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VINI&TERRITORIO

Ma che bel castello, custode di vigneti autoctoni

La scommessa dell'imprenditrice Chiara Reda che in provincia di Biella ha scommesso sulle radici locali di una produzione di nicchia targata Nebbiolo - Progetto finanziato anche dal Psr
foto dell'imprenditrice

Da archeologa, a fotografa, a viticoltrice Doc in un castello ottocentesco nel cuore delle terre biellesi, dove ha riportato in vita antichi vigneti del 1300. E' il percorso professionale di Maria Chiara Reda che a 40 anni si è lanciata nel mondo della viticoltura, continuando una tradizione che ha le sue radici a Vigliano di Montecavallo (Biella), nel castello di famiglia e cantine annesse, costruito intorno al 1830, in stile neogotico sui resti di una casaforte del XIII secolo. Dai 2,1 ettari di terreno vitato in gran parte a Nebbiolo, nella sua azienda vitivinicola sono nati tre rossi, un bianco e un rosato. Ed è la fantasia ad essere il fil rouge di tutta la sua produzione autoctona; i nomi dei vini scelti da Chiara, motociclista incallita, parlano infatti della sua infanzia, della sua famiglia e della sua passione per la Grecia dove ha vissuto per qualche anno, gestendo un bar in un'isola dell'Egeo. 
Nel 2002 ho deciso di investire su un terreno che per anni aveva prodotto un vino ad uso familiare un po' allargato - esordisce Maria Chiara - . Era una scommessa, entrare nel mercato con un prodotto di nicchia, non si poteva cancellare una vigna che ha quasi 900 anni. Mi sono quindi rimboccata le maniche, investendo energie e risorse e oggi posso dire che ho avuto ragione. Quando c'è passione, tutto sembra più facile.

Qual è il primo vino nato in azienda?
Il 'Cajanto', che significa cavallo nel mio linguaggio da bambina; a dire il vero questo vino da tavola, non avendo all'epoca la cantina per poterlo vinificare e imbottigliare, lo abbiamo fatto in un'altra azienda. Il discreto successo ottenuto ci ha quindi spronati ad accelerare nel 2006 la sistemazione della nuova struttura, utilizzando le vecchie scuderie del castello. La Doc è arrivata con il vino 'Castello di Montecavallo', un Cose della Sesia, la cui etichetta è stata disegnata da mia madre, pittrice allieva di Casorati.

Insomma in ogni vino c'è un pezzo della sua vita.
Ebbene sì, ma sono vini tutti rigorosamente autoctoni. Profumi della mia terra con nomi della mia vita. Nel 2009 poi è arrivato lo Sforzato biellese, 'Aralcader', appena 300 bottiglie l'anno, Nebbiolo puro raccolto schioccato a mano e quindi messo ad appassire in apposite cassette per due mesi e lasciato fermentare un paio d'anni in botte, un antico modo per vinificare aumentando un pò la gradazione. 'Aralcader' non è altro che il nome letto al contrario di mia madre, alla quale devo la passione per la mia terra.

E della sua esperienza greca cosa serba?
Il calore della terra che ho cercato di trasfondere nel nostro rosato Klix, il cui nome deriva dal termine greco con cui in antichità si designava la coppa in terracotta dove veniva servito il vino. E' un vino da sorseggiare in estate, fatto da pura uva nebbiolo. E poi c'è il 'Biondin', bianco ottenuto con uve di Erbaluce appassite, il cui nome era il soprannome dato a Francesco Demichelis ultimo brigante biellese, galante e romantico con le donne.

Parliamo ora della cantina, cuore della produzione.
E' stata costruita insieme al castello, ci sono ancora tini di castagno e botti dell'epoca. I primi riscontri di esistenza dei vigneti su queste colline risalgono al 1279 ma le notizie documentate sono del 1700. 

La sua esperienza con i Psr?
Direi positiva. Sette anni fa ho fatto la prima domanda per reimpianto di 4.000 metri  ed è andata a buon fine, poi ne ho fatta un'altra tre anni fa per la ristrutturazione dei vigneti per cambiare pali e fili in una vigna di 1 ettaro, anche questa con esito positivo; anche per la cantina ho avuto un contributo per acquistare nuove botti. Non ho mai avuto difficoltà, forse perché nella provincia di Biella, non siamo tanti ma anche perchè per avviare la pratica è necessario fare una fidejussione in banca che tanti non vogliono fare.

Complessivamente quanto producete?
Con il mio vino base Cajanto ad oggi siamo arrivati a circa 6.000 bottiglie l'anno. Con il rosato Kylix siamo intorno alle 1.000 bottiglie, ma dovremo aumentare un pò perchè piace molto. Di 'Montecavallo' ne produciamo 2.500 bottiglie, di 'Biondin' circa 500 bottiglie, di Aralcader, il mio preferito, facciamo circa 300 bottiglie ma solo nelle annate migliori. Quanto alla commercializzazione, per adesso ho un agente per tutta la provincia di Biella e, tramite amicizie, sto iniziando a vendere anche un po' a Torino e Milano. Spero di ampliare la rete di vendita in previsione di una produzione maggiore.

Progetti per il futuro?
Credo che il più importante sia riuscire a  tenere in piedi questa casa a cui sono davvero tanto legata per un mix di affetto, tradizione e amore per il bello. E' buffo, ma quando erediti una roba così, ti viene un enorme senso di responsabilità nei confronti di chi l'ha costruito, di chi te l'ha lasciato e di quelli a cui lo lascerai... non ne vieni più fuori. Quanto ai vini mi piacerebbe riuscire a migliorarne la qualità, avere qualche riconoscimento e naturalmente un po' di gloria. Sto per piantare un altro ettaro di vigna, così arrivo a tre, poi mi fermo.

 
 
 

Sabina Licci

 
 
 

PianetaPSR numero 8 - marzo 2012