 - si attesta al 16,1% (FIG. 1), confermando la bassa tendenza al ricambio generazionale del sistema imprenditoriale agricolo italiano. A livello territoriale, l'analisi mostra una bassa propensione alla sostituzione compresa tra il valore minimo della Puglia (11%) e il massimo della P.A. di Bolzano (37,1%). Nelle regioni dell'Italia centrale e in quelle della dorsale adriatica, il tasso di sostituzione fa registrare un valore medio del 12,2% come probabile conseguenza della concorrenzialità di altri settori economici (per esempio il turismo e il manifatturiero), che rende i giovani meno propensi a dedicarsi all'attività agricola. Di contro, le regioni settentrionali evidenziano valori superiori alla media (oltre alla P.A. di Bolzano anche la Valle d'Aosta); la Sardegna è invece l'unica regione meridionale in cui il tasso di sostituzione supera il 30%.
L'informazione relativa alla modalità di accesso alla conduzione dell'azienda consente di distinguere due tipologie di imprenditori: coloro che subentrano in un'azienda preesistente e quelli che ne avviano una nuova. Mentre i primi si attestano al 64,6%, confermando la natura prevalentemente familiare delle aziende agricole italiane, le nuove aziende sono il 27,9% (TAB. 1).
La rilevazione statistica solleva l'attenzione sull'esistenza di specifici fabbisogni imprenditoriali che vanno indagati con lo scopo di supportare la definizione sia di appropriati interventi a supporto dell'insediamento, sia di adeguate modalità di erogazione del sostegno. L'informazione, oltre ad apportare una importante indicazione per i policy maker, contribuisce a definire l'identikit del giovane imprenditore agricolo.
L'analisi dei dati censuari mette in luce una caratteristica interessante in merito alla proprietà fondiaria: nelle aziende gestite da giovani agricoltori, circa il 61% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è in affitto, mentre questa percentuale scende al 38% per coloro che hanno superato i 40 anni di età. Diversamente, nelle aziende condotte da giovani, la quota di SAU di proprietà si riduce al 27,4%, mentre nelle aziende con agricoltori più anziani raggiunge il 52,4%. Queste informazioni sembrerebbero confermare un problema di accesso alla terra soprattutto per le aziende in fase di start-up, a causa degli elevati costi di acquisto e della reticenza degli agricoltori anziani a lasciare l'attività.
È interessante notare che i giovani agricoltori presentano un livello di istruzione significativamente più elevato rispetto alla media generale degli agricoltori, sia a livello nazionale sia nelle singole regioni: il 50% circa ha conseguito un diploma di scuola media superiore (contro il 22,1% degli over 40) e il 19,3% ha una laurea/diploma universitario (quota che scende all'8,7% per i capi azienda non giovani). Nella top 5 delle regioni con il maggior tasso di capi azienda giovani laureati, solo una si trova al Sud: Umbria (26,5%), Toscana (25,9%), Marche (22,6%), Lombardia (22,2%) e Basilicata (21,8%).
La crescente professionalizzazione delle aziende gestite da giovani, valutata in base al loro livello di istruzione, ha impatti positivi su vari aspetti dell'attività aziendale. Nei tre anni precedenti alla rilevazione censuaria, il 24,4% dei giovani agricoltori ha introdotto innovazioni in azienda contro una media generale del 9,7%. Inoltre, le aziende condotte da giovani mostrano un grado di digitalizzazione superiore di oltre il doppio rispetto a quelle gestite da agricoltori più anziani, registrando un tasso del 33,6% contro il 14% delle aziende non giovanili.
Il 71,4% delle aziende gestite da giovani (53,1% la media nazionale), dedica una notevole attenzione alla commercializzazione dei propri prodotti. Questo dato sembra essere influenzato positivamente dalla propensione degli agricoltori giovani verso l'associazionismo, uno strumento di aggregazione che suscita un crescente interesse. Nel dettaglio, il 46,8% delle aziende condotte da giovani (rispetto al 40,1% delle aziende non giovani) è affiliato a un'associazione, il 21,5% fa parte di un'organizzazione di produttori e il 2,2% (in confronto allo 0,7% degli agricoltori over 40) è coinvolto in una rete d'impresa. A livello geografico, le percentuali più elevate di partecipazione all'associazionismo tra i giovani agricoltori si riscontrano nelle regioni del Nord-est (64%), del Nord-ovest (54%) e del Centro (51%).
I giovani agricoltori risultano essere tra i soggetti più attivi del modello di agricoltura multifunzionale (agriturismi, trasformazione e vendita diretta, agriasili, ecc.), che sta progressivamente trasformando il settore primario italiano, ma anche tra i sostenitori dell'approccio agroecologico. È riscontrabile, infatti, una maggiore attenzione da parte dei giovani sulle questioni ambientali che si può leggere, ad esempio, considerando l'utilizzo di sistemi di produzione biologici, dove la quota delle aziende giovani (14,6%) è più che doppia rispetto a quella dei non giovani (5,9%) e, più in generale, del totale (6,7%). In aggiunta si rileva un maggior ricorso alla diversificazione produttiva con almeno una attività aggiuntiva all'agricoltura. Riguardo a quest'ultimo aspetto, dalla lettura dei dati si evince come l'11,6% delle aziende con capi azienda giovani diversifica con almeno un'attività remunerativa connessa con quella agricola; questa percentuale scende al 5,2% se si considerano le aziende dei non giovani (TAB. 2). Le aziende che maggiormente ricorrono alla diversificazione produttiva si localizzano nel Nord e nel Centro del Paese, rispettivamente con percentuali del 20,2% e del 17,2%; al Sud la quota dei giovani agricoltori che diversificano non supera il 5,7% ma comunque risulta quasi doppia rispetto a quella dei non giovani che è pari al 2,3%. Tra l'altro, lo squilibrio territoriale in tema di diversificazione risulta ancora più accentuato se si considerano i dati territoriali: in ben 12 regioni, infatti, la quota di aziende agricole con attività connesse si colloca al di sopra della media nazionale, con il valore massimo per la P.A. di Bolzano (30,3%); all'opposto, in alcune realtà del Sud, tra cui Calabria, Sicilia e Puglia, non si raggiunge neanche il 5%. Osservando il dettaglio delle principali attività connesse, si nota come la quota delle aziende giovanili sia quasi sempre più che doppia rispetto a quelle con capo azienda non giovane.
La principale tipologia di attività connessa è l'agriturismo, con una quota del 4% nelle aziende condotte da giovani (2% nel caso delle non giovani). Seguono le attività di contoterzismo presenti nell'1,8% delle aziende giovani e la produzione di energie rinnovabili, le trasformazioni dei prodotti animali e vegetali.
I dati del 7° Censimento forniscono un quadro aggiornato dell'imprenditoria giovanile all'avvio della nuova PAC che, tra i nove obiettivi strategici, annovera il sostegno al ricambio generazionale.
Nonostante l'impegno della politica pubblica nel promuovere e sostenere l'ingresso dei giovani nella conduzione delle aziende agricole, l'analisi dei dati rivela una scarsa presenza di aziende gestite da individui al di sotto dei 40 anni, con conseguente persistenza di una classe di conduttori ormai maturi.
Le cause di questa situazione, ancora una volta, possono essere ricondotte a fattori di natura socio-culturale e alle persistenti barriere all'ingresso legate alle caratteristiche strutturali e organizzative del settore agricolo. Tuttavia, vi sono eccezioni regionali che, seppur non contrastino la tendenza generale, mostrano una presenza di giovani imprenditori ben al di sopra della media nazionale. Questo suggerisce la possibile esistenza di fattori che hanno agevolato il loro insediamento.
I dati al momento disponibili non permettono, infatti, di approfondire le caratteristiche strutturali delle aziende condotte da giovani ma si soffermano, soprattutto, sulle loro scelte imprenditoriali in termini di innovazione e approccio al mercato. A nostro avviso, ciò che emerge maggiormente nella componente giovanile è l'attenzione più marcata sui temi della transizione verde e digitale, a cui accedono più facilmente per effetto dell'introduzione di innovazioni in azienda e la continua formazione professionale.
Francesco Licciardo, Barbara Zanetti, Serena Tarangioli, Giuseppe Gargano, Stefano Tomassini
CREA - Politiche e bioeconomia
PianetaPSR numero 127 settembre 2023