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Distretti del Cibo

I Distretti del Cibo alla prova del Piano Strategico della PAC

Il PSP punta molto sulla cooperazione agroalimentare per rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera.

Il Piano Strategico della PAC 2023-2027 pone particolare attenzione alla cooperazione agroalimentare, in quanto ritenuta strumento utile per garantire un migliore equilibrio nella distribuzione del valore aggiunto e rafforzare il ruolo degli agricoltori nei processi decisionali delle filiere.

Gli interventi del PSP per lo sviluppo della cooperazione in agricoltura e nelle aree rurali  Fonte: PSP 2023-2027
Gli interventi del PSP per lo sviluppo della cooperazione in agricoltura e nelle aree rurali Fonte: PSP 2023-2027
 

Il PSP propone numerosi interventi a favore della cooperazione agroalimentare: alcuni ben consolidati come le OCM e le misure di cooperazione dello sviluppo rurale, che hanno specifiche regole in termini di composizione del partenariato e presentazione del progetto di intervento, altri più innovativi che permettono di sperimentare nuovi processi di collaborazione. Questi ultimi si rivolgono anche a nuove tipologie di beneficiari come le reti d'impresa o i Distretti del Cibo.

I distretti sono uno strumento di collaborazione degli attori della filiera e di questi con il territorio in cui si opera. Non a caso il Piano Strategico della PAC 2023-2027 li individua come soggetti che potrebbero attivare processi di cooperazione volti a garantire da un lato lo sviluppo di filiere eque nella distribuzione del valore aggiunto tra gli operatori, dall'altro a tutelare le esigenze dei consumatori e della società civile in termini di sanità, salubrità e qualità del cibo. Altrettanto evidente è il ruolo che questi soggetti potranno avere nello sviluppo dei territori rurali collaborando alla realizzazione delle strategie di sviluppo locale, soprattutto di quelle più innovative (per esempio gli Smart Village).

Cosa sono i Distretti del Cibo

I Distretti del Cibo, introdotti dalla legge 205/2017, sono strumenti di riconoscimento della capacità dei territori agricoli e rurali di avviare percorsi di cooperazione tra gli attori della filiera produttiva finalizzati all'equo riconoscimento del lavoro di tutti i soggetti coinvolti e alla tracciabilità del processo produttivo in una logica di garanzia per il consumatore finale. 

La norma del 2017 risponde all'esigenza riportare sotto una definizione comune l'evolversi della normativa nazionale e regionale, che a partire dalle definizioni introdotte dal decreto legislativo 228/2001 aveva variamente classificato i distretti operanti nelle aree agricole e rurali.
Ai distretti agroalimentari e rurali si sono aggiunti quelli biologici, i biodistretti, i distretti di filiera, quelli agroindustriali e così via. L'istituzione dei Distretti del Cibo ha cercato di far sintesi, raccogliendo sotto una unica definizione:

  • I distretti e i sistemi produttivi locali rurali e agroalimentari già istituiti o in attesa di riconoscimento ai sensi della legge 317/91 (distretti industriali a vocazione agricola)
  • I distretti agroalimentari o sistemi produttivi locali, anche interregionali, caratterizzati da una significativa integrazione tra attività agricole e altre attività comprese quelle con certificazioni di qualità
  • I sistemi produttivi localizzati in aree urbane e periurbane con significativa presenza di attività agricole con l'obiettivo di riqualificazione ambientale e sociale
  • Sistemi locali legati alla vendita diretta e alla filiera corta
  • Distretti e sistemi produttivi locali biologici.

I Distretti del Cibo si propongono anche specifici obiettivi:

  • Promuovere lo sviluppo territoriale, la coesione e l'inclusione sociale
  • Favorire l'integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale
  • Garantire la sicurezza alimentare, diminuire l'impatto ambientale delle produzioni e ridurre lo spreco alimentare
  • Salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale.

Rispetto agli obiettivi sopra descritti, il distretto si pone come un approccio organizzativo inclusivo che deve avviare o sviluppare processi di sviluppo.

I Distretti del Cibo riconosciuti

Oggi i distretti riconosciuti e inscritti nel Registro dei Distretti del Cibo istituito presso il MASAF sono 196.

Le prime analisi, svolte nell'ambito della Rete Rurale in occasione della Consulta dei Distretti del Cibo tenutasi a Matera lo scorso giugno, mettono in evidenza una grande varietà tra i distretti ad oggi iscritti nel Registro. Il 67% si concentra in 5 Regioni, con la Toscana regina in termini di iscrizioni (41), mentre Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Molise e Friuli Venezia Giulia non hanno registrato distretti.
 
Si va da distretti la cui lo sviluppo del territorio rurale e della filiera agroalimentare è legata allo sviluppo di percorsi enogastronomici, come nel caso dalle Strade del vino iscritte dalla Regione Toscana, ai grandi distretti agroindustriali tipici dell'area Padana in cui la filiera ruota intorno a grandi imprese alimentari. Anche i percorsi organizzativi nonché i compiti cui fungono sono estremamente articolati. In alcuni casi i partenariati sono attivi da tempo e hanno potuto formalizzare il modello organizzativo del distretto nonché definire il percorso di sviluppo. In altri casi si tratta di soggetti giovani che proprio attraverso il riconoscimento tentano di avviare percorsi di sviluppo. 

L'analisi ha fatto emergere anche quali potrebbero essere i punti di forza dei Distretti del Cibo rispetto allo sviluppo del settore agricolo poiché è indubbio che nei distretti è possibile:

  • avviare percorsi di facilitazione relazionale tra gli attori coinvolti e quindi favorire la partecipazione e il coinvolgimento; 
  • rafforzare il sentimento di appartenenza rispetto ad un progetto comune e responsabilizzare i singoli rispetto agli interessi collettivi; 
  • individuare elementi di innovazione e di sviluppo del capitale umano, nonché percorsi virtuosi in termini di sostenibilità economica, ambientale e sociali.
 
 

Serena Tarangioli
CREA PB

 
 

PianetaPSR numero 127 settembre 2023