Il "Nuovo Mondo" cresce, ma l'Italia conferma il trend di positivo dell'export e la leadership produttiva, con grande attenzione alla qualità. È quanto emerge dal Focus 'Il mercato mondiale del vino, Outlook 2020', che organizzato da Ismea e Vinitaly nel corso della manifestazione veronese. A livello globale le previsioni vedono una crescita della produzione mondiale del 2,4% e quello del nostro Paese sul mercato del vino, rileva l'analisi, è un posizionamento strategico, in uno scenario che vede, di base, l'Italia contendersi assieme alla Spagna la palma di più grande esportatore in volume, mentre la Francia è leader in valore e gli Stati Uniti si confermano mercato di sbocco più remunerativo.
Il documento elaborato da Ismea indica per l'Italia un dato previsionale estremamente positivo, +10%, rispetto al valore delle esportazioni e ne conferma la leadership produttiva, nel segno della qualità. Pochi margini di aumento dei prodotti premium della Francia (+6,1%), mentre per quanto riguarda i consumi (che aumenteranno del 4,1%) l'Italia vedrà un piccolo adattamento (+0,9%) dopo i minimi dell'ultimo quinquennio. Spicca l'incremento nei consumi della Cina (+21,6%) che raggiungerà i livelli della Germania. La produzione mondiale crescerà complessivamente del 2,4%: anche qui per la Cina si prevede un +10%, che la porterà fino ai livelli australiani, con il nostro Paese che mantiene la leadership sfiorando i 46 milioni di ettolitri, pur con un calo del 5% tra la media produttiva del periodo 2002-2006 e quello 2012-2016.
Particolarmente interessante, come anticipato, la crescita del cosiddetto "Nuovo Mondo", la cui produzione passa dal 23% del 2005 al 26% del 2016 e il cui valore all'export passa dal 22% del 2005 al 25% del 2016, a scapito della Ue.
In evoluzione anche la geografia dei consumi: tra il 2006 e il 2016 l'Ue, pur mantenendo saldamente il primato, ha visto scendere la propria quota di 3 punti percentuali (dal 55 al 52%) , con il resto dell'Europa che ha fatto registrare un calo analogo, mentre crescono i consumi in America (dal 21 al 24%) e in Asia (dall'8 al 10%).
Nel dettaglio si evidenzia il vero e proprio boom della Cina che nei dieci anni tra il periodo 2002-2006 e quello 2012-2016 fa segnare un impressionante +117%, ai quali si affiancano i significativi aumenti dei consumi negli Usa (+22%) e in Australia (+24%). Nei Paesi leader nella produzione, invece, si assiste al fenomeno contrario: la Spagna fa registrare un -28%, l'Italia un calo del 21% e la Francia del 18%.
Dal punto di vista dei volumi il risultato è che gli Stati Uniti scavalcano la Francia superando i 30 milioni di ettolitri mentre i nostri "cugini" scendono da 33,7 milioni di hl a 27,6 mln di hl.
Ma, come detto, è sulla qualità e sui prezzi all'esportazione che, secondo l'Outlook, si gioca probabilmente la partita decisiva: in questo senso il prezzo intermedio tra il premium francese e il low price spagnolo consente all'Italia maggiori margini di crescita: il nostro Paese segna infatti un +20% nei prezzi medi all'esportazione nel periodo 2014-2016 rispetto al 2011-2013 (Francia: +9%; Spagna: -5%). Se la Francia fa da apripista sul mercato cinese con politiche aggressive di prezzo, nel ranking in valore l'Italia mantiene comunque il ruolo di leader nell'export verso alcuni dei principali mercati chiave, particolare Stati Uniti e Russia, oltre che Germania e Svizzera e Russia, mentre stenta a decollare sul mercato cinese (quota in valore: 6%).
Matteo Tagliapietra
Redazione PianetaPsr
PianetaPSR numero60- aprile 2017