PianetaPSR
Colture alternative

Se la banana ha il bollino tricolore

Produrre banane in Sicilia, adattandosi ai cambiamenti climatici e alle altalene del mercato: una giovane agricoltrice lancia la sfida ai prodotti esteri, che mette "alla prova del frigo"
Letizia Marcenò

 "L'altro giorno ho comprato delle banane provenienti, come succede nel 99,9% dei casi, dal Sudamerica. Poco dopo averle messe nella scodella della frutta, ho cominciato a vedere le solite macchie nere comparire con velocità sorprendente sulla buccia. Avevo comprato anche dei Kiwi provenienti dall'estero, erano duri come un sasso. E quando acquisto delle nespole provenienti (ad esempio) dalla Spagna le metto alla prova del frigo. Avete provato? Resistono 4-5 mesi, intatte. Le mie solo qualche settimana, come è normale che sia. Ci sarà un motivo? La gente se lo chiede? Io per quanto mi riguarda ho sempre l'impulso di riportarle al fruttivendolo. Bisogna tutelare i prodotti italiani." Esordisce così al telefono Letizia Marcenò, solo 23 anni, di Palermo, un'azienda agricola di 6 ettari nella Valle del Loreto che produce nespole, agrumi e da qualche tempo....banane."La produzione è ancora limitata, si parla di una quarantina di caschi l'anno, ma la mia intenzione è arrivare almeno a servire, in un futuro non troppo lontano, il bacino regionale". L'azienda di famiglia di Letizia ha cominciato a produrre banane una decina di anni fa, anche per rispondere alla crisi del mercato e per difendersi dalla aggressività dei prodotti stranieri. "Gli alberi di limoni restavano carichi. Vinceva il prodotto di Paesi dove la manodopera ha un costo infinitamente inferiore. La scelta di puntare sulle banane poi è anche legata al clima della Sicilia, sul quale non bisogna dimenticare anche l'influenza dei cambiamenti climatici in atto", ci racconta Letizia. "Noi ci siamo trovati nella condizione di voler difendere in primis il prodotto italiano, soggetto alla concorrenza di quello straniero, un prodotto italiano per il quale vengono (giustamente dico io per carità perché la sicurezza e la qualità sono al primo posto) richiesti controlli e passaggi burocratici di ogni genere.

 

Per quel che riguarda i prodotti stranieri, invece, anche se restiamo solo a quella che io chiamo "la prova del frigo" dovremmo a mio parere cominciare a porci delle domande su cosa stiamo consumando, su quali trattamenti subisce il prodotto. Senza contare tutto il discorso sul km zero, sui costi economici e ambientali dei trasporti".  Ecco, il km zero. Abbiamo chiesto a Letizia, che vende le banane e gli altri prodotti sia in azienda sia nei mercatini di "Campagna Amica", come è riuscita a conciliare il "credo" del Km zero, che esalta per antonomasia il prodotto del luogo, con la vendita di banane. In realtà la risposta era scontata: "La banana può diventare un prodotto tipico", ci dice Letizia "E noi lo stiamo dimostrando, le nostre banane hanno una qualità eccellente, sono saporite, assolutamente sane e nella mia visione, poiché il clima della nostra regione ben si adatta a questa coltivazione, possono diventare un prodotto locale. Io credo che occorra anche un discorso di educazione alimentare, perché spesso il consumatore non sa quello che c'è dietro un prodotto, e allora acquista basandosi solo su questioni di convenienza economica". Insomma, parlando con Letizia, "Laggiù nel Paese dei Tropici" sembra una canzone ambientata in Sicilia. Grinta e coraggio, per una giovane agricoltrice che guarda avanti.

 
 
 
 

 
Andrea Festuccia
 
a.festuccia@ismea.it

 

PianetaPSR numero 11 - giugno 2012