Per essere competitivi in un mercato globale, le aziende devono innovare e migliorare costantemente i processi e le procedure aziendali, attuando l'integrazione e creando comunicazione tra le diverse funzioni aziendali. L'imperativo per le aziende è dunque massimizzare l'efficacia e l'efficienza dei processi aziendali digitalizzandoli e la 'compliance 4.0' è la sfida da affrontare per essere leader di mercato e differenziarsi dai competitors locali e internazionali per garantire l'eccellenza dei prodotti. Finora, la digitalizzazione sviluppatasi con le reti e le tecnologie informatiche esistenti, ha comportato, un proliferarsi di piattaforme digitali, una riduzione dei passaggi della catena dell'offerta con figure che ricoprono contemporaneamente più ruoli come i web hosting providers, inclusi registratori di domini e gli intermediari di commercio elettronico e, anche, un progressivo appiattimento di alcuni ruoli, dove per esempio produttore e consumatore in alcuni contesti tendono a fondersi nei prosumerpoiché tende a sfumarsi il legame passivo tra le due figure con l'utilizzo della rete [1].
La tecnologia blockchain rientra pienamente in questo contesto di piattaforme, costituita da un database centralizzato e più correttamente definita come una catena di blocchi a tecnologia "distributed ledger" con database virtuale di tipo pubblico o privato.
Da qualche anno in Italia di questa tecnologia esiste anche una definizione normativa, di cui alla L. 11 febbraio 2019, n.12, che identifica la stessa con protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, con basi crittografiche non alterabili e non modificabili. I blocchi di questa tecnologia, una volta scritti, restano immutabili e ciascuno è rappresentato da un archivio digitale che racchiude una serie di transazioni tra di loro correlate attraverso: - un timestamp(marcatore temporale) che conferisce la data certa e un hashche rappresenta l'anello di collegamento con il blocco precedente. L'importanza di questa tecnologia sta nel rientrare anche nella rete digitale, definita Internet of value, i cui nodi creano e trasferiscono valore mediante un sistema di algoritmi e regole crittografiche con impatti positivi su diverse attività come le piattaforme virtuali di interscambio con la realizzazione di una connettività tra intangibili e oggetti [2].
È evidente che l'innovazione digitale connessa all'utilizzo di questa tecnologia implica anche una riflessione giuridica e in particolare sulla disciplina del trattamento dei dati personali ricadenti nella sfera di azione del Reg.(UE) 679/2016 -GDPR- che richiede cautela fin dalla fase di progettazione per i dati identificativi, che devono essere maneggiati solo da soggetti autorizzati. Permangono, però, diversi problemi aperti perché proprio l'architettura della blockchain incide negativamente su una serie di aspetti, quali la registrazione inevitabile di dati personali di individui, l'identificazione dei reali soggetti titolari del trattamento e i diritti degli interessati nella limitazione, cancellazione o distruzione del dato in casi come cessazione o ritiro del consenso o utilizzo contra legem. In quest'ultimo caso, considerata l'immodificabilità dei blocchi, diventa più complicata la difesa del diritto vantata dagli interessati.
Nonostante la complessità e la delicatezza delle questioni citate, la tecnologia blockchain viene, però, considerata innovativa e accolta con favore dalle politiche europee, tanto che a livello comunitario sono state previste diverse iniziative per favorirne la diffusione e la comprensione. In Italia, la recente Strategia sull'Intelligenza Artificiale promossa dal MISE (luglio 2020) ha evidenziato che la tecnologia deve essere governabile, con la cooperazione tra istituzioni, imprese, università e società civile, deve essere affidabile non soppiantando gli esseri umani ma piuttosto proteggendone i diritti fondamentali e anche orientataallo sviluppo sostenibile nel medio e lungo periodo. La blockchain che rientra nell'Ecosistema intelligente come uno de fattori abilitanti e per la quale si è in attesa di un documento strategico da parte del MISE, deve avere un'utenza competente sulle possibilità di utilizzo anche con la consapevolezza dei limiti che le tecnologie presentano [3].
Secondo lo stesso documento, uno dei sei settori su cui l'Italia dovrebbe concentrare investimenti per potenziare l'intelligenza artificiale è proprio l'agrifood e la blockchain viene considerata, al suo interno, una tecnologia ad alto potenziale per garantire la sicurezza dei prodotti, la tracciabilità degli stessi, l'efficienza negli scambi di informazioni e servizi tra i diversi attori della catena del valore. La diffusione di questa piattaforma digitale in un mondo molto frammentato e anche legato a logiche individualiste come l'agroalimentare italiano è stata facilitata dal fatto di essere stata considerata, da chi l'ha introdotta, come un elemento di fiducia, in cui nessuno detiene il controllo e tutti possono avere un ruolo. La sua applicazione a concetti come la qualità, la sostenibilità del prezzo nelle transazioni e la tutela dei lavoratori sono delle incognite da verificare, considerati gli interessi esistenti, la scarsa attitudine alla collaborazione dei vari attori della catena del valore e anche la scarsa diffusione del digitale nell'agroalimentare [4].
Ma è indubbia la potenzialità di questa tecnologia se l'obiettivo è aumentare la competitività del settore, perchè tracciare il prodotto per essere certi della sua provenienza, riequilibrare il peso della parte produttiva spesso dimenticata o mortificata, garantire la trasparenza di alcune attività della filiera, avviare una tokenizzazione[5] di alcuni comparti o processi per rendere possibili transazioni con criptovalute sono tutti aspetti che la blockchain rende attuabili e monitorabili.
Cosa ci si attende in concreto dalla blockchain calata nella realtà agroalimentare italiana?
Dal punto di vista strettamente finanziario, il "Sentiment" che accomuna la catena del valore di settore è che tutti ne possono trarre vantaggio, dall'agricoltore che può essere ripagato per quanto produce, ai finanziatori che possono avere la situazione sotto controllo e ai consumatori che sono in grado di riconoscere qualità e provenienza oltre che a compartecipare, in determinati casi, ad alcune fasi di processo e a praticare scelte eco-sostenibili. È chiaro che se l'avvento di intelligenza artificiale e digitale richiede anche un'adeguata formazione e consapevolezza, questo è maggiormente vero nel settore agroalimentare dove si assiste ad una parziale e lenta rivoluzione con l'introduzione di strumenti di precisione e digitali innovativi a supporto di alcune attività e di alcuni comparti. In maniera realistica, quindi, la tecnologia della blockchain nell'agroalimentare comporterebbe un aumento di valore di modelli di business standard e tradizionali, solo se per gli stessi ci potrà essere una riduzione dei costi dovuta alla disintermediazione o alla rapidità con cui si accede all'informazione e anche un aumento di ricavi per nuovi orizzonti di mercato, per la creazione di economie di scala e per il collegamento con reti relazionali e altri elementi intangibili che rientrano nei modelli e che al momento sono preclusi al settore per le sue dinamiche e per la sua organizzazione.
Raffaella Pergamo
CREA PB
PianetaPSR numero 93 luglio/agosto 2020