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Filiera corta, un tema chiave per i futuri Psr

Nell'attuale programma l'Italia ha forzato le norme Ue inserendo alcune misure specifiche, ma con la riforma Pac questa formula diventerà una priorità strategica della Politica di sviluppo rurale

Quando si dice un cambio radicale di strategia. Nell'attuale fase di programmazione il concetto di filiera corta era considerato una sorta di tabù dalla stessa Commissione europea, questo non perché non fosse ritenuta interessante come modalità operativa, ma perché il regolamento, strategicamente focalizzato sulla "competitività" dell'impresa, tendeva a privilegiare azioni di sistema volte alla promozione e al rafforzamento del sistema agroalimentare. Gli interventi sulla filiera corta potevano essere attivati nell'ambito degli assi 3 e 4, utilizzando le misure rivolte allo sviluppo delle aree rurali e alla diversificazione delle tradizionali agricolture locali.  La programmazione nazionale, in parte derogando i principi regolamentari, ma soprattutto per dar voce ad agricoltori e  agricolture di nicchia, qualità o solo caratterizzate da piccole dimensioni si è comunque dotata di strumenti, anche innovativi, per intervenire a sostegno di un'agricoltura volta a restituire valore aggiunto ai produttori primari riducendo, appunto, i passaggi di filiera che portano i prodotti sui mercati. Non a caso, Basilicata, Marche e, più di recente, anche la Toscana, Regioni tra le più caratterizzate da produzioni locali e di qualità hanno previsto, nell'ambito dei Psr, la possibilità di attivare progetti integrati di filiera territoriale o corta con l'intento di promuovere azioni cooperativistiche finalizzate ad avvicinare consumatore e produttore. Inoltre, nella gran parte dei Psr con le misure dell'asse 3 e nell'ambito dell'approccio Leader hanno previsto interventi, soprattutto di natura logistica (punti vendita aziendali, aree mercatali, azioni promozionali e conoscitive) a sostegno dei circuiti brevi.

Un Commissario europeo all'agricoltura sensibile alla tematica, pressioni lobbistiche da parte di organizzazioni professionali e rappresentanze di piccoli agricoltori, una economia e(in)voluzione, sfide globali spesso difficilmente gestibili visti i competitors con cui ha a che fare l'Europa, hanno fatto emergere nuove priorità di azione per la Pac. Tra queste, nella proposta di regolamento per la Politica di sviluppo rurale post 2013, troviamo tra le strategie prioritarie l'intervento sulla filiera corta e diversi strumenti a sostegno della stessa.

Figura 1 - Art.36 e filiera corta

 

L'attenzione della proposta di regolamento sulla filiera corta è articolata. Si parte con l'art.2 che ne propone una definizione: filiera di approvvigionamento formata da un numero limitato di operatori  economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo locale e stretti rapporti socio-territoriali tra produttori e consumatori. Questa definizione tende a individuare una precisa dimensione operativa e territoriale del concetto di filiera e a fare ordine tra le innumerevoli forme di commercializzazione che solitamente vengono annoverate come "filiera corta". La filiera corta coinvolge un limitato numero di attori è ha un preciso territorio di riferimento in cui esistono rapporti consolidati tra produttori e consumatori.Ma la filiera corta non è solo una definizione, è soprattutto una priorità della nuova politica di sviluppo rurale che, appunto, è finalizzata alla promozione della filiera agroalimentare (...) favorendo la migliore integrazione dei prodotti primari nella filiera agroalimentare attraverso i regimi di qualità, la promozione dei prodotti nei mercati locali, le filiere corte, le associazione di produttori e le organizzazioni interprofessionali. Nell'ambito di una strategia volta a promuovere l'integrazione di filiera, la filiera corta assume un ruolo di primo piano teso alla valorizzazione delle attività imprenditoriali in una logica di sistema produttivo territoriale.La priorità si traduce in una serie di strumenti d'intervento finalizzati allo sviluppo di filiere corte e alla creazione di servizi ad essa congeniali e indispensabili. L'art. 36, fulcro delle iniziative tese a favorire l'integrazione di filiera, prevede tutta una serie di azioni a sostegno della filiera corta che vanno dalla creazione dei partenariati, alla predisposizione di piattaforme logistiche, fino alla promozione delle filiere corte e dei mercati locali (figura 1). Le azioni previste hanno un doppio livello d'azione: 1) la creazione di partenariati tra agricoltori disposti a cooperare per organizzare la propria offerta produttiva; 2) la predisposizione di servizi materiali e immateriali tesi a rendere fruibile ai consumatori tale offerta.L'azione regolamentare, comunque, non si limita a questo articolo. Infatti, la priorità legata alla filiera corta è finalizzata, come dicevamo, da una parte a restituire reddito al settore primario riducendo le transazioni intermedie del processo di distribuzione dei prodotti; dall'altro, risponde a specifiche esigenze territoriali in cui l'agricoltura può essere volano di sviluppo locale. Si tratta di territori in cui l'agricoltura trova ragione economica dalla convivenza con le realtà socio-economiche locali, è un elemento di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, può contribuire alla ristrutturazione di aree soggette a processi di riconversione economica e sociale.

Figura 2 - Il sottoprogramma "filiera corta": misure utilizzabili

La filiera corta è vitale per l'agricoltura periurbana, lo sviluppo di sistemi modali che avvicinino i consumatori cittadini alle imprese può avere un impatto economico di tutto rilievo a cui si aggiungono impatti di carattere ambientale (km 0) e socio-ricreativi.
Le produzioni di qualità sono volano per il turismo rurale e naturale; anche in questo caso la possibilità di creare spazi di commercializzazione e di attivare iniziative promozionali potrebbe innescare processi di sviluppo locale basati sul rapporto produttore-consumatore (turista). Per tutti gli altri territori rurali l'attività di piccoli operatori cooperanti può diventare economicamente redditizia o giocare un ruolo di rilievo nello sviluppo di microfiliere produttive in cui il circuito produttivo breve (in termini spaziali) può creare o diversificare occupazione e reddito a livello locale.

 
 

In tutti questi casi e qualora un Psr ritenga strategico l'intervento a favore della creazione e dello sviluppo di filiere corte, è possibile presentare un sottoprogramma "filiera corta" che utilizzi una serie di misure (figura 2) finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo. Nel caso si intervenga con un sottoprogramma, i beneficiari potranno godere di un cofinanziamento pubblico più alto (10%) oltre che di una programmazione specificamente rivolta a definire la strategia di intervento territoriale.L'utilizzo di un sottoprogramma, finalizzando una serie di misure ad un obiettivo specifico, serve a finalizzare l'azione pubblica e a facilitare l'azione pubblica in termini di coinvolgimento degli operatori su azioni strategiche. La filiera corta è, come abbiamo visto, uno strumento essenziale della nuova politica di sviluppo rurale. E' però opportuno che si intervenga senza svalutare il suo valore intrinseco, spesso basato su rapporti interpersonali, sulla condivisione di valori etici, sociali, ambientali, su reti informali. La "formalizzazione" di tali rapporti/valori finalizzata al solo ottenimento di un finanziamento pubblico potrebbe essere controproducente. L'intervento pubblico dovrà essere attento a rispettare i principi alla base della struttura  di filiera corta, puntando al miglioramento di processi esistenti o alla creazione di filiere corte in territori dove possano portare alla razionalizzazione dei sistemi agricoli locali.

 

Serena Tarangioli
tarangioli@inea.it

 
 
 

PianetaPSR numero 11 - giugno 2012