Il panorama olivicolo-oleario, al di là di alcune eccezioni e di alcuni casi di successo di assoluto interesse, soffre di numerosi problemi strutturali che negli anni non hanno trovato risoluzione ma, anzi, in taluni casi hanno avuto modo di amplificare i loro effetti. Una conferma della complessità del settore arriva dalle attività di analisi e studi effettuati dall'Ismea che, dati alla mano, restituiscono l'immagine di un settore sicuramente in sofferenza dal punto di vista reddituale, gestito spesso in maniera non "imprenditoriale", che presenta una struttura produttiva frammentata ben oltre la media del settore agricolo nazionale, peraltro già molto elevata.
Una struttura poco appetibile sul fronte degli investimenti da parte dei giovani e con una forte conflittualità tra le diverse fasi della filiera che fatica, più di altre, a trovare momenti effettivi di coordinamento e concentrazione del prodotto. Tra gli attori coinvolti nelle diverse fasi della filiera olivicola, i frantoi rivestono un ruolo di sempre maggior interesse, fungendo da anello di congiunzione tra la fase agricola e la fase di commercializzazione del prodotto, quando non sono essi stessi protagonisti della commercializzazione dell'imbottigliato.
Valutare il livello di redditività di questa importante fase della filiera olearia è importante per avere delle indicazioni sullo stato di salute del settore. E proprio in quest'ottica Ismea, nell'ambito delle azioni previste dal Piano Olivicolo nazionale, ha condotto un'indagine su un campione ragionato di frantoi localizzati nelle più importanti regioni olivicole italiane. L'indagine è stata progettata con l'obiettivo di individuare nel dettaglio sia i costi di produzione che i ricavi conseguiti allo scopo di predisporre per ciascun frantoio un vero e proprio conto economico aziendale.Tra le voci che concorrono alla formazione del ricavo totale sono state prese in considerazione i ricavi ottenuti dalla molitura conto terzi e/o dei soci del frantoio, quelli ottenuti dalla vendita di olio sfuso, quelli derivati dalla vendita dell'olio confezionato e i ricavi conseguiti dalla vendita dei sottoprodotti della lavorazione.
Pur essendo piuttosto intuitivo, il risultato dell'indagine fa emergere che la voce che incide maggiormente nella formazione del totale ricavi è quella relativa alla vendita dell'olio. Questa rappresenta l'82,2% della totalità e nello specifico è la vendita di olio sfuso che incide maggiormente (61,6% sul totale) mentre la vendita di olio confezionato ha un peso del 20,7%.
Nettamente inferiore è, invece, l'incidenza della voce afferente a "molitura in conto terzi o dei soci", che assorbe il 15.4% dei ricavi totali. Da considerare che questa operazione è stata effettuata dal 93% dei frantoi oggetto di indagine. La voce che pesa di meno è il ricavo ottenuto dalla vendita dei sottoprodotti della lavorazione (sansa e nocciolino) con il 2,2%. Dall'analisi, inoltre, è emerso che all'aumentare della dimensione aziendale (espressa in quintali di olive molite), si assiste a una progressiva diminuzione dell'incidenza percentuale del ricavo ottenuto attraverso la molitura delle olive. Inoltre, l'incidenza del ricavo ottenuto dalla vendita dell'olio confezionato subisce un aumento dalla prima alla seconda classe di aziende, per poi diminuire progressivamente nelle classi dimensionali più grandi. Situazione inversa è quella relativa all'incidenza della vendita dell'olio sfuso, che aumenta all'aumentare della dimensione aziendale, arrivando ad una percentuale del 76% nelle aziende che moliscono più di 15.000 quintali di olive.
La redditività delle diverse tipologie aziendali riflette sinteticamente la relazione esistente fra i ricavi e i costi attinenti alla gestione dell'azienda. L'esame del conto economico delle diverse aziende permette di rilevare la struttura del reddito e il peso delle diverse aree di costo sul totale ricavi. Gli indici che vengono utilizzati per mettere a confronto le diverse tipologie aziendali sono rappresentati dall'incidenza sui ricavi del valore aggiunto, della manodopera, delle materie prime, del margine operativo lordo, degli ammortamenti e il reddito operativo. È importante ricordare che uno dei presupposti fondamentali per mettere a confronto aziende diverse è rappresentato dalla omogeneità delle caratteristiche aziendali. A tal proposito si può dire che le caratteristiche delle tipologie aziendali oggetto d'indagine non risultano del tutto omogenee.
Dall'elaborazione dei dati si evince, infatti, che all'aumentare della dimensione aziendale diminuisce la propensione dell'azienda ad ottenere i ricavi dal servizio di molitura conto terzi e aumenta nel contempo la propensione all'acquisto di materie prime e alla vendita dell'olio così ottenuto. Un'altra differenza sostanziale è rappresentata dallo stato in cui l'olio viene venduto: all'aumentare della dimensione aziendale si ha un aumento della quota di olio venduto sfuso rispetto alla quantità stoccata. I frantoi più grandi, quindi, assumono una dimensione quasi industriale e si pongono quasi come fornitori puri dell'industria imbottigliatrice. Altra cosa sono i frantoi di medie dimensioni che hanno nell'attività di imbottigliamento una parte importante del proprio business. Anche la tipologia di manodopera utilizzata fa notare le differenze esistenti tra le diverse aziende. A tal proposito si assiste a una diminuzione della quota afferente alla manodopera familiare all'aumentare della dimensione aziendale. Nonostante il campione selezionato, come detto, sia formato da frantoi con caratteristiche eterogenee, si è comunque effettuato un confronto per evidenziare le differenze esistenti tra le voci che concorrono alla formazione del reddito di ciascuna di esse. Emerge innanzitutto che, considerando l'incidenza del valore aggiunto sui ricavi, il grado di efficienza dell'azienda è maggiore in quelle più piccole e decresce con l'aumentare della dimensione aziendale.
Quanto detto è condizionato soprattutto dai costi sostenuti per l'acquisto di materie prime (olive e olio), la cui incidenza sui costi totali aumenta all'aumentare della dimensione aziendale, arrivando a toccare il 75% sul totale dei ricavi, nella tipologia aziendale più grande.
Tutto questo, associato al fatto che le aziende più grandi, localizzate prevalentemente in Puglia, acquistano la materia prima a prezzi relativamente alti rispetto a quanto poi riescono a piazzare l'olio sfuso nel circuito dei confezionatori. Circuito dove i compertitor non sono solo le altre regioni del Sud, ma sono soprattutto gli altri Paesi del Mediterraneo, Spagna in testa, i cui prodotti sono sempre altamente competitivi. Questo appiattimento dei prezzi di vendita non può che comprimere i margini di guadagno all'aumentare della dimensione aziendale.L'incidenza del margine operativo lordo dà un'indicazione su quanto rimane all'azienda dopo aver remunerato il costo del lavoro. Nel caso in questione, questo valore decresce con l'aumentare della dimensione aziendale sebbene i costi della manodopera sono maggiori nelle aziende più piccole.L'incidenza del reddito operativo indica un valore della redditività maggiore nell'aziende più piccole. In particolare, quella con capacità molitoria pari a 5-10 mila quintali, sembra avere la maggiore percentuale di guadagno. Questo si verifica perché questa tipologia aziendale riesce a contenere i costi della manodopera e degli ammortamenti.
Vincenzo Matteliano
Tiziana Sarnari
t.sarnari@ismea.it
PianetaPSR numero 50 - febbraio 2016