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Riconversione
 

Uliveti, il modello spagnolo sbarca nell'Agro Pontino

Gioia de Leone ristruttura l'azienda di famiglia dell'Agro Pontino con un impianto superintensivo: raccolta meccanizzata e in 5 ore le olive diventano olio extravergine, e anche la qualità ci guadagna

In poco meno di 30 minuti l'oliva dall'albero diventa olio extravergine in bottiglia. E' quanto accade alle porte di Roma, ad Ardea, vicino ad Aprilia (Latina), nell'azienda di famiglia Casale San Giorgio gestita da Gioia de Leone insieme al suo compagno, vero esempio di filiera a km zero. Ventiquattro ettari di quello che è meglio definire un piccolo borgo incastonato nella pianura Pontina, di cui 10 coltivati ad olivo con il sistema superintensivo dove tutte le operazioni per le circa 17mila piante sono meccanizzate, come avviene nei vigneti e nei frutteti.
Una scelta ben precisa, dettata dalla necessità di tagliare i costi di manodopera, ma anche dalla volontà di produrre un olio di qualità davvero superiore grazie anche al frantoio aziendale. E così Gioia, da mamma di due figli, con una breve esperienza in un'azienda tessile nel milanese, si trova oggi a fare l'olivicoltrice felice.
"Tutto ha inizio nel 2006, quando abbiamo deciso di ristrutturare gli edifici rurali della proprietà acquistata a fine anni '50 da mio padre e da lui battezzata Casale San Giorgio, in onore della cavalleria Savoia dove aveva militato con il grado di maggiore. Ne fece un allevamento costruendo la casa padronale, la stalla, la fienilessa, la porcilaia e il silos, sostituito poi con la coltivazione di grano e fieno fino agli anni 2000.  In quegli anni l'azienda, che era un pò in debacle, aveva bisogno di un remake al passo con i tempi. Da qui la decisione di prenderla in mano noi trasformandola completamente".
E poi?
"Di lavoro ne abbiamo fatto davvero tanto, non solo ristrutturando i numerosi edifici rurali ma anche dando un assetto diverso al terreno in modo da potervi mettere questi particolari impianti di olivicoltura. Senza contare che abbiamo rifatto anche l'impianto idrico e quello elettrico, installando anche tetti fotovoltaici nel 2008. Nulla è stato lasciato al caso, perché prima di decidere cosa coltivare abbiamo fatto fare delle analisi per capire cosa fosse meglio produrre in questo terreno argilloso, molto fertile e ricco di acqua scelto da mio padre dopo una meticolosa ricerca nella zona".
Fare l'agricoltore è una scelta coraggiosa di questi tempi!
"Il fatto è che l'agricoltura non può morire ed è questo che ci ha animato fin dal primo giorno. Mi dedico a tempo pieno per valorizzare la terra dei miei genitori; non poteva andare a ramengo e i fatti ci stanno dando ragione. Abbiamo messo gli impianti di olivicoltura nel 2010, iniziando a produrre 2 mila litri di olio già nella campagna scorsa. Una vera sorpresa che non ci aspettavamo perché la raccolta era prevista nel 2013. Il nostro obiettivo, sulla base delle piante coltivate, è ottenere 12-14mila litri l'anno, vale a dire 100 quintali di olive ad ettaro con una resa media di circa il 12%".
Perché avete optato per impianti superintensivi?
"Motivi economici ma non solo. Sicuramente permettono di tagliare la manodopera, un costo oggi davvero insostenibile, ma anche perché consentono di fare la raccolta delle olive in una sola giornata producendo un olio di altissima qualità. Due fattori decisivi per produrre oggi olio e competere sul mercato. Certo, l'investimento di partenza è più alto rispetto a delle piante 'tradizionali', parliamo di circa 15mila euro ad ettaro, piante comprese, ne abbiamo più o meno 1.700, ma siamo assolutamente convinti della scelta fatta. Questo tipo di coltivazione, che richiede un'armatura di sostegno realizzata con pali e fili come i filari di uva, consente di raccogliere a pieno regime 100/110 quintali di olive in 4 ore e molire il tutto in 5 ore, visto che abbiamo il frantoio 'in casa'. Tutto questo impedisce all'oliva di iniziare il processo di ossidazione che determina poi la qualità del prodotto. E' la rapidità del sistema (raccolta/frangitura) a permettere di  mantenere tutte le sue peculiarità organolettiche e sensoriali di cui ha bisogno un olio extra vergine definito di qualità superiore".
Insomma un vero olio a filiera a km zero?
"Assolutamente, con coltivazione, raccolta, frangitura, produzione e imbottigliamento che si svolgono in azienda. Avere il nostro frantoio è stato basilare e dalla prossima campagna lo apriremo anche ala pubblico, garantendo una frangitura altamente professionale".
Quali sono le vostre cultivar?
"Sono varie, sperimentali e sia italiane che spagnole per le quali ci segue l'Università di Firenze. Produciamo due tipi di olio extra vergine uno dal sapore delicato l'altro più intenso. Non è biologico ma limitiamo al massimo l'uso dei pesticidi".
Qual è stata la vostra esperienza con i Psr?
"A dire la verità è ancora in corso, pur essendo partita nel 2010. E' un utilissimo strumento per chi vuole fare l'agricoltore, peccato per la burocrazia, troppo complicata e farraginosa. Si creano lungaggini che possono scoraggiare qualsiasi tipo di attività e questo non dovrebbe succedere sopratutto in un paese come il nostro dove il settore agroalimentare conta tantissimo".
Quali canali di vendita utilizzate?
"Crediamo principalmente nella vendita diretta. Abbiamo iniziato anche a vendere all'estero, anche perché il mercato interno è saturo, con contatti in Australia, Svezia e Francia ad un costo base di 15 euro a litro. E' un olio di nicchia di qualità realmente superiore e penso valga davvero la pena provarlo".

 
 
 

Sabina Licci

 
 
 

PianetaPSR numero 21, maggio 2013