In un'epoca di cambiamenti climatici, che minacciano l'esistenza del nostro pianeta, corre l'obbligo di ripensare le politiche per la tutela dell'ambiente e delle risorse indispensabili per il mantenimento della vita. Un'attenzione particolare va posta sull'acqua, risorsa fondamentale per ogni tipo di attività produttiva.
Nella programmazione 2014-2020 la Commissione ha rilanciato la sfida di proporre un modello di sviluppo rurale che coniughi lo sviluppo con la tutela dei territori e delle risorse.
Nella proposta di regolamento per lo sviluppo rurale 2014-2020 l'acqua assume un ruolo fondamentale: ben 2 priorità fanno riferimento al tema dell'acqua; i requisiti e le azioni correlate alla protezione dell'acqua vengono inseriti tra gli elementi che devono essere ricoperti dalla consulenza aziendale (art.16); gli agricoltori potranno ricevere un aiuto per la realizzazione di infrastrutture necessarie allo sviluppo e all'adattamento dell'agricoltura connesse alla gestione dell'acqua (art. 18); all'interno dei servizi di base nelle aree rurali potranno essere supportate dal FEASR infrastrutture su piccola scala (art.21); è prevista per gli agricoltori e i proprietari di foreste un'indennità compensativa per i maggiori costi e i minori guadagni derivanti dall'implementazione della Direttiva Quadro Acque (art. 31); infine, tra le condizionalità ex ante la proposta della Commissione annovera l'esistenza all'interno dello Stato membro di un'adeguata politica del prezzo dell'acqua.
Degna di una nota di riflessione è la proposta relativa al finanziamento degli investimenti in infrastrutture irrigue. L'art. 46 nella sua formulazione originaria considerava ammissibili al contributo comunitario soltanto gli investimenti che portano ad una riduzione dell'uso dell'acqua di almeno il 25%.
Nel corso del semestre danese il testo è stato rivisitato dalla Presidenza di turno. In realtà, la proposta che ne è scaturita è stata criticata da tutti gli Stati mediterranei poiché non migliora il testo presentato dalla Commissione.
Nel dettaglio, l'art. 46 riformulato considera ammissibili gli investimenti in infrastrutture irrigue che soddisfano le seguenti condizioni:
In relazione a queste condizioni desta perplessità il passaggio che impone di inserire nel piano di gestione di bacino tutti gli interventi che saranno realizzati a livello aziendale poiché questo piano potrebbe non arrivare ad un tale livello di dettaglio.
La norma prosegue distinguendo interventi che determinano miglioramenti su impianti di irrigazione esistenti e investimenti con conseguente estensione delle aree irrigate.
Nel caso di miglioramenti a un impianto di irrigazione esistente, un investimento può essere ammissibile solo se determina un aumento dell'efficienza nell'uso dell'acqua di almeno il 25%.
In relazione a questo requisito non è chiaro cosa si debba intendere per efficienza, come vada misurata e quali indicatori si potranno utilizzare. In sede di gruppo di lavoro presso il Consiglio è stato chiarito dalla Commissione che tale miglioramento va valutato in sede di studio di fattibilità dell'investimento e non deve poi essere sottoposto ad ulteriori controlli ex post. Rimane l'incognita di una percentuale che appare eccessivamente elevata se si tiene conto che l'Italia negli ultimi anni ha già realizzato una serie di investimenti che hanno determinato una maggiore efficienza delle infrastrutture irrigue, riducendo l'uso dell'acqua da falda del 11% (passata dal 45% al 34%) e aumentando l'uso di acqua proveniente da accumuli naturali ed artificiali (incrementata dal 4,6% al 6,1%). A ciò si aggiunga che ci sono particolari tipi di coltura (es. il riso) o particolari contesti paesaggistici che non consentono di raggiungere di una così alta percentuale nell'aumento dell'efficienza.
La norma prosegue poi dettando le regole per l'investimento che riguarda i corpi idrici il cui status è stato identificato meno che buono nel relativo piano di gestione dei bacini idrografici, per motivi legati alla quantità di acqua: in tal caso l'investimento deve garantire una riduzione di almeno il 20% del consumo di acqua a livello di singola azienda.
In questo caso si parla di riduzione dell'uso dell'acqua e la Commissione ha chiarito che essa deve poter essere dimostrata a investimento concluso.
In relazione a queste percentuali, la cui bontà non è stata supportata da studi scientifici, l'Italia si è fermamente opposta. Il Ministro Catania nel corso del Consiglio informale dei Ministri dell'Agricoltura svoltosi a Cipro lo scorso 11 settembre, ha chiesto al Commissario di rivedere questa norma e dal canto suo Ciolos ha mostrato disponibilità a modificare la struttura del testo e le condizioni necessarie per poter finanziare attraverso i fondi dello sviluppo rurale gli investimenti in infrastrutture irrigue.
Infine, per gli investimenti con conseguente estensione delle aree irrigate, il testo della Presidenza propone che esse siano ammissibili solo se:
In relazione a questo punto l'Italia ha chiesto di non prevedere ulteriori analisi ambientali laddove le stesse non siano previste dalla vigente normativa ambientale.
Questo il quadro di riferimento tenuto conto dell'avanzamento del negoziato.
Ragionando sulle opportunità che ci offre la futura programmazione bisognerà prevedere all'interno dell'accordo di partenariato le modalità per coordinare ed integrare gli interventi che saranno finanziati attraverso lo sviluppo rurale, i fondi strutturali e orizzonte 2020 in modo da massimizzare l'efficacia delle risorse investite delineando una serie di interventi che nel complesso possano apportare un miglioramento all'intero settore idrico del nostro Paese.
Graziella Romito
PianetaPSR numero 13 - settembre 2012