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Vinitaly 2012

Vino bio, il bicchiere è mezzo pieno

Al convegno Mipaaf dibattito sulle norme Ue: una chance in più per la valorizzazione del made in Italy ma alcuni temi controversi come trattamento termico e questione solfiti meritano un approfondimento

Lo storico regolamento 2092/1991/CE, venuto alla luce a seguito dell'esigenza connessa a un impiego meno intensivo della terra e della necessità di rispondere a nuove sensibilità negli stili di vita e nei consumi, ha rappresentato negli anni un importante punto di riferimento in materia di produzione, etichettatura e controllo di prodotti agricoli e derrate alimentari ottenute con metodo biologico.Ma le regole europee non hanno mai fatto riferimento al processo di vinificazione, concentrandosi piuttosto sulla produzione vegetale, cosi che sino ad oggi è stato possibile parlare soltanto di "vino ottenuto con uve biologiche", oppure "uve prodotte con il metodo biologico".Questo vuoto normativo è stato finalmente colmato con la pubblicazione del Regolamento n. 203/2012/UE, che va a completare il nuovo quadro comunitario in materia di prodotti biologici costituito dal Reg. n. 834/2007/CE e dal Reg. n. 889/2008/CE che ne detta le modalità applicative.Oltre all'obbligo di utilizzo di materie prime - ovvero uve - biologiche, il regolamento stabilisce un sottoinsieme di pratiche enologiche e di sostanze, quali definite nel regolamento (CE) n. 606/2009 relativo all'organizzazione comune del mercato (OCM) vitivinicolo, da utilizzare per i vini biologici.Al riguardo sono diversi gli elementi di perplessità ribaditi dagli operatori del settore anche a Vinitaly 2012, in occasione del convegno "Impatti e prospettive del nuovo regolamento europeo sul vino biologico" organizzato dal Mipaaf.

Fonte: dati SINAB 2010

A livello di pratiche enologiche, la restrizione relativa al trattamento termico, inferiore a 70°, preclude de facto ai mosti concentrati e ai mosti concentrati rettificati la possibilità di fregiarsi della qualifica di "biologico", mentre il divieto dell'elettrodialisi e del trattamento con scambiatori di cationi per la stabilizzazione tartarica, tra gli altri, non sembrano rappresentare elementi utili per la promozione del prodotto.Lo stesso discorso vale per l'anidride solforosa, il cui tenore massimo è fissato in 100 mg/litro per i vini rossi e 150 mg/litro per i bianchi e rosati, con ulteriori specificazioni in base alla tipologia di vino (spumante, passito...): una riduzione considerata troppo limitata rispetto ai vini convenzionali, che non permetterebbe di differenziare in modo sostanziale il prodotto biologico.Sono diverse le questioni che andrebbero approfondite in sede comunitaria, a cominciare dalla revisione della Commissione, in programma entro il 1° agosto 2015, su pratiche quali osmosi inversa, resine scambiatrici di ioni e trattamenti termici. Rimane costantemente aperta la possibilità, da parte degli Stati membri, di presentare dossier tecnici a sostegno di proposte di modifica, anche se per quest'anno sembra difficile riuscire a intervenire in tempo per la raccolta.La regolamentazione comunitaria sulla produzione di vino biologico deve anche confrontarsi con le Organizzazioni sovranazionali deputate alla normazione verticale. Ad esempio l'OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino), nel caso del vino, che ha redatto linee guida e documenti tecnici per la produzione sostenibile in viticoltura ed enologia: giungere alla piena concordanza tra le norme garantisce non solo un quadro normativo omogeneo che faciliti gli operatori del settore, ma anche a non creare distorsioni e a tutelare il Mercato Comune, a maggior ragione in un settore così importante per l'agricoltura e l'economia nazionale.

 

L'Italia detiene infatti il primato europeo di Superficie Agricola Utilizzata (oltre 30.000 ettari) per la produzione biologica di uva, seguita da Francia (c.ca 21.000 ettari) e Spagna (oltre 17.000 ettari - Dati ESTAT 2010); seguono gli altri Paesi, nettamente più distanziati.A livello nazionale, l'andamento storico conferma la generale tendenza in crescita della superficie coltivata a vite con metodo biologico, anche in conseguenza dell'aumento della domanda di "vino bio" che si è verificata negli ultimi anni.Anche il numero di aziende che trasformano uva biologica, le più direttamente interessate alle novità europee, risultano sostanzialmente stabili in Italia, se si esclude una leggeraflessione nel 2010.
L'impatto delle norme sul vino biologico viene momentaneamente attutito dalle disposizioni transitorie, che consentono di mettere sul mercato le scorte di vini prodotti fino al 31 luglio 2012; risulta invece centrale, a partire dal 1° agosto 2012, l'obbligo di apporre in etichetta su tutte le confezioni di vino biologico il logo europeo, unitamente al codice di riferimento dell'Organismo che certifica il prodotto bio.

 
 
 

Francesco Serafini
f.serafini@ismea.it

 
 

PianetaPSR numero 8 - marzo 2012