In un momento come quello attuale, in cui si intensifica il dibattito sulla riforma PAC per il post 2013, ed in particolare, sul rafforzamento della componente ambientale (greening) della politica agricola e sul ruolo degli agricoltori in quanto fornitori di beni pubblici ambientali, i risultati emersi dall' "Atlante ambiente sulle pratiche agronomiche ecosostenibili", realizzato dalla Rete rurale nazionale, confermano l'importanza di tale ruolo. Infatti nel nostro Paese è in aumento la diffusione delle pratiche agronomiche più efficaci dal punto di vista ambientale, tra le quali l'agricoltura integrata, la produzione biologica vegetale, i prati e pascoli permanenti, le foraggere avvicendate e la messa a riposo dei terreni. L'entità del fenomeno è stata "mappata" attraverso l'analisi di un numero ristretto di indicatori agroambientali significativi, presenti nel "database indicatori territoriali" strumento creato dalla Rete rurale per l'arco temporale che va dal 2000 al 2007 (1), per le quattro aree in cui è distinta l'Italia nel Piano strategico nazionale dello )sviluppo rurale.
La tendenza a favore di un aumento delle aziende e delle superfici agricole interessate da queste pratiche sembra essere, in generale, più forte nelle aree interne con complessivi problemi di sviluppo. Le regioni competitività si contraddistinguono poi per un maggior numero di aziende con prati permanenti e pascoli (sul totale delle aziende con SAU) e per una maggiore superficie destinata a foraggiere avvicendate. Le regioni convergenza, invece, evidenziano una maggiore presenza di superfici a riposo e con produzioni biologiche sulla SAU totale. Su tutto ciò incide sicuramente la vocazionalità climatica e geopedologica ma ciò è anche il frutto delle politiche agro ambientali e di sviluppo rurale così come degli stimoli favorevoli di mercato, segnatamente nel caso del biologico.
La presenza di aziende che praticano agricoltura integrata rispetto alle aziende totali rimane pressoché costante tra il 2000 e il 2007 (circa 82.500 aziende, il 3,9% delle aziende totali), che può essere interpretata come una sorta di zoccolo duro di aziende costituitosi, sia grazie alla politiche agro ambientali che hanno incentivato queste pratiche a basso impatto sin dall'epoca del reg.(CEE) 2078/92, sia grazie alla progressiva remunerazione ottenuta dal mercato.
La prevalenza percentuale di questa tipologia di aziende specialmente in aree con problemi complessivi di sviluppo rivela una maggiore propensione di queste imprese agricole alla conversione all'agricoltura a basso impatto grazie verosimilmente ad una minore incidenza dei costi e dei minori redditi rispetto all'agricoltura convenzionale in ragione della minore redditività in genere ritraibile in tali zone rurali.
Nel periodo di riferimento le superfici con produzioni biologiche vegetali sono aumentate, passando da circa 426 mila ettari del 2000 a circa 610 mila ettari del 2007, che in termini relativi, cioè rispetto alla superficie agricola utilizzata totale si traduce in un incremento dell'1,5%. Questo leggero aumento può essere interpretato sia come il frutto di un consolidamento della penetrazione nei mercati dei prodotti biologici sia come un possibile effetto delle politiche agro ambientali promosse dai PSR nel ciclo di programmazione 2000/2006.
Interessante notare, inoltre, che questo fenomeno coinvolge in maniera uniforme tutte le aree rurali e, a livello nazionale mostra una maggiore propensione delle aree situate nelle regioni dell'obiettivo convergenza. Questo ultimo dato può essere interpretato come una maggiore convenienza ad abbandonare il sistema di produzione convenzionale in ragione di tecniche di produzione meno intensive e attuate in aree con minore produttività rispetto alle regioni dell'obiettivo competitività.
In termini assoluti gli ettari di superfici destinate ai terreni a riposo sono risultati pari a circa 515 mila nel 2007, con un'incidenza sulle superfici a seminativi totali pari al 7,4%. La presenza di tali superfici fornisce un'indicazione sulle aree in cui si riscontra una più spiccata tendenza a non coltivare i terreni, con conseguenze sull'ambiente favorevoli laddove vengono assicurate pratiche di mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali. L'andamento dei terreni a riposo nel tempo può essere messo in correlazione con l'introduzione del disaccoppiamento della PAC, che dal 2005 ha registrato un certo aumento dei terreni ritirati dalla produzione.
In Italia, si è assistito anche ad un incremento delle superfici investite a foraggere avvicendate passando, in termini assoluti, da circa 1,5 milioni di ettari del 2000 a circa 1,8 milioni del 2007, con un'incidenza sulle superfici totali pari a 25,8% (+ 5 punti percentuali rispetto al 2000). La presenza di foraggere avvicendate risulta maggiore nelle aree con problemi complessivi di sviluppo delle Regioni obiettivo competitività. Questo dato fornisce un'indicazione sulle aree in cui si registra una maggiore propensione da parte degli agricoltori ad utilizzare tecniche di avvicendamento con coltivazioni particolarmente favorevoli per la gestione sostenibile dei terreni.
La presenza di aziende con prati permanenti e pascoli rispetto alle aziende con superficie agricola utilizzata totali, come noto, rappresenta un importante indicatore di identificazione delle aree agricole ad alto valore naturale, quindi fornisce un'indicazione della presenza di tali aree sul territorio rurale. Dall'analisi risulta che le zone rurali con problemi complessivi di sviluppo delle regioni competitività, sono le aree in cui la presenza di tali aziende è notevolmente maggiore. In termini assoluti, in Italia, il numero di aziende con prati permanenti e pascoli è risultato pari a circa 431 mila del 2007, con un'incidenza sulle aziende con SAU totali nel 2007 pari al 20,8%.
Da queste considerazioni emerge la conferma che la variabilità dei sistemi agricoli e ambientali italiani non consente facili standardizzazioni e che la programmazione di politiche di sviluppo rurale e agroambientali efficaci deve necessariamente tenere conto delle specifiche caratteristiche regionali e, ancor più in dettaglio, di quelle locali.
Tutto ciò rappresenta una sfida di notevole importanza in vista della riforma della PAC post-2013, tanto più importante alla luce del maggiore orientamento al greening promosso dalla Commissione europea.
Per tale ragione si ritiene necessario promuovere il più ampio dibattito su questi temi e documentare, con maggiori e più specifici approfondimenti e studi, le caratteristiche strutturali e gestionali delle aziende agricole opportunamente inserite nei contesti rurali, ai quali appartengono e nei quali si trovano ad operare.
Letizia Atorino
(1) Il database sarà integrato con i dati dell'ultimo censimento Istat del 2010.
PianetaPSR numero 2 - settembre 2011