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Anga-Confagricoltura

Giovani donne al timone delle aziende

Sono il 40% del totale degli  imprenditori under 40.  Motolese: non solo agriturismo e servizi, ma anche attività più tradizionali come allevamento e colture estensive
Nicola Motolese, Presidente ANGA-CONFAGRICOLTURA
N. Motolese, Presidente ANGA

Presidente, secondo una vostra recente analisi il 40% delle aziende condotte da giovani associate all'Anga è rappresentata da donne, contro il 30% della media nazionale.  Da cosa deriva questa propensione all'imprenditoria femminile nella vostra organizzazione? 
 
In Anga non ne abbiamo mai fatto una questione di genere.  Sono convinto che questa sia la prima grande soluzione per non "ghettizzare" qualcuno e promuovere qualcun altro: in economia conta solo ed esclusivamente l'impresa. E' certamente vero che in tutti i settori c'è crescita costante di donne e nel nostro, in particolare, le ragazze che si dedicano con successo alle varie forme di impresa agricola aumentano in modo costante. E non si tratta più di attività unicamente "di servizio", ma di produzione e di sviluppo. Si va oltre, pur tenendolo ben presente, l'impegno multifunzionale delle donne in attività come l'agriturismo e le fattorie didattiche. Molte nostre giovani imprenditrici si cimentano in settori tradizionali come l'allevamento, le colture estensive, il florovivaismo, la produzione di frutta ed ortaggi o moderne forme di diversificazione come le agroenergie.  Ci sono esempi di innovazione nella viticoltura e nell'olivicoltura. Associamo, e lo dico con fierezza, imprenditori giovani e appassionati. D'altronde, anche una recente ricerca effettuata dal Censis per Confagricoltura, sottolinea che sono proprio le imprese gestite da giovani ad avere maggiore vitalità, ad innovare, a puntare su politiche commerciali più evolute e a collocarsi in nicchie di mercato remunerative. Una nostra indagine sugli associati ha rilevato che quasi l'8% delle aziende Anga sono società di capitali, mentre oltre il 77% sono imprese individuali. Altro aspetto da non trascurare è l'attenzione alle risorse umane: più del 70% dei giovani imprenditori coinvolge i propri dipendenti nel processo decisionale.
 
Fra le priorità che lei ha recentemente evidenziato a proposito  delle politiche per i giovani agricoltori, vi è quella dello sviluppo di azioni volte a favorire l'acquisto e l'affitto dei terreni a prezzi competitivi, lo snellimento della burocrazia, supporti per incentivare la conquista dei mercati e una spinta alle op under 40. Ritiene che nel caso delle donne imprenditrici vi sia necessità di aggiungere altre priorità?
 
Quando si parla di redditività aziendale, come ho già accennato, il fattore determinante è l'età del conduttore, senza distinzioni tra uomini e donne. Servono misure a sostegno dell'imprenditoria professionale, tout court. Detto questo è sempre importante la formazione; così come potrebbe essere utile, soprattutto per le imprenditrici, migliorare i servizi sostitutivi.  Per tutti i giovani è comunque importante agevolare acquisti ed affitti. Abbiamo proposto più volte di dare i terreni demaniali in concessione ai giovani imprenditori: se si vuole rilanciare il sistema turistico italiano concedendo il diritto di uso ventennale delle spiagge, ci siamo detti, perché non fare la stessa cosa per i terreni coltivabili inutilizzati? Abbiamo praticamente un milione di ettari di superficie agricola non coltivati in Italia, quasi il 10% del totale; e molti di questi ettari sono gestiti da enti pubblici. In anni di "corsa alla terra" a livello mondiale è il caso di valorizzarli, tornando a renderli produttivi. L'agricoltura italiana, più di altri settori, ha bisogno di un profondo rinnovamento. Siamo, a livello europeo, tra i Paesi con il più basso ricambio generazionale. Il capitale terra è solo uno dei fattori dell'impresa; sarebbe necessario intervenire con azioni immediate e a largo respiro.  Riordino fondiario, ma non solo: serve una politica mirata ai miglioramenti aziendali e agli sbocchi di mercato; rimodulare gli strumenti come le OP, così come è diventato imperativo un taglio netto degli adempimenti burocratici: 80 giornate lavorative l'anno, solo per esplicare le pratiche, sono oggettivamente troppe! 
 
Qual è il valore aggiunto che una donna imprenditrice può portare in un'azienda agricola?

Donne o uomini che siano, gli agricoltori professionali producono cibo, ambiente ed energia. E' questo un ruolo economico centrale e fondamentale che non va sottovalutato mai. E' normale che ogni imprenditore marchi la propria azienda anche con le proprie caratteristiche individuali che, poi, possono costituire e rivelarsi un fattore determinante di successo.  Così è per tutti, ognuno porta, in qualche modo, alla propria attività la propria storia sociale, culturale e familiare. Certamente le imprenditrici hanno "naturalmente" alcune caratteristiche innate che noi dobbiamo acquisire, come la propensione al benessere della collettività: moltissime si dedicano a progetti sociali. C'è attenzione per la qualità degli alimenti e dell'ambiente, ad esempio, così come alla capacità e alla sensibilità di utilizzare al meglio i cosiddetti "beni immateriali",  che tanto piacciono ai consumatori e rappresentano un valore aggiunto per coloro che ne usufruiscono. Le ragazze e i ragazzi in gamba che si cimentano nel settore, hanno tutti i numeri per essere protagonisti della crescita dell'agricoltura e fornire un  contributo alle decisioni politiche, economiche e sociali del Paese.
 
Andrea Festuccia

 
 
 
 

PianetaPSR numero 2 - settembre 2011