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Innovazione

Ricerca e reti d'impresa, jolly per la competitività

Uno studio del Censis per Confagricoltura: più aggregazioni per fare economia di scala e rafforzare il potere contrattuale, la carta innovazione per crescere sui mercati internazionali

Innovazione e aggregazione, reti di  impresa e di servizi. Sono le parole d'ordine in casa Confagricoltura per avere un futuro, un modello adottato già da diverse aziende, quelle che riescono a fronteggiare la crisi, che non si limita all'aspetto produttivo. Il modello della rete, infatti, è più profondo e ad ampio spettro: permette di condividere informazioni, attività produttiva, economie di scala, progetti di internazionalizzazione. E' stato questo il leit motive dei lavori dell'organizzazione degli imprenditori agricoli che si sono svolti a Taormina, un'Academy e non un Forum, come ha subito voluto puntualizzare il presidente Mario Guidi, per studiare, conoscere, confrontarsi con una politica  che abbia coraggio e che sappia interpretare gli interessi di tutto il settore primario.

Reti di collaborazione più diffuse

 

Una politica che sappia anche focalizzare strategie imprenditoriali per far crescere e ristrutturare aziende e settore. Una tre giorni di confronto con esperti economici internazionali e manager, in cui sono stati siglati diversi accordi, spaziando dall'energia con Enel, all'on line con Microsoft, dall'accesso al credito con Bnl, alle filiere come quella del tabacco con la British American Tabacco. Questo, perché l'agricoltura non può isolarsi, ma deve essere parte integrante della società. Da Taormina , Confagricoltura ha quindi lanciato modelli più efficaci di modernizzazione anche per la struttura produttiva, con aziende che hanno investito per ammodernare impianti e politiche commerciali, aumentando la propensione verso l'estero, valvola di uscita contro la crisi; sforzi di crescita che, secondo Confagri, vanno sostenuti anche attraverso un sistema di rete con gli enti della pubblica amministrazione in modo che semplifichino la vita delle imprese. 

 

Aziende agricole partecipanti a reti di collaborazione

A cosa dovrebbero servire le reti (risposte in %)

 
 

 Punto di partenza dei lavori è stata una ricerca del Censis che ha aggiornato la mappa delle aziende-modello fotografate già nel 2007 dallo stesso istituto, per vedere come stanno affrontando la crisi. Il 76,3% delle imprese intervistate hanno scoperto i vantaggi di lavorare in network, vissuto come un valore e non come un costo, operando per reti di collaborazioni con clienti e fornitori per il miglioramento del prodotto e del processo produttivo; il 52,3% è in collegamento con altre aziende per promuovere e tutelare specifici prodotti agricoli; il 48% è in una rete di cooperazione con Università e centri di ricerca e sperimentazioni.
L'indagine mette in luce anche i limiti del sistema agricolo attuale, l'estrema parcellizzazione e lo scarso potere contrattuale e di mercato nazionale ed estero; parallelamente emerge la necessità delle imprese di rafforzare e controllare maggiormente le fasi a monte e a valle della produzione, cercando di avere maggiore potere e verso i canali distributivi e verso le industrie di trasformazione.
Criticità che, in base alla ricerca, sono fronteggiate  dalle imprese sempre attraverso il modello di network. Secondo gli intervistati, infatti, le reti di collaborazione sono utili per accrescere il potere contrattuale delle stesse aziende (53%), per consentire un migliore accesso al credito (52%), per  un migliore accesso a forme di incentivo pubblico del processo produttivo (42%). Un modello di reti dove ogni azienda trova la sua collocazione, in funzione delle peculiarità e le priorità dei diversi settori. Così,
a esempio, le imprese di vino e olio partecipano a consorzi per lo smaltimento dei rifiuti, l'utilizzo delle acque di depurazione e altri servizi in comune (47%) e ancor più per la promozione (67%). Chi produce seminativi è invece più orientato a creare reti di scambio di informazioni con fornitori e clienti (79%), aderendo a gruppi di acquisto e  forniture (44%); le realtà zootecniche, invece, collaborano con Università e centri di ricerca (56%) e gruppi di acquisto di forniture (45%); l'ortofrutta e il florovivaismo, invece, considerano utile fare rete con il mondo scientifico e della ricerca (52%) e per lo sviluppo di marchi comuni per identificare e valorizzare la produzione (34%).

Sabina Licci

 
 
 
 

PianetaPSR numero 9 - aprile 2012