Le politiche energetiche assumono oggi un ruolo centrale nelle strategie Europee tese a limitare l'impatto negativo sull'ambiente riguardo in particolare alle emissione di Greenhouse Gas (GHG) dovuti alle attività antropiche ed a promuovere una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. I target da conseguire nei prossimi decenni sono stati definiti nel pacchetto "clima-energia" (noto come pacchetto 20-20-20) e considerato tappa intermedia rispetto a un orizzonte di più lungo periodo (Road Map 2050).
A livello nazionale, tali disposizioni sono state recepite con il Piano di Azione Nazionale (PAN) a cui è seguita la definizione della Strategia Energetica Nazionale (SEN), con indicazione degli obiettivi principali per il settore energetico, riconducibili essenzialmente alla riduzione dei costi di approvvigionamento dell'energia, al rafforzamento della sicurezza energetica del Paese, all'incremento dell'efficienza energetica e aumento di produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Nella SEN si prevede una riduzione dei consumi primari del 24%, (+4% rispetto agli obiettivi europei), un 19-20% di incidenza dell'energia rinnovabile sui consumi finali lordi e una riduzione delle emissioni di gas serra del 21%, (in riferimento rispettivamente al 17% e 20% stabilito nel PAN).
La SEN è stata ridisegnata nel 2017 in base ai nuovi indirizzi comunitari al 2030, che hanno rivisto al rialzo gli obiettivi ambientali sulle emissioni di gas serra e l'impiego di energie rinnovabili, rispettivamente 40% e 27%. La proposta di SEN 2017, da ultimo, definisce nuovi obiettivi coerenti con gli scenari elaborati a livello UE quali quelli del Clean Energy Package, da perseguire con attenzione al rapporto costi-benefici delle misure e anche attraverso soluzioni strutturali, idonee a recuperare gap di prezzo rispetto ai competitors.
Per quanto riguarda le FER, in termini di contributo alla produzione elettrica effettiva, le stime TERNA indicano nel 2015 un contributo da energia idraulica pari al 42% della produzione elettrica da FER (corrispondente a 45,5 TWh), 21% derivata dal solare fotovoltaico (corrispondente a 22,9 TWh), dalla fonte eolica (14% corrispondente a 14,8 TWh), da quella geotermica (6% corrispondente a 6,2 TWh) e dalle bioenergie (18% corrispondente a 19,3 TWh)
Un tale sviluppo è stato reso possibile da politiche e sistemi di incentivazione sulla produzione di energia da fonte rinnovabile particolarmente favorevole che, se da un alto ha avuto il merito di consentire una crescita così importante dell'intero comparto, dall'altro, ha generato costi di natura "sociale " talvolta molto elevati (14.3 Miliardi di Euro/anno nel 2016), tanto da renderne necessaria una revisione programmata nel tempo. Il grafico seguente mostra l'evoluzione dei costi complessivi degli incentivi evidenziandone l'incremento progressivo nel tempo.
Molti settori produttivi ne sono stati impattati, registrando importanti benefici di natura socio-economica e ambientale. Si parla appunto di creazione di nuovi posti di lavoro, di valore aggiunto in relazione al PIL, di diversificazione di attività e redditi aziendali e, nel caso specifico del settore agricolo, di filiere agro-energetiche virtuose. È l'esempio del biogas, che nel novero delle fonti rinnovabili di interesse per il settore agricolo, rappresenta senza dubbio un esempio da esportare.
In Italia, alla fine del 2016, risultano operativi circa 2.000 impianti biogas, con una potenza elettrica installata totale di circa 1.400 MWel (Fonte GSE). Di questi circa il 77% (circa 1.400) è alimentato da matrici agricole, con una potenza elettrica installata di circa 960 MWel, equivalenti ad una produzione di biometano di circa 2,2 miliardi di metri cubi (Fonte: elaborazioni CREA su dati CIB). Sulla base di questi dati l'Italia risulta il secondo produttore di Biogas europeo, dopo la Germania, e il quarto produttore mondiale dopo Cina, Germania e Stati Uniti d'America. Gli investimenti realizzati nel settore sono stati nell'ordine di 3,5 - 4,0 Miliardi di Euro ed hanno permesso la creazione di circa 12.000 nuovi posti di lavoro stabili.
In questo scenario ci si chiede, atteso il contributo che le politiche di sviluppo rurale hanno dato allo sviluppo del settore agricolo, stimolando tra l'altro, importanti investimenti, quale sia stato il loro ruolo nello espansione delle energie rinnovabili nel paese.
Guardando alla precedente programmazione - PSR 2007/2013, si nota come a seguito dell'Healt Check della PAC solo una minima quota di risorse finanziarie, il 5,8% per complessivi 43 Milioni di Euro circa, è stato destinato alle energie rinnovabili, distribuiti con il 45% nell'asse 1, 39% Asse 3 e 16% Asse 4
In linea generale numerose sono state le differenze nell'impiego di queste risorse tra le diverse realtà regionali, che non sempre ne hanno sfruttato tutte le opportunità presenti, mentre sulla tipologia di interventi realizzati, la maggior parte degli investimenti è andato nella direzione del fotovoltaico - come confermato dal VI° Censimento agricoltura ISTAT, con valori rilevati al 2010, sulle aziende agricole che dispongono di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: dei 21.573 impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di proprietà di aziende agricole, gli impianti fotovoltaici sono 17.293 . Ben pochi, infine, risultano gli interventi volti a favorire l'utilizzazione di biomasse agricole e forestali, per la produzione di biomassa a fini energetici e per il miglioramento di impianti ai fini del risparmio energetico.
I PSR 2007/2013 quindi, in tema energie rinnovabili hanno contribuito a promuovere investimenti considerevoli in impianti, ma questo è stato dovuto principalmente al regime nazionale di sostegno che, in particolare sul fotovoltaico (con il Conto energia), era particolarmente incoraggiante.
È infatti noto che a livello nazionale, lo sviluppo delle FER agricole sia stato per lo più spinto dalle tariffe incentivanti che dai PSR, considerando l'esiguità delle risorse da essi destinate. Nella programmazione in corso le risorse destinate dai piani di sviluppo rurale alle energie rinnovabili sono cresciute (Porcu, 2016) ma per essere sfruttare al meglio è necessaria una maggiore sinergia e coerenza tra le politiche attuate a diversi livelli.
Questo è quanto afferma la Corte dei conti Europea nella relazione speciale "Energia da fonti rinnovabili per uno sviluppo rurale sostenibile: vi sono notevoli sinergie potenziali, ma per lo più non realizzate", in cui si rileva una scarsa attenzione in fase di programmazione evidenziando da parte degli Stati Membri la mancanza di solide strategie per le energie rinnovabili nelle aree rurali, basate ad esempio su linee-guida strategiche, promozione buone pratiche e un adeguato monitoraggio sull'attuazione dei programmi.
In particolare si fa riferimento al passato periodo di programmazione e sul limitato contributo del monitoraggio e della valutazione nel fornire informazioni sui finanziamenti e sui risultati degli investimenti in energie rinnovabili, ruolo invece ritenuto strategico per dimostrare quanto realizzato con i fondi UE e migliorare l'efficacia e all'efficienza della spesa per lo sviluppo rurale.
Sebbene infatti molti Stati Membri abbiano deciso di usare i fondi del FEASR per finanziare progetti per energie rinnovabili dall'inizio del periodo di programmazione 2007-2013, in quel momento, non era stato definito alcun indicatore specifico per misurare le realizzazioni o i risultati dei progetti per energie rinnovabili, rendendo difficoltoso, se non impossibile, segurine l'andamento.
Anche a seguito dell'health check, quando le energie rinnovabili sono state riconosciute come una "nuova sfida" e gli Stati Membri hanno ricevuto fondi aggiuntivi, è risultato possibile monitorare solo la spesa ed il numero di beneficiari dei progetti finanziati, ma non dati ed analisi su quanto realizzato dai progetti, come ad esempio energia rinnovabile prodotta o capacità installata, emissioni evitate, etc..
Ciò ha fatto si che a livello di UE non esistessero informazioni esaurienti sui progetti per energie rinnovabili finanziati tramite il FEASR nel periodo 2007-2013 rendendo impossibile quantificare il contributo del Fondo alla diffusione delle energie rinnovabili nelle aree rurali.
In conclusione appare evidente come nel rilevare le citate criticità riguardo ai criteri di pianificazione degli Stati membri per la parte dei propri PSR riservata all'energia da fonti rinnovabili, si rende necessario un maggiore coordinamento, in termini di sinergie e pianificazione delle politiche di sviluppo rurale con le politiche climatiche ed energetiche comunitarie, ispirate ad efficienza energetica e riduzione delle emissioni mediante l'utilizzo di FER. L'UE crede molto in questo piano di integrazione tra le politiche, tanto da proporre un innalzamento dei target fissati originariamente al 40% e 30% per emissioni ed efficienza energetica, con dei nuovi obiettivi rispettivamente al 45% e 40%.
Si ritiene infatti, che coordinando efficacemente le diverse fonti di finanziamento in ambito comunitario per le energie rinnovabili ed inserendole in una visione più organica si possano ottenere benefici ben più rilevanti, favorendo lo sviluppo sostenibile nelle aree rurali, valorizzando le caratteristiche produttive delle imprese agricole e contribuendo così al raggiungimento degli obiettivi europei su clima ed emissioni.
Gli Stati Membri sono ora chiamati ad attivarsi affinchè sia garantita coerenza, confrontabilità e complementarietà nelle diverse strategie di sviluppo economico, ambientale ed agricolo, consolidando il ruolo che quest'ultimo ha svolto e continua a svolgere nello sviluppo in particolare della produzione di energia rinnovabile.
Stefano Fabiani e Mafalda Monda
PianetaPSR numero 69 marzo 2018