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RIFORMA PAC/2

Agricoltore attivo, una griglia a maglie variabili

Tra black list, requisiti soggettivi e soglie di aiuti l'Italia ha scelto criteri flessibili per tener conto della frammentata realtà agricola nazionale - In regime di esenzione il 59% delle aziende

Tra le principali novità introdotte con il nuovo regime di pagamenti diretti, la definizione della  figura dell'agricoltore attivo è quella che desta sempre un grande interesse, anche considerato il forte impatto che la stessa determina in termini di accesso agli aiuti del I pilastro e ad alcune misure dello Sviluppo rurale. In questo articolo faremo un approfondimento di questa importante novità della riforma Pac, analizzando sia le norme di base previste dal regolamento comunitario, sia le scelte fatte successivamente dell'Italia per adattarne l'applicazione alla propria realtà agricola.
LE REGOLE COMUNITARIE - L'articolo 9 del regolamento 1307/2013 (di seguito regolamento di base), stabilisce che sono esclusi dalla definizione di agricoltore attivo tutti i soggetti che dispongono di superfici agricole prevalentemente (1) mantenute in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione che non svolgono sulle suddette l'attività agricola minima. Il regolamento di base, però, ha previsto l'introduzione di una black list, ovvero di una lista di soggetti che non possono ricevere pagamenti diretti; tra questi figurano le persone fisiche o giuridiche gestori di aeroporti, di servizi ferroviari, di impianti idrici, di servizi immobiliari, di terreni sportivi e di aree ricreative permanenti. La possibilità demandata allo lo Stato membro di ampliare la black list, escludendo altri soggetti dal beneficio degli aiuti diretti, amplifica la selettività della misura, con l'intento di indirizzare i pagamenti diretti ai soggetti che svolgono realmente un'attività agricola.

 

LA FIGURA DELL'AGRICOLTORE ATTIVO

Il regolamento di base consente di includere nella definizione di agricoltore attivo anche i soggetti indicati nella black list, purché gli stessi dimostrino che l'importo annuo dei pagamenti diretti rappresenti almeno il 5% dei proventi totali derivanti dalla propria attività agricola, o che la stessa non è insignificante, o che l'esercizio dell'attività agricola rappresenta la propria attività principale o il proprio oggetto sociale. Per il 2015 l'importo totale dei pagamenti diretti è calcolato considerando gli importi spettanti all'agricoltore a norma del Regime di pagamento unico (RPU) per il 2014. Se l'agricoltore nel 2014 non ha presentato domanda, l'importo è calcolato come prodotto tra il pagamento medio nazionale e gli ettari ammissibili dallo stesso dichiarati. 
Per proventi, nello specifico, si intendono gli introiti, al lordo delle relative spese e tasse, ottenuti dall'agricoltore nello svolgimento dell'attività agricola nella propria azienda, compreso il sostegno nell'ambito del FEAGA (Fondo europeo agricolo di garanzia) e del FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), entrambi fondi strutturali dell'UE a sostegno della Pac. Anche i prodotti derivanti dalla trasformazione possono essere compresi nel calcolo, purché rimangano di proprietà dell'agricoltore, o dalla trasformazione ne derivi un altro prodotto agricolo (2).
Allo Stato membro è demandata inoltre la possibilità di escludere, ove lo ritenga utile, i soggetti, persone fisiche o giuridiche, le cui attività agricole costituiscono una parte insignificante delle loro attività economica complessiva e/o la cui attività principale o l'oggetto sociale non sia l'esercizio di un'attività agricola (articolo 9, paragrafo 3 del regolamento di base). La significatività di un'attività agricola è dimostrata se l'agricoltore ne ricava almeno un terzo dei proventi totali.
Apparentemente, la definizione di agricoltore attivo sembra risultare molto rigida e perfettamente risoluta, in realtà la selettività a cui mirava viene in parte disinnescata dalla facoltà per lo Stato membro di modificare la black list aggiungendo altri soggetti alla lista e, nondimeno, dalle ulteriori definizioni stabilite al paragrafo 3, riferite ai soggetti che nell'anno precedente hanno ricevuto un ammontare di pagamenti diretti pari al massimo a 5.000 euro.
Anche in questo caso, per il primo anno di applicazione si fa riferimento ai pagamenti ricevuti a norma del Regime di pagamento unico; se l'agricoltore non ha presentato domanda nel 2014, l'ammontare dei pagamenti è calcolato moltiplicando il pagamento medio nazionale al 2014 per il numero di ettari ammissibili dallo stesso dichiarati. Presumibilmente, l'incidenza di questa scelta è strettamente correlata alla struttura agricola del singolo Stato membro e alle politiche applicate in passato, che possono avere influenzato in maniera più o meno significativa i livelli di pagamento dei singoli beneficiari.
Uno degli obiettivi chiave della nuova PAC è senza dubbio quello di mettere in relazione il I e il II Pilastro. In tal senso, un ruolo importante è attribuito alla definizione di agricoltore attivo come requisito per poter usufruire di alcune misure dello Sviluppo rurale di seguito elencate:

  • Misura 3: Regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari;
  • Misura 6: Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese;
  • Misura 11: Agricoltura biologica;
  • Misura 13: Indennità a favore di zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici;
  • Misura 14: Benessere animale;
  • Misura 17: Gestione del rischio.

LE SCELTE DELL'ITALIA - Il lungo dibattito in sede di trilogo tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, ha determinato una serie di modifiche che in Italia hanno consentito di adattare la situazione al panorama agricolo peculiare del nostro paese: se l'articolo 9 del regolamento di base stabilisce che sono erogati pagamenti diretti solo agli agricoltori in attività, non si può prescindere dalla consapevolezza che il territorio italiano si caratterizza tutt'oggi di tante piccole aziende. In questo senso si sono fatti notevoli passi avanti nella definizione di una normativa che consentisse di selezionare in modo più corretto il soggetto che realmente è impiegato in agricoltura.
Nel paragrafo precedente si è passata in rassegna la normativa UE, la quale prevede l'esclusione dal beneficio dei pagamenti diretti, di tutti i soggetti le cui superfici agricole sono mantenute in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione, che non svolgono sulle suddette l'attività agricola minima. In merito a tale affermazione, in Italia, come stabilito nello schema di DM attuativo del regolamento pagamenti diretti (UE) n.1307/2013, l'attività agricola minima (come peraltro i criteri di mantenimento della superficie in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione), è definita come un'attività con cadenza annuale consistente in almeno una pratica colturale, come ad esempio una lavorazione del terreno, o una fertilizzazione, o una falciatura, o un turno di pascolamento, fermo restando il rispetto dei criteri di condizionalità. In caso di particolari esigenze ambientali, su deliberazione degli organi territorialmente competenti, con apposito decreto del Capo del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, sono individuate le superfici naturalmente mantenute sulle quali è consentito che l'attività agricola sia svolta ad anni alterni.
REQUISITI ED ESENZIONI - Come Stato membro l'Italia ha optato per l'esclusione dal beneficio dei pagamenti diretti, insieme alle persone fisiche o giuridiche previste dall'articolo 9, di quattro nuove figure, che vanno ad allargare la black list:

  • Persone fisiche o giuridiche che svolgono direttamente attività di intermediazione creditizia;
  • Persone fisiche o giuridiche che svolgono direttamente attività di intermediazione commerciale;
  • Società per azioni, cooperative e mutue assicurazioni che svolgono direttamente attività di assicurazione e/o di riassicurazione;
  • Pubblica amministrazione, fatta eccezione per gli enti che effettuano formazione o sperimentazione in campo agricolo.

A dimostrazione dell'esercizio dell'attività agricola, l'articolo 9, al paragrafo 2, stabilisce che sono concessi pagamenti agli agricoltori che comprovano che l'importo annuo dei pagamenti diretti costituisce almeno il 5% delle entrate da attività non agricola, o che l'attività agricola non è insignificante o che l'obiettivo aziendale o attività principale consiste nell'attività agricola.
In aggiunta a quanto già stabilito, sono considerati agricoltori in attività, i soggetti  che dimostrano uno o più requisiti: iscrizione all'INPS come coltivatore diretto, IAP, colono o mezzadro; la partita IVA e la dichiarazione annuale IVA in campo agricolo, o solo la partita IVA quando trattasi di aziende con la superficie situata prevalentemente in zone agricole svantaggiate o di montagna.
La questione della determinazione della soglia al di sotto della quale considerare ipso facto l'agricoltore attivo (3), viene fissata pari a 5.000 euro per le aziende le cui superfici sono prevalentemente ubicate nelle zone svantaggiate e/o di montagna, e  a 1.250 euro per tutte le altre zone. Tuttavia, Regioni e Province autonome possono limitare l'ambito di applicazione dell'articolo 9 sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, dandone tempestiva comunicazione all'organismo di coordinamento di cui all'articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013, ove siano stati effettuati investimenti in attività economiche o con la dimostrazione di una normale produttività dei terreni, o in cui i metodi di produzione o i sistemi agricoli compensano il mancato guadagno o i costi aggiuntivi, ai sensi dell'articolo 32 del Regolamento UE n. 1305/2013, sullo sviluppo rurale.

 

I NUMERI E QUALCHE RIFLESSIONE - L'importo di 5.000 euro è verosimilmente un pre-requisito per essere definito ipso facto agricoltore attivo; al contrario, coloro che percepiscono pagamenti superiori a tale soglia, sono comunque tenuti a dimostrare l'esercizio dell'attività agricola.
Sulla base delle considerazioni eseguite in precedenza, si è effettuata un'analisi di impatto utilizzando e rielaborando i dati forniti da Agea sul Regime di pagamento unico al 2012. In particolare si sono descritte le ipotesi di accesso alla figura dell'agricoltore attivo sulla base di una differenziazione tra aziende che percepiscono importi superiori o inferiori a determinate soglie, anche tenuto conto della zona di residenza dell'azienda stessa. In sostanza, come previsto dalla normativa, risulterebbe la distinzione di seguito elencata:

 

Classe di agricoltori che percepisce importi fino a € 1.250 , inclusi a priori e considerati agricoltori attivi senza l'obbligo di dimostrare alcun requisito. Di questi, è indispensabile tenere conto che il 30% è escluso da qualsiasi beneficio Pac, in quanto l'azienda di riferimento percepisce un importo inferiore alla soglia minima stabilita in € 250: il numero di questi agricoltori è pari a 232 mila circa e rappresenta il 19,58% del totale aziende considerate. Questa percentuale sarà anche maggiore al 2017, quando la soglia minima aumenterà a € 300;
Classe di aziende che percepisce importi compresi tra € 1.250 ed € 5.000, vi rientrano coloro i quali hanno diritto ad essere considerati agricoltori attivi quando residenti in una zona svantaggiata e/o di montagna. Il totale aziende rappresentato in questa classe è pari a 261.389, come indicato in tabella, di cui il 60% circa è ubicato in zone svantaggiate;
Tutte le restanti aziende, le quali percepiscono importi superiori a € 5.000, per avere accesso alla figura dell'agricoltore attivo, sono tenute a dimostrare di non rientrare in una delle figure della black list e di possedere al contempo i requisiti previsti dalla normativa, come elencato in precedenza.
Dalla tabella proposta si evince il numero approssimativo di aziende italiane che rientrano nella figura dell'agricoltore attivo, senza l'onere di dover dimostrare ulteriori requisiti. Effettuando la somma delle aziende che percepiscono importi compresi tra € 250 ed € 1.250 (agricoltori attivi ipso facto, ovvero 543.110mila aziende) e le aziende che percepiscono importi compresi tra € 1.250 ed € 5.000, residenti in zone di montagna e/o svantaggiate (160.724mila aziende), risulta un totale di 703.834mila aziende agricole, pari al 59,41 per cento di tutte le aziende agricole considerate.
Questi risultati suggeriscono alcuni riflessioni.
La grande maggioranza delle aziende agricole italiane è di piccola entità, per lo più costituite da imprese familiari con piccoli appezzamenti di terra; questa realtà suggerisce un intervento mirato, che sia in grado di preservarne la sopravvivenza. Ciò che sovente si è discusso sui tavoli di negoziato, e che tutt'oggi ancora sfugge, è proprio la difficoltà di attuare delle misure che consentano di difendere queste realtà e, di definire in modo univoco, i soggetti che realmente praticano le attività agricole, come definite nel regolamento.
Il punto è che si è perso di vista il nodo principale della questione: chi è l'agricoltore attivo? L'attenzione che caratterizza le argomentazioni sull'agricoltore attivo, ha spostato il proprio asse dalle definizioni proprie dell'articolo 4 del regolamento Pagamenti diretti, alle disposizioni in merito alla possibilità di escludere o meno determinati soggetti, contenute invece nell'articolo 9.
L'agricoltore in attività è colui che pratica un'attività minima sul terreno secondo tutto quanto stabilito all'articolo 9; invero però, è agricoltore, nella definizione del termine, la persona fisica o giuridica che pratica un'attività agricola intesa come produzione, allevamento, coltivazione, mantenimento della superficie in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione, ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento (UE) n. 1307/2013. Questa considerazione non è banale, e dalla stessa non si può prescindere quando si discute sul futuro dell'agricoltore attivo.
Certamente un passo importante è stato fatto attraverso la considerazione dell'ubicazione delle aziende agricole; le opzioni attivate in Italia, difatti, consentiranno presumibilmente una importante differenziazione di trattamento tra aziende situate in zone svantaggiate e/o di montagna e le aziende situate in altre zone, determinando un alleggerimento degli oneri amministrativi a carico degli agricoltori le cui aziende sono localizzate prevalentemente in  zone di montagna.
L'obiettivo principale, come si è cercato in passato, è quello di mantenere viva l'agricoltura in quelle aree dove si ha una maggiore propensione all'abbandono dell'attività, con rischi non solo socio economici, ma anche ambientali, derivanti dai dissesti idrogeologici, fortemente limitati dalle attività agricole.
Ancora oggi si cerca di capire se tutti gli sforzi fatti in questi anni abbiano consentito di raggiungere un giusto compromesso nell'allocazione delle risorse; da un lato indirizzata a chi realmente pratica attività agricola, dall'altro mirata a evitare la sperequazione degli aiuti, ovvero la ripartizione di importi che risulterebbero di natura esigua suddivisi per l'elevato numero di aziende agricole italiane. Di fatto raggiungere un buon equilibrio nel garantire un aiuto adeguato alle aziende agricole italiane, che risulti sufficiente a garantire un sostegno utile, è tutt'oggi una sfida difficile.

 
 
 

Simona Romeo Lironcurti


 
 
 
[1] La superficie si considera tale se rappresenta oltre il 50% dell'intera superficie agricola.

[2] L'articolo 4 del Regolamento di base alla lettera d) definisce i prodotti agricoli come i prodotti elencati nell'allegato I dei trattati, compreso il cotone ed esclusi i prodotti della pesca.

[3] In base a quanto stabilito dal paragrafo 4 dell'articolo 9, i paragrafi 2 e 3 non si applicano agli agricoltori che nell'anno precedente hanno ricevuto pagamenti diretti inferiori ad un determinato importo. Tale importo non può comunque eccedere i 5.000 euro.
 
 
 

PianetaPSR numero 35 - settembre 2014