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INDAGINE INEA

Identikit degli immigrati occupati nei campi

Iniziativa nell'ambito del Pon Sicurezza per approfondire il fenomeno nelle regioni Convergenza e favorire l'inclusione sociale - In dieci anni la presenza degli stranieri è più che raddoppiata 
Fonte: ISTAT e INEA

Non solo i Psr si occupano del rilancio dell'agricoltura, ma anche gli altri fondi comunitari.
E' quanto accade nel PON Sicurezza, dove a prima vista i temi sembrano essere lontani da quelli legati allo Sviluppo rurale, mentre invece le interconnessioni sono molto forti. Infatti, il PON Sicurezza ha stretto un accordo con il Mipaaf per la realizzazione dell'indagine "L'impiego degli immigrati in agricoltura nelle Regioni in Convergenza", affidato all'Istituto nazionale di economia agraria.
L'Inea da oltre 20 anni realizza un approfondimento sulla questione, la cui evoluzione mette in chiara evidenza come il ricorso alla manodopera straniera in agricoltura sia divenuto ormai un fenomeno a carattere strutturale. Basti pensare che dal 1989 al 2010 l'impiego degli immigrati in Italia è passato dalle 23.000 unità a oltre 190.000, comprendendo anche i cittadini neocomunitari. L'indagine considera sia la manodopera straniera regolare sia gli irregolari, ed evidenzia come nel tempo si sia accresciuta la dipendenza della nostra produzione agricola dall'impiego di manodopera straniera.
A fronte di una fuoriuscita di lavoratori dal comparto primario, fenomeno tipico dell'evoluzione delle economie avanzate, aumenta il ricorso all'utilizzo di stranieri. Se questi ultimi nel 2000 rappresentavano quasi il 10% del totale degli occupati, nel 2010 la quota risulta più che raddoppiata e pari al 22% (v. grafico1).
Sostanziali differenziazioni caratterizzano il nostro Paese: l'impiego degli immigrati è fortemente assorbito dalle Regioni del Nord (54%) e una fetta consistente si trova nell'agricoltura del Sud (28%, isole escluse).
Guardando ai comparti maggiormente interessati dal fenomeno, si evidenzia che il 38% degli stranieri si occupa delle colture arboree. Le dinamiche degli ultimi dieci anni rivelano che alcuni comparti hanno fatto crescente ricorso a manodopera straniera. E' il caso della zootecnia, dove nel 2000 erano impiegati il 10% degli stranieri e nel 2010 il peso percentuale passa al 17%. Anche il florovivaismo, che nel 2000 assorbiva solo il 4% degli occupati stranieri, ora rappresenta il 10%.
Un tema particolarmente spinoso che si affronta quando si parla di immigrazione è chiaramente l'utilizzo spesso irregolare delle posizioni lavorative.
Dall'indagine Inea si evince che dal 2000 ad oggi, fermo restando il persistere di sacche importanti di non regolarità nelle relazioni tra lavoratori e imprenditori, si registra un significativo miglioramento sia in termini di regolarizzazione dei rapporti lavorativi (in dieci anni sono passati dal 47% al 72%) sia per l'adeguamento delle retribuzioni con tariffe sindacali (dal 48% al 62%). Questa evoluzione, che secondo opinioni correnti è legata anche all'incremento delle azioni ispettive, è diffusa in tutti i contesti, anche se con livelli decisamente più contenuti nelle regioni del Mezzogiorno, nelle quali sembrano sussistere ancora condizioni che ostacolano l'affermarsi di regolari relazioni di lavoro.
Ma quali sono i connotati di questa manodopera? Il lavoratore straniero impiegato nell'agricoltura italiana è per lo più un giovane, maschio, dalla formazione culturale non elevata e privo di professionalità specifica nel settore agricolo; ovviamente fatte salve talune eccezioni non marginali come, ad esempio, la presenza di competenze nel settore zootecnico per i lavoratori indiani e pakistani, e di competenze di ambito selvocolturale per quelli albanesi e polacchi.
Il lavoratore immigrato, inoltre, si distingue per flessibilità e adattabilità: sono molto frequenti non solo gli spostamenti territoriali, in conseguenza della stagionalità, ma anche settoriali, con ricerca di occupazione in altri settori produttivi (edilizia, commercio ambulante, ecc.), soprattutto nei contesti territoriali ove sviluppo e diversificazione economica lo consentono.
In effetti, l'agricoltura continua a rappresentare - nonostante i processi, comunque lenti, di integrazione dei lavoratori stranieri nel ciclo produttivo - un'occasione di occupazione temporanea e strumentale all'esigenza prioritaria di disporre di denaro, vista anche la prevalente precarietà del rapporto di lavoro, caratterizzato per altro da orari e carichi di lavoro particolarmente onerosi.
A partire da questo quadro generale, il PON Sicurezza ha investito per conoscere meglio le dinamiche dell'impiego degli immigrati in agricoltura nelle Regioni in Convergenza. L'esigenza di una più puntuale e circostanziata comprensione dell'entità e delle caratteristiche del fenomeno nelle aree a maggior rischio è di stata valutata di grande utilità per la realizzazione di adeguate azioni di inclusione, di accoglienza e di sicurezza, fondamentali per il raggiungimento di condizioni di maggior legalità che costituisce uno dei fini del Programma Operativo Nazionale Sicurezza per lo Sviluppo. Obiettivo Convergenza 2007-2013. D'altro canto, il Mipaaf ha riconosciuto nel tema uno dei principali strumenti per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita nelle aree rurali.
I risultati del lavoro, disponibili a inizio 2013, si basano su:

 

L'intero lavoro è stato sviluppato su una piattaforma informatica, un sistema di Data Warehouse (DWH) e Business Intelligence (BI), con l'obiettivo esplicito di mappare le informazioni raccolte e rappresentarle. Il sistema è implementato con le tecnologie PDI (Pentaho Data Integration) e SAP Business Objects, che permettono di visualizzare graficamente ed analizzare gli indicatori chiave di prestazione di interesse per mezzo di report.
I risultati del lavoro restituiscono una fotografia di estremo interesse sulla dimensione del fenomeno e sulle possibilità per sostenere iniziative che favoriscano una reale integrazione dei lavoratori stranieri nei processi produttivi e di conseguenza migliorino le condizioni di vita di tutti residenti delle aree rurali.
Queste considerazioni assumono ancor più importanza alla luce della strategia prefissa da Europa 2020 in tema di crescita inclusiva. I futuri PSR, dando attuazione alla priorità 6 "Promuovere l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali" potranno meglio calibrare i loro interventi per dare risposte concrete a dinamiche territoriali che vedono una sempre più stretta dipendenza dell'attività agricola dalla presenza di lavoratori stranieri.

 
 
 

Alessandra Pesce

 
 
 

PianetaPSR numero 16 - dicembre 2012