87 milioni di euro per promuovere lo sviluppo dell'industria bio-based nell'ottica di una diffusione della bioeconomia. È quanto previsto dalla call for proposal 2020 BBI JU (Bio-Based Industries Joint Undertaking) che si è aperta lo scorso 15 aprile con l'obiettivo di finanziare diverse tipologie di progetti: azioni di ricerca e innovazione (RIA), azioni di innovazione (IA), azioni di dimostrazione (demo) e azioni flagship (FLAG).
Al bando possono partecipare le grandi imprese, le piccole-medie imprese, le organizzazioni di ricerca e tecnologia, le università, le organizzazioni private a scopo di lucro e senza scopo di lucro, le associazioni o qualsiasi persona giuridica interessata alle attività di BBI JU.
Le domande devono essere presentate entro le ore 17:00 del 3 settembre 2020. Ai progetti selezionati sui 15 bandi aperti saranno erogati circa 87 milioni di euro. Le grandi imprese non hanno diritto a ricevere finanziamenti per le azioni di ricerca e innovazione e per le azioni di coordinamento e sostegno nell'ambito del programma BBI JU.
Tali progetti verranno analizzati adoperando i tre criteri del programma Horizon 2020 inerenti la valutazione dell'eccellenza, dell'efficienza dell'attuazione, dell'impatto e della qualità.
Le priorità scientifiche per i progetti sono allineate con la SIRA (Agenda Strategica per l'Innovazione e la Ricerca), ovvero con i suoi quattro principali orientamenti strategici:
L'industria bio-based si fonda sui principi della chimica verde [1] in quanto evita la produzione di rifiuti e utilizza le risorse biologiche rinnovabili per produrre beni, prodotti e servizi partendo da biomasse [2]. Essa comprende tutti i settori industriali che tradizionalmente adoperano risorse biologiche come materiale principale (ad esempio i settori produttivi legati allo sfruttamento delle foreste, all'amido, allo zucchero, ai biocombustibili, etc.) ed altri per i quali le biomasse sono parte del portfolio delle materie prime (ad esempio i prodotti chimici o quelli per il consumatore finale).
È un settore fondamentale in quanto offre input e conoscenze per tecnologie innovative, come ad esempio il biocarburante da biomassa ottenuto con tecnologie di seconda o terza generazione, la produzione di bio-plastiche, i prodotti organici farmaceutici e cosmetici, i materiali biologici per l'edilizia residenziale, la produzione di bio - fertilizzanti, i processi di digestione anaerobica per ottenere concimi o compost dal trattamento dei rifiuti solidi e delle acque reflue urbane, agricole e bio - industriali.
Nel dettaglio, il Bio-Based Industries Joint Undertaking è un partenariato pubblico - privato promosso dalla Commissione Europea nell'ambito della Strategia europea per la Bioeconomia e dal Consorzio delle industrie bio-based (BIC), costituito da grandi imprese e piccole-medie imprese, cluster regionali, associazioni, istituti di ricerca e piattaforme tecnologiche appartenenti a settori diversi.
È, quindi, un organismo autonomo dell'Unione Europea che opera nell'ambito delle norme e delle procedure del programma Horizon 2020. Ha l'obiettivo di implementare l'Agenda Strategica per l'Innovazione e la Ricerca (SIRA), sviluppata dall'industria in collaborazione con l'Unione Europea, e di accelerare la creazione di una bioindustria europea competitiva, sostenibile e circolare.
L' Agenda strategica per l'innovazione e la ricerca (SIRA) traduce la visione dell'industria in una serie di azioni progettate per fornire risultati tangibili, innovativi, sostenibili e sempre più ambiziosi prima entro il 2020 e poi entro il 2030.
Infatti, SIRA definisce le principali sfide tecnologiche e di innovazione per lo sviluppo di bioindustrie sostenibili e competitive in Europa in grado di disaccoppiare la crescita economica dall'esaurimento delle risorse e dall'impatto ambientale.
Le sfide del millennio riguardano la possibilità di garantire un futuro più equo e sostenibile, oltrepassando il rapporto dualistico tra sviluppo e tutela dell'ambiente, con l'obiettivo di prolungare il ciclo di vita dei materiali, dei prodotti e delle risorse, riducendo la produzione di scarti. La natura trasversale della bioeconomia offre, infatti, l'opportunità di affrontare in modo globale tali sfide, tra loro interconnesse, della scarsità delle risorse naturali, della sicurezza alimentare, della dipendenza dalle risorse fossili e del cambiamento climatico, ottenendo in contemporanea una crescita economica sostenibile.
La sfida principale della bioeconomia riguarderà la riconnessione del tessuto economico con quello sociale ed ecologico, specialmente nel contesto delle crescenti povertà e disuguaglianza, e l'analisi degli scenari futuri basati sulle proiezioni degli attuali trend di crescita della popolazione e dei relativi consumi.
Il tessuto sociale non è separato dal mondo industriale: agricoltura, industria, ambiente, istituzioni, scuola, mondo del consumo e del lavoro devono collaborare per un progetto comune di sostenibilità. La bioeconomia potrà svilupparsi a livello globale se verrà considerata la dimensione territoriale in quanto la sostenibilità non può essere intesa universalmente nello stesso modo, ma deve essere declinata in relazione alla specificità dei territori ed alle realtà economiche locali.
L'educazione, la formazione e la comunicazione sono elementi prioritari per la crescita della bioeconomia in quanto rappresentano la base della transizione verso stili di vita sostenibili, della crescita e della conoscenza delle tecnologie disponibili nel settore dei prodotti bio-based.
La sfida per L'Unione Europea e per gli Stati Membri sarà quella di creare le condizioni favorevoli per progetti che utilizzano la chimica partendo dai territori, dalle potenzialità e dalle biomasse locali rimuovendo le incertezze normative e incoraggiando i cittadini a investire in detto settore.
Per massimizzare i benefici che si potranno ottenere dalla bioeconomia occorre, quindi, che le politiche siano finalizzate e mirate alla promozione della cooperazione scientifica tra i vari Paesi, alla coerenza tra le diverse politiche pertinenti e alla promozione della ricerca e dello sviluppo delle applicazioni. In tale contesto risulta essenziale stimolare la competitività, il trasferimento delle conoscenze e l'innovazione dalla scienza all'industria, essendo la ricerca condizione essenziale per il continuo sviluppo delle biotecnologie.
Per l'industria bio-based si evidenzia l'esigenza di investimenti ingenti per la ricerca e la costruzione di impianti industriali e di infrastrutture per la bioeconomia; la diffusione di prodotti che non rispettano gli standard e le regole internazionali di etichettatura sui prodotti a base biologica e biodegradabili; l'assenza di regolamentazioni e di criteri specifici sull'end - of - waste con riferimento al bio rifiuto industriale e, di conseguenza, la necessità di stabilire le caratteristiche che la materia deve possedere per essere accettata dall'industria.
Le industrie bio-based, inoltre, sono ancora considerate come un settore emergente con infrastrutture logistiche inadeguate e estremamente frammentate in aree geografiche.
Dall'analisi dei progetti presentati in passato si rileva che la partecipazione da parte del settore agricolo è relativamente bassa. In merito, si evidenzia la necessità, visti i benefici connessi, di sensibilizzare e informare le Regioni, le Organizzazioni professionali e gli stessi agricoltori sull'industria bio - based e sulla possibilità di presentare proposte inerenti tale ambito.
Infine, si sottolinea che il mercato dei prodotti nazionali a base biologica è limitato, anche, a causa dei loro costi più elevati rispetto ai prodotti tradizionali e/o derivanti dalle risorse fossili.
CLUSTER CHIMICA VERDE
I cluster tecnologici nazionali sono reti di soggetti pubblici e privati che operano sul territorio nazionale in settori quali la ricerca industriale, la formazione e il trasferimento tecnologico. Funzionano da catalizzatori di risorse per rispondere alle esigenze del territorio e del mercato e per coordinare e rafforzare il collegamento tra il mondo della ricerca e quello delle imprese. I cluster hanno l'obiettivo di guidare il percorso di riposizionamento strategico del sistema produttivo nel panorama tecnologico internazionale; raccogliere in modo coordinato e organico le migliori esperienze e competenze esistenti sul territorio di riferimento e sul territorio nazionale, favorendo l'inclusione di tutte le organizzazioni operanti nel settore interessate ad aderire e realizzando, allo stesso tempo, sinergie tra settori industriali diversi sulle stesse tipologie tecnologiche; favorire una stabile connessione e interazione tra ambiti, politiche, interventi e strumenti di carattere nazionale, regionale e locale; valorizzare i programmi strategici di ricerca, di sviluppo tecnologico e innovazione coerenti con i programmi nazionali e internazionali, in particolare la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) e il Programma Europeo per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020; creare le condizioni per migliorare la capacità di attrazione di investimenti e di talenti.
I cluster, quindi, hanno lo scopo di generare piattaforme di dialogo tra il sistema pubblico o privato della ricerca e le imprese.
Nel 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) coerentemente con le priorità delineate nel Programma dell'Unione Europea per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020, ha promosso la nascita e lo sviluppo dei primi otto cluster tecnologici nazionali: Aerospazio; Agrifood; Chimica verde; Fabbrica intelligente; Mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina; Scienze della Vita; Tecnologie per gli ambienti di vita; Tecnologie per le Smart Communities.
Nel 2016 il MIUR introduce altri 4 cluster tecnologici nazionali: Tecnologie per il Patrimonio Culturale; Design, creatività e Made in Italy; Economia del Mare; Energia.
Ilaria Falconi
ISMEA
PianetaPSR numero 91 maggio 2020