Home > Mondo agricolo > Olio, un'eccellenza italiana che può essere meglio valorizzata
Olio

Olio, un'eccellenza italiana che può essere meglio valorizzata

Una serie di indagini effettuate dall'ISMEA evidenziano come la filiera produttiva italiana non sia ancora riuscita ad individuare un percorso di valorizzazione complessivo del prodotto. Manca nei consumatori un'adeguata conoscenza delle caratteristiche dell'olio italiano che permetta un acquisto consapevole.

L'olivicoltura italiana, a livello nazionale e internazionale, rappresenta senza dubbio un'eccellenza, sia dal punto di vista delle caratteristiche qualitative sia per l'enorme bagaglio di cultura e tradizioni del territorio che porta con sé.  Una serie di indagini condotte dall'ISMEA evidenzia, però, come gran parte di questo "tesoro" non sia adeguatamente conosciuto dai consumatori, anche se le grandi potenzialità di crescita non sono sfuggite alla Gdo, al cui interno diverse marche hanno avviato - negli ultimi anni -un percorso di presentazione, valorizzazione e comunicazione al consumatore.

LE CIFRE DELL'OLIO

La produzione agricola del comportato ha raggiunto gli 1,3 miliardi di euro, pari a circa il tre per cento del settore, mentre il fatturato dell'industria olearia è di oltre 3 miliardi di euro. Numeri raggiunti grazie ad una struttura produttiva che conta su oltre 820.000 aziende agricole, di cui circa la metà si dedica esclusivamente alla produzione di olive o olio, un milione di ettari di superfice e circa 5.000 quintali di olive. La produzione nazionale 2017 supera le 400.000 tonnellate di olio, in netto recupero sull'anno prima ma evidenziando ancora una volta oscillazioni sempre più consistenti verso il basso e l'alto. Al netto di queste tuttavia, il trend decennale evidenzia una forte riduzione, considerando che 10 anni fa la produzione media ammontava a circa 600.000 tonnellate.
L'indice di autoapprovvigionamento nazionale (produzione/consumi) oscilla tra il 35 e l'85%. La distribuzione geografica della produzione evidenzia che quasi i tre quarti sono localizzati in: Puglia (50% circa), Calabria e Sicilia, mentre Campania, Lazio e Toscana rappresentano ciascuna circa il 4-5% dell'offerta nazionale.
L'olivicoltura italiana rappresenta un'eccellenza e un simbolo del Paese e all'olio d'oliva è connesso a un ingente patrimonio di valori immateriali legati alla cultura, alla tradizione e al territorio. Sono circa 400 le varietà iscritte nel registro nazionale.
Degli oli a Indicazione Geografica riconosciuti dall'Unione Europea, quasi il 40% è rappresentato da marchi italiani, pari a 46 prodotti a denominazione (di cui 4 Igp). Seguono Grecia e Spagna con 29 riconoscimenti a testa. Destinata a olivo il 12,4% della superficie biologica italiana ovvero, il 21% dell'intera superficie olivicola italiana (32% in Puglia, 31% in Calabria, 14% in Sicilia, 7% in Toscana).
La produzione mondiale di olio di oliva è concentrata nel bacino del Mediterraneo e, in particolare, in Spagna e Italia, paesi che rappresentano anche la quasi totalità delle esportazioni mondiali (60% la Spagna e 20% l'Italia). L'Italia rappresenta mediamente il 15% di quella mondiale, il nostro Paese è il secondo produttore mondiale dietro la Spagna e il secondo esportatore mondiale, ma è anche il primo importatore mondiale di olio d'oliva: nel 2017 abbiamo esportato 329 mila t e importato 531 mila tonnellate con un saldo negativo di 402 milioni di euro
L'Italia, infatti, è il primo consumatore mondiale e, ad oggi rappresenta un terzo della domanda totale a livello mondiale, che si attesta intorno ai 3 milioni di tonnellate, seguita dagli Stati Uniti.

CRITICITÀ E PROSPETTIVE

Nell'ottica di un processo di modernizzazione del settore è necessario definire il percorso che il settore olivicolo italiano deve percorrere per mantenere, e dove possibile aumentare, la propria competitività. L'analisi realizzata dall'ISMEA evidenzia come non sia possibile riproporre per l'Italia un modello analogo a quello diffuso in Spagna e, su scala minore, nl Portogallo e nei Paesi del Nord Africa: "Aziende molto grandi, estremamente meccanizzate, impianti con poche varietà non particolarmente caratterizzate e prive di legame con il territorio. Un numero di frantoi ridotto rispetto all'Italia ma con dimensioni elevatissime e grande uso di tecnologia. Al contrario, in Italia ci sono centinaia di varietà fortemente connesse al territorio ed estremamente caratterizzate nelle proprietà chimico-fisiche. Per altro l'elevato numero di frantoi presenti sul territorio, se da un alto enfatizza la frammentazione produttiva, dall'altra sono garanzia, grazie alla vicinanza ai territori, di molitura in tempi brevi in grado di salvaguardare tutte le caratteristiche del prodotto".
Il futuro è dunque rappresentato da un incremento della meccanizzazione, dalla diffusione dell'irrigazione, dalla professionalizzazione aziendale e conseguente riduzione dell'alternanza e delle oscillazioni produttive, dall'aumento della produttività della manodopera per un prodotto che, in termini di costo di produzione, solo in certe aree del Meridione può attualmente essere in competizione con quello di provenienza spagnolo. Oggi i prezzi all'origine per olio extravergine d'oliva in Calabria e Puglia sono poco sotto i 4 euro/kg, non molto distanti dai pressi della Spagna, della Grecia o della Tunisia.

IL RAPPORTO TRA I CONSUMATORI E L'OLIO DI OLIVA

Le indagini conoscitive svolte dall'ISMEA evidenziano che, relativamente all'olio che viene consumato più frequentemente, la metà degli intervistati afferma di scegliere l'olio in base alla provenienza. Tra coloro che leggono sempre l'etichetta, il 91% dichiara di acquistare solo olio italiano o, comunque, di provenienza regionale, mentre solo il 7% è consapevole di acquistare olio comunitario. Tutto questo però, dati alla mano, risulta sostanzialmente impossibile.
Le risposte dei consumatori mostrano, inoltre, una crescente attenzione nei confronti del prodotto scelto: aumenta infatti l'indecisione e i tempi dedicati all'acquisto si prolungano (fascia da 2 a 5 minuti) registrando tempi decisamente elevati rispetto ad altri prodotti della GDO. Si constata soprattutto un'indecisione «positiva»: il consumatore tenta di comprendere quale sia l'olio con un miglior rapporto qualità / prezzo. Non a caso, infatti, chi spende più tempo spende più soldi nell'acquisto di olio: 4€ per chi compra velocemente e 8€ per chi si ferma di più. Inoltre il 40% degli intervistati è interessato ad approfondire le conoscenze sul mondo dell'olio d'oliva, con le fasce di età più giovani (56,6%) oltre la media

Accanto al classico passaparola, che si conferma anche in questo caso un efficace strumento di informazione, è il web l'altro grande protagonista che si afferma, sia per giovani che per adulti, come un 'contenitore' che mette insieme indicazioni ed esperienze di varia natura, da quelle prettamente culinarie, fornite da chef e dal mondo della cucina in generale, a quelle di nutrizionisti ed esperti della salute.

COMPORTAMENTO DI ACQUISTO

Secondo l'indagine di Ismea, i consumatori prima di fare la propria scelta passano un po' di tempo davanti allo scaffale per trovare il tipo di olio più adatto a soddisfare le proprie esigenze. Un interesse che va senza dubbio considerato come un'occasione importante da cogliere per mettere in campo iniziative mirate a comunicare di più e meglio, soprattutto tenendo presente che meno di 1 consumatore su 5 è in cerca di un prodotto preciso.
A confermare questa tendenza, anche il confronto con un'indagine svolta 10 anni fa. Aumentano indecisione e i tempi dedicati alla scelta, segno di una maggiore consapevolezza del consumatore.

L'ANALISI DEI BUYER DELLA GDO

Le interviste realizzare ai buyer della GDO evidenziano una serie di elementi da prendere in considerazione, a partire dal concetto che "Il consumatore manifesta un grande interesse per le sfaccettature della qualità dell'olio di oliva, ma anche una scarsa conoscenza". Un potenziale che non può essere sprecato dato che il consumatore mostra una propensione a cercare di "capire l'olio" ma quando non ci riesce "ripiega sul prezzo" puntato sulle offerte determinando una dispersione della "sensibilità d'acquisto".
Questo scenario determina un mercato in cui la pressione promozionale è altissima, tanto che le scelte di acquisto possono essere considerate "pilotate" dalle promozioni.
Sul fronte delle informazioni comunicate, e quindi della lettura dell'etichetta, i buyer sottolineano l'importanza di un "allentamento" delle rigide norme sulle informazioni che possono essere inserite. A questo proposito, ad esempio, si evidenzia come sia preferibile evidenziare i singoli Paesi di provenienza dell'olio invece che limitarsi all'indicazione "UE" o "Extra UE".
Si osserva, inoltre, una forte crescita, anche "irrazionale ed emotiva", del attenzione all'aspetto salutistico e per questo sarebbe utile poter parlare del potenziale nutrizionale dell'olio di oliva.
Gli intervistati sottolineano poi l'importanza dei controlli, che ostacolino le frodi, e dell'educazione al gusto dei consumatori.

CONCLUSIONI

Il quadro che emerge dall'analisi dell'ISMEA porta a ritenere fondamentale lavorare ad una maggiore consapevolezza dell'acquisto da parte dei consumatori, dato che il 10 per cento reputa che non ci siano differenze tra olio d'oliva e olio extravergine d'oliva e una percentuale più ampia fa comunque una notevole confusione. Una situazione confermata dal fatto che, a fronte di una disponibilità di olio nazionale pari al 35% - nelle annate peggiori-, il 91% degli intervistati dichiara di consumare il prodotto italiano.
Risulta, inoltre, evidente il pericolo dell'appiattimento del gusto, soprattutto tra i più giovani, in considerazione dello spazio di mercato stretto che hanno i prodotti con caratteristiche organolettiche distintive, quali ad esempio gli oli Dop-Igp (2-3%).
Allo stesso tempo se il consumatore è confuso e indeciso davanti allo scaffale, alla ricerca di informazioni che siano in grado di guidarlo, rispetto a 10 anni fa è aumentato notevolmente il tempo dedicato all'acquisto: il 59% spende da 2 a 5 minuti (era il 34% nel 2007). Dalle etichette arriva solo una risposta parziale rispetto alle esigenze mostrate dal consumatore: informazioni chiare su origine, gusto, caratteristiche nutrizionali, sistema di garanzie, sono spesso assenti - o comunque rispondono ai vincoli di legge - e non guidano l'acquirente.
A questo si aggiunge la mancanza di una percezione del reale valore del prodotto, che è stata completamente alterata dalla continua e sostenuta pressione promozionale della Gdo che, contemporaneamente, diversifica la propria offerta arricchendola di oli extravergine di oliva a più alto valore.
La comunicazione dei media è generalmente positiva ma troppo generica, non rispondendo ad alcun bisogno latente del consumatore.
Per tutte queste ragioni è fondamentale promuovere la competenza del consumatore, lavorando anche nelle scuole per contrastare la tendenza all'appiattimento del gusto delle giovani generazioni. Può essere di grande importanza rafforzare le iniziative che intersecano le opportunità di contatto tra consumatori, produzione (e prodotto) con l'offerta turistica e lavorare sul ruolo del packaging e delle etichette: formare e aiutare le aziende nella definizione del piano marketing dell'olio, per trasformare i punti di forza in «una storia da raccontare».
Al fine di favorire una corretta percezione del valore del prodotto è necessario anche analizzare e «spiegare» il prezzo dell'olio extravergine, permettendo di capire dove, e a quale costo, si genera la qualità, il ruolo dei volumi, la necessità di un differenziale di prezzo rispetto all'olio di oliva.
Alle attività rivolte al consumatore devono essere affiancate iniziative che favoriscano la crescita della produzione, in modo che le aziende olearie impegnate nella vendita all'estero possano contare su volumi sufficienti di prodotto italiano. È necessario inoltre supportare le aziende nella promozione della biodiversità, a partire da consulenze e pratiche agronomiche che permettano il raggiungimento e il mantenimento di volumi di prodotto sufficienti (e non eccessivamente fluttuanti) per impostare campagne di promozione e valorizzazione. Si devono spingere e rafforzare, infine, le forme di collaborazione tra produttori che permettano di generare «massa critica», sia B2B (forniture alle aziende medio-grandi che già sono forti sul mercato italiano ed esportano), sia B2C (vendite dirette al consumatore, anche online o in punti vendita dedicati.

 
 

Matteo Tagliapietra

 
 

PianetaPSR numero 70 aprile 2018