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TURISMO&SALUTE

Latte d'asina e "bio", alle falde del Gran Sasso

In Abruzzo un giovane agricoltore ha recuperato la tradizione con un allevamento di 130 capi con consegne di prodotto fresco in tutta la regione - Nel futuro un progetto con l'Università di Campobasso
Cristian Merlo

Ha 38 anni Cristian Merlo, un giovane agricoltore abruzzese che nel 2008 ha avuto, insieme ad alcuni coetanei, l'idea di provare a recuperare la tradizione dell'allevamento degli asini per proporla come alternativa turistica nell'area di Capestrano, alle pendici del Gran Sasso. Partito con 1 asino, e presto arrivato a dieci, nel 2009 ha usufruito dei fondi del Psr per il primo insediamento e oggi conta 130 capi, con 35 ha di seminativi a biologico e 55 ha di pascolo per gli animali che non sono in produzione da latte (cioè i piccoli e le asine "in asciutto").
Latte, già, perché presto Cristian si rende conto che sono in molti a chiedergli il latte d'asina, dalle molteplici proprietà salutari: è il latte più simile al latte materno, è l'ideale per i bambini allergici al latte vaccino e quindi va bene anche per le mamme che non hanno più latte proprio, ed è anche ricco di lisozima, importante per alcune creme cosmetiche. Così Cristian decide di puntare sulla produzione di latte d'asina, ma solo fresco, anzi freschissimo, e per farlo organizza una rete di vendita a km zero. Oggi, una giornata tipo per la distribuzione del suo latte d'asina ai molteplici clienti privati in tutta la regione, prevede l'arrivo degli ordini nel pomeriggio, la mungitura il mattino seguente e la consegna nel pomeriggio a seguire, con un furgone refrigerato (+2°/+4°).
L'azienda ("Ciucolandia" il nome sicuramente centrato per le famiglie in visita all'azienda) oggi ha un fatturato basato per il 90% sulla vendita del latte d'asina, per il 5% sul turismo rurale e per un altro 5% sulla vendita di carne d'asino fresca. E il latte d'asina, in quanto "core business" dell'azienda, è al centro di un progetto molto interessante che l'azienda sta conducendo assieme alla Professoressa Elisabetta Salimei dell'Università di Campobasso, uno studio che spazia dalla ricerca su come mantenere il latte fresco più a lungo, preservandone al contempo i valori nutritivi, a ulteriori possibili qualità terapeutiche del latte d'asina oltre a quelle già menzionate.
Fin qui sembrerebbe una storia con sole luci, ma le difficoltà non sono mancate: "Non è stato facile - racconta Cristian - il reperimento degli animali. Bisogna considerare che l'asino fino a dieci anni fa era in via di estinzione. Oggi, abbiamo solo 8 razze asinine, quindi una biodiversità decimata che però stiamo cercando di preservare".
Per quanto riguarda l'attività "turistica", anche se l'azienda non pratica la cosiddetta "onoterapia" (che prevede l'impiego di una equipe specializzata), l'esperienza quotidiana  ha creato diverse consapevolezze sull'utilità di questo animale particolare per la crescita dei bambini. "L'osservazione negli anni mi porta a dire - afferma Cristian - che ci sono due effetti molto importanti legati al contatto fra i bambini e gli asini: con gli asini i bambini imparano molto velocemente a fidarsi degli animali in genere. Grandi risultati si hanno poi sui soggetti autistici. Non ho notato invece grandi risultati sui soggetti con problemi di bullismo".
Infine, Cristian racconta un aneddoto molto interessante: "In questi posti, sotto il Gran Sasso, con lo spopolamento delle montagne si era persa molta della memoria storica. Mancava il contatto fra vecchie e nuove generazioni. E' incredibile come l'asino abbia fatto da anello di congiunzione. E' capitato più di una volta che, venendo nella nostra azienda e stando a contatto con gli asini, negli anziani del luogo sia come "scattato" un ingranaggio del ricordo, e abbiano cominciato a raccontare storie e esperienze personali che avevano loro stessi dimenticato. Una soddisfazione che va al di là di ogni aspettativa".

 
 
 
 

Andrea Festuccia

 
 
 
 

PianetaPSR numero 35 - settembre 2014