Il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l'Italia a causa degli impatti sulla popolazione, sulle infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo. Il forte incremento delle aree urbanizzate, verificatosi a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti a frane e alluvioni. Le superfici artificiali sono passate infatti da circa il 2,7% negli anni '50 al quasi 8% del 2017. Inoltre, l'abbandono massiccio delle aree rurali montane e collinari ha inoltre determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio. L'ISPRA, nel 2018 ha pubblicato il nuovo Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia, in cui aggiorna il quadro sulla pericolosità per frane e alluvioni del territorio nazionale, presentando una nuova mosaicatura sulla base dei dati forniti dalle Autorità di Bacino Distrettuali.
Per dissesto idrogeologico si intendono tutti quei fenomeni che compromettono il suolo e, di conseguenza, manufatti e centri urbani. Tra i fenomeni che concorrono al dissesto idrogeologico ci sono l'erosione del suolo ed altri eventi catastrofici come frane e alluvioni.
L'Italia è uno dei paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi, con 620.808 frane che interessano un'area di 23.700 km2, pari al 7,9% del territorio nazionale (ISPRA, 2018). Circa un terzo del totale delle frane in Italia sono fenomeni a cinematismo rapido (crolli, colate rapide di fango e detrito), caratterizzati da velocità elevate, fino ad alcuni metri al secondo, e da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdita di vite umane. Altre tipologie di movimento (es. colate lente, frane complesse), caratterizzate da velocità moderate o lente, possono causare ingenti danni a centri abitati e infrastrutture lineari di comunicazione. I fattori più importanti per l'innesco delle frane sono le precipitazioni brevi e intense, quelle persistenti e i terremoti. Secondo l'ultimo rapporto stilato da ISPRA nel 2018 "Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio" le Regioni che presentano le maggiori superfici (in km2) a pericolosità elevata si registrano nelle Regione Valle d'Aosta, in Provincia di Trento, in Campania, Molise, Abruzzo, Toscana, Liguria ed Emilia-Romagna (figura 1 a/b).
Figura 1. Percentuale di territorio con aree a pericolosità da frana elevata a livello comunale e Regionale - ISPRA 2018
Il lavoro redatto da ISPRA mostra come ad oggi sono 7.275 (91% del totale) i comuni a rischio per frane e/o alluvioni; il 16,6% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità; 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Il Rapporto, attraverso un'approfondita e dettagliata conoscenza del territorio getta le basi per un'azione propedeutica fondamentale nelle strategie per la mitigazione del rischio idrogeologico, insieme a una corretta pianificazione territoriale, agli interventi strutturali, alle delocalizzazioni, alle reti di monitoraggio e ai sistemi di allertamento, alla manutenzione del territorio e alle buone pratiche in campo agricolo e forestale, alla comunicazione e diffusione delle informazioni. In tale ambito, l'ISPRA svolge l'attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati in materia di difesa del suolo e dissesto idrogeologico riferita all'intero territorio nazionale (artt. 55 e 60 del D.Lgs. 152/2006 "Norme in materia ambientale"), realizza l'Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI) in collaborazione con le Regioni e le Province autonome (art. 6, comma g, della L. 132/2016), cura la standardizzazione delle informazioni correlate all'attuazione della Direttiva Alluvioni (2007/60/CE), gestisce la piattaforma ReNDiS (Repertorio Nazionale degli Interventi per la Difesa del Suolo) utilizzata sia per il monitoraggio dell'attuazione degli interventi già finanziati che per le istruttorie di richiesta di nuovi finanziamenti da parte delle Regioni/Province autonome e provvede alla pubblicazione online della cartografia tematica mediante il Sistema informativo nazionale ambientale (SINA). Grazie a questo sistema integrato di informazione vi è la possibilità da parte delle Regioni Italiane di attuare una serie di iniziative volte al contrasto e prevenzione del dissesto idrogeologico nei territori di competenza.
Infatti, dalla seconda metà del secolo scorso l'approccio principale che hanno attuato le Regioni italiane per difendersi dal dissesto è stato quello basato sulle opere. Raramente si è fatto ricorso ad interventi non strutturali a carattere preventivo, come la manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua, dei versanti e delle opere esistenti, la delocalizzazione di insediamenti ed attività, il potenziamento di reti di monitoraggio e di sistemi di pre-allertamento, i piani di protezione civile e la comunicazione ai cittadini per far sì che contribuiscano alla mitigazione del rischio tenendo comportamenti corretti. Tuttavia, ogni Autorità di Bacino, nel proprio ambito e territorio, ha stabilito norme specifiche e regole per l'uso delle aree a rischio, degli ambiti fluviali, delle risorse idriche, col risultato di produrre un quadro disomogeneo e frammentario, reso ancor più evidente dalla trasformazione in Distretti idrografici. Ad oggi, in base agli ultimi eventi estremi che hanno coinvolto diverse regioni italiane si è reso necessario stabilire un sistema più omogeneo a livello normativo, con regole e procedure più chiare. Inoltre, al fine di potenziare le attività e gli strumenti di controllo capillare sul territorio, si è reso necessario la definizione delle competenze dei soggetti che possono e devono operare per la conoscenza, per la prevenzione e per la conduzione delle emergenze.
L'evoluzione normativa sul rischio idrogeologico è estremamente vasta ed intrecciata ma vuole creare uno strumento normativo capace di abbracciare tutte le casistiche ambientali, mettendo ordine nella metodologia e nei criteri di intervento, nella definizione degli organi istituzionali ma, soprattutto, inserendo nella pianificazione territoriale le precarietà legate ai problemi ambientali.
L'evoluzione del contesto normativo attuale vede l'approvazione del ddl "Cantiere Ambiente" da parte del Ministro dell'Ambiente. Questo rappresenta un provvedimento che consentirà di spendere circa 6,5 miliardi di euro, che costituiscono il Piano del governo contro il dissesto, ridurre la burocrazia, semplificare i passaggi amministrativi, anticipare i fondi per la progettazione, affiancare le regioni, programmare cicli di interventi per la messa in sicurezza del territorio. Altra novità prevista dal "Cantiere Ambiente" è l'anticipo del 30% dei fondi alle Regioni per gli interventi programmati, con risorse anche per la progettazione, fino a 135 milioni di euro. In questo lavoro nasce la nuova figura professionale il "green manager", dirigente o funzionario, che dovrà assicurare l'attuazione delle politiche ambientali, con riferimento a piani di mobilità sostenibili, efficientamento energetico nelle pubbliche amministrazioni, riduzione degli imballaggi, raccolta differenziata dei rifiuti.
L'Emilia-Romagna ha investito circa 17 milioni di euro per la messa in sicurezza del territorio finanziando circa 173 progetti grazie ai Programmi di sviluppo rurale. Obiettivo, prevenire fenomeni di dissesto idro-geologico dovuti a maltempo e avversità climatiche nelle aziende agricole e zootecniche. Un piano di interventi che abbraccia tutto il territorio regionale, dall'Appenino piacentino al riminese, e che vede come protagonisti gli enti pubblici del territorio e le aziende agricole. Il bando promosso dal Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020 ha come obiettivo quello della riduzione del rischio di danneggiamento del potenziale produttivo agricolo - stalle, fienili, serre, immobili per la lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli, magazzini per attrezzi, frutteti, vigneti e uliveti, vivai e terreni seminabili - legato all'intensificarsi dei fenomeni estremi derivanti dal cambiamento climatico.
Come ha affermato più volte l'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, la prevenzione è l'asse portante delle politiche regionali per garantire la messa in sicurezza del territorio e, al tempo stesso, la salvaguardia della capacità produttiva delle aziende agricole e zootecniche. Le risorse messe a bando vogliono puntare alla promozione di progetti che portino alla riduzione degli effetti negativi del maltempo, che sempre più frequentemente mettono a dura prova la sopravvivenza delle imprese, soprattutto nelle aree di collina e di montagna a rischio di abbandono. Il settore agricolo vive quotidianamente le conseguenze del dissesto idrogeologico e dei cambiamenti climatici ed è da sempre in prima linea per combatterli. Una sfida che si può vincere, a condizione che si affermi un nuovo modello di sviluppo più attento alla gestione delle risorse naturali e alla prevenzione dei rischi.
Diverse sono le azioni da intraprendere per far fronte a questi fenomeni, prima di tutto, come già affermato è quello di puntare ad azioni di previsione, prevenzione e mitigazione degli effetti. La conoscenza approfondita del territorio, l'individuazione e la quantificazione dei rischi, permettono di prevedere eventuali disastri e calamità naturali, con l'obiettivo di ridurre al minimo i possibili effetti collaterali. Inoltre, una pianificazione attenta degli interventi di gestione e cura del territorio, ed una regolare manutenzione possono essere azioni strategiche per contrastare gli effetti del dissesto. Inoltre, il suolo acquista un ruolo strategico, la cui difesa ed un corretto uso possono fare la differenza e rappresenta il primo passo fondamentale per contrastare il rischio derivante dal dissesto idrogeologico.
Maria Valentina Lasorella
Postazione Rete Rurale E-R
PianetaPSR numero 86 dicembre 2019