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REPORT

Check-up per la competitività dell'olivicoltura

Analisi Ismea per il Piano di settore - Un sistema articolato che impone di differenziare gli interventi mirati alle aziende strutturate dal sostegno al ruolo socio-ambientale delle realtà marginali

E' sempre più evidente che l'olivicoltura italiana sia una realtà composita e che, di fatto, non esiste un modello di olivicoltura ma più di uno.  L'efficacia, quindi, di eventuali politiche rivolte al settore dipende anche dalla capacità di distinguere le peculiarità delle differenti "olivicolture" e di   indirizzare gli interventi a determinate "classi" o "tipologie" di aziende piuttosto che altre a seconda dell'obiettivo che si vuole raggiungere.
Tutto questo nell'assoluta consapevolezza dei limiti che il sistema olivicolo nazionale presenta e   delle difficoltà che i produttori incontrano sul mercato. E' indubbio che il settore necessiti di una nuova spinta che sposti il baricentro verso una maggior competitività, salvaguardando nel contempo il ruolo dell'olivicoltura che rende unici alcuni territori della nostra Penisola. Argomento quest'ultimo di grande attualità, visto il problema fitosanitario nel Salento, e che comunque riveste una particolare rilevanza anche in altre regioni perché l'olivo contribuisce a creare e valorizzare l'ambiente ed il territorio, con tutte le ricadute turistiche che ne conseguono. Come del resto è tutto il settore olivicolo un argomento al centro dell'interesse in questo momento ed il decreto legge in materia di rilancio di settori in crisi ne è un esempio.
Le differenti olivicolture non dipendono solo da variabili territoriali o dimensionali ma anche da un insieme di caratteristiche che ne definiscono il potenziale competitivo, cioè dalla capacità di un'azienda di confrontarsi con il mercato. Il Piano olivicolo 2010 ha proposto quindi di mettere a punto una griglia di variabili per arrivare a una classificazione delle aziende olivicole da utilizzare come strumento conoscitivo, strutturato su base territoriale, che consenta di effettuare una programmazione più efficace.
Infatti, nel Piano di settore si evidenzia la necessità di finalizzare le risorse finanziarie disponibili per il sostegno all'agricoltura e di differenziare gli interventi mirati alle aziende "competitive" e quelli diretti alle aziende "marginali", per le quali prevalgono considerazioni di tipo sociale e di salvaguardia del territorio.

 
Fonte: Ismea

Il lavoro è stato realizzato da Ismea, affinando l'elaborazione dei dati con l'obiettivo di definire una classificazione delle tipologie aziendali, attraverso una metodologia statistica di tipo multivariato, e cioè basata sull'analisi congiunta di un insieme di variabili che caratterizzano le aziende, applicata ai dati del Censimento dell'Agricoltura Istat del 2010. Le tipologie di aziende non sono definite, quindi a priori, ma scaturiscono dai dati attraverso l'applicazione della metodologia statistica detta analisi dei cluster.
L'obiettivo dello studio è quindi stato quello di trovare un metodo di classificazione che rispondesse alle finalità del Piano olivicolo oleario: arrivare alla definizione di gruppi in base al differente grado di competitività. E' stato necessario, quindi, avere un approccio che considerasse la posizione dell'azienda agricola nel mercato e come questa si ponesse nei confronti della concorrenza. 
Tra le variabili nel set messo a disposizione dal Censimento,  l'attenzione si è così concentrata su quelle  che consentono di caratterizzare più precisamente le aziende su una serie di aspetti coerenti con le finalità dello studio: strutturali, organizzativi e gestionali, economici, funzionali - come suggerito nel Piano di settore olivicolo-oleario - per arrivare  a definirle secondo il  potenziale competitivo distinguendole in "aziende marginali", "aziende potenzialmente competitive", "aziende strutturate, con potenziale competitivo migliorabile". 

Le classi individuate attraverso l'analisi dei cluster (Fonte Ismea)

  • Classe 1: 121 mila Aziende medio-grandi, con specializzazione olivicola medio-bassa, autoconsumo prevalente e dipendenza dai pagamenti diretti (cioè basso orientamento al mercato), basso impegno di lavoro del capo azienda.
  • Classe 2:  224 mila Aziende familiari piccole, con specializzazione olivicola alta, part-time.
  • Classe 3: 33 mila  Imprese grandi, con specializzazione olivicola medio-bassa, orientate al mercato, alto impegno di lavoro del capo azienda, attente all'ambiente agrario.
  • Classe 4: 218 mila Aziende-imprese familiari piccole, con specializzazione olivicola medio-alta, orientate al mercato, alto impegno di lavoro del capo azienda e del coniuge.
  • Classe 5: 66 mila Imprese medio-grandi, con specializzazione olivicola bassa, orientate al mercato e alto impegno di lavoro del capo azienda.
  • Classe 6: 238 mila Aziende-imprese piccole, specializzazione olivicola alta, orientate al mercato, con attività connesse e superficie aziendale non utilizzata (multifunzionali).
Fonte: Ismea

Fin qui la tecnica statistica. Ma il lavoro si è spinto oltre, riconducendo le aziende agli aggregati proposti dal Piano di settore olivicolo-oleario, in modo da renderne più coerente ed efficace l'azione di supporto.
Nel gruppo delle "Marginali"  sono comprese le  aziende della classe 2, 1 e 4. Le aziende della classe 2, un quarto del totale, sono aziende familiari part-time (dove cioè l'attività prevalente dei familiari è extra-aziendale), con una superficie totale utilizzata aziendale che non arriva a due ettari e un prodotto standard output poco significante (3.500 euro annuo) e dove l'incidenza dei capi azienda anziani è più elevata della media del settore. Queste aziende sono realmente marginali e hanno bassa probabilità di futura sopravvivenza, ma coprono il 17% della superficie olivicola totale e sono rappresentate soprattutto in Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
A queste si aggiungono circa 121 mila aziende (classe 1) il cui profilo dimensionale è simile a quello medio dell'agricoltura nazionale, più distribuite sul territorio olivicolo nazionale, che pure denotano una gestione non orientata al mercato ma basata sui contributi Pac, basso impegno di lavoro del capo azienda ed elevato autoconsumo. Anche per queste ultime non si può parlare di una gestione imprenditoriale e il potenziale competitivo è molto basso, considerando anche che in prospettiva i pagamenti diretti tendono a diminuire.
Problematica anche la situazione della  classe 4, composta da circa 218 mila (un ulteriore 24%)  di piccole "aziende-imprese" familiari, orientate al mercato e con alto impegno di lavoro del capo azienda e dei familiari, maggiore incidenza di capi azienda di mezza età, penalizzate dalla piccola dimensione fisica e soprattutto economica, probabilmente conseguenti anche alla localizzazione in zone collinari e montuose (la classe  è più presente in Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata e Calabria).  Nella classe 4 ci sono aziende sì piccole ma comunque orientate al mercato, con ricavi che vengono per lo più dalla vendita del prodotto.  In questo gruppo si potrebbe approfondire l'analisi per vedere quante sono le aziende "fuori mercato" cioè quelle orientate solo all'autoconsumo, rispetto a quelle che hanno un potenziale competitivo seppur allo stato embrionale. Di tutte, comunque, va considerata la funzione sociale e paesaggistica.
Si individuano, poi, due classi importanti, 3 e 5, che si considerano aziende con "Potenziale competitivo alto".  Si tratta di 99 mila grandi aziende (11% del totale), che pur essendo non specializzate nell'olivicoltura, avendo grandi dimensioni coprono il 26% della superficie olivicola con dati i dimensionali che le pongono ai livelli delle agricolture estere. Questi due gruppi spiccano per l'orientamento al mercato, l'impegno di lavoro, la maggiore incidenza di capi azienda meno anziani, la presenza di forme giuridiche societarie. Pur essendo prevalentemente localizzate al Sud, risultano presenti anche in regioni con un peso relativo in termini di produzione e superficie, ma che da sempre sono tra le più orientate alle produzioni di qualità, quali le regioni del Centro, la Liguria, la Basilicata e la Sicilia. Tale tipologia aziendale è presente anche nelle regioni del Nord spiccatamente orientate verso produzioni di qualità quali Veneto, Emilia Romagna sebbene presentino un'olivicoltura anche piuttosto giovane rispetto alla media nazionale.
Poi abbiamo il gruppo delle aziende potenzialmente competitive, la classe 6 in definitiva, rappresentato da aziende piccole, multifunzionali, localizzate soprattutto tra la Puglia e la Sicilia.
Sono aziende piccole ma orientate al mercato, multifunzionali (presenza di attività connesse) e relativamente più giovani (l'incidenza dei capi azienda anziani è più bassa della media, a vantaggio della fascia di età tra i 35 e i 64 anni). Piuttosto specializzate in olivicoltura, coprono circa il 27% della superficie olivicola nazionale. Esse sono localizzate prevalentemente nel Sud e nelle Isole (82%) e in particolare la presenza di questo gruppo si evidenzia in Puglia e in Sicilia.  Il lavoro svolto, quindi, si propone come strumento per l'individuazione di politiche mirate appunto ad ogni tipologia di "olivicoltura" italiana. Certo è uno strumento e come tale potrebbe essere affinato con un ulteriore approfondimento delle evidenze che potrebbero scaturire dall'analisi di altre variabili statistiche fornite dai dati del Censimento.
Interessante sarebbe anche associare alle aziende così classificate anche altre variabili, magari rilevate direttamente, per avere un quadro ancora più chiaro del potenziale competitivo o della funzione socio-ambientale, o di entrambe, e, infine, seguire nel tempo queste aziende attraverso un campione rappresentativo per ciascun gruppo, faciliterebbe la valutazione dell'impatto di politiche mirate.
 

Nota: Le tabelle e i grafici pubblicati in questo articolo  sono estratti dal Report Ismea  "Le aziende olivicole nel 6° Censimento Generale dell'Agricoltura: un'analisi delle tipologie di aziende-2014" 

 
 
 
 

Tiziana Sarnari  - t.sarnari@ismea.it

 
 
 

PianetaPSR numero 43 - maggio 2015