Quest'anno l'Earth Overshoot Day, il giorno in cui la popolazione mondiale ha già consumato interamente tutte le risorse prodotte dal pianeta nell'intero anno, è stato il 22 agosto.
Tale giorno non ricade in una data fissa o celebrativa come ad esempio la giornata dell'ambiente o della biodiversità, in quanto è il Global Footprint Network, organizzazione no profit di ricerca internazionale, a calcolare dal 1971 la giornata di debito ecologico che ogni anno avviene prima, allontanandosi dal 31 dicembre.
Il giorno dell'Earth Overshoot Day si ottiene calcolando il rapporto tra la biocapacità del pianeta, ossia l'ammontare di tutte le risorse che la Terra è in grado di generare annualmente, e l'impronta ecologica dell'umanità, ovvero la richiesta totale di risorse per l'intero anno. Tale data, nell'arco di circa 40 anni, è passata dal 29 dicembre al primo agosto.
Tuttavia quest'anno le restrizioni legate all'emergenza sanitaria hanno posticipato la data dell'Earth Overshoot Day di 24 giorni raggiungendo i valori del 2005. La pandemia, infatti, ha contribuito ad una diminuzione del 10% dell'impronta ecologica mondiale.
Tale riduzione non rappresenta una soluzione alla crisi ambientale e climatica, che ha invece necessità di modifiche strutturali, tecnologiche e comportamentali, ma solamente un esito temporaneo determinato dalle misure ristrettive previste dal Governo.
Dallo scorso 23 agosto, quindi, abbiamo un debito ecologico enorme con l'ambiente: le risorse naturali rinnovabili della Terra sono esaurite e la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemi ad essa legati continua ad incrementare.
L'inversione di tendenza è assolutamente necessaria ed urgente in quanto il capitale naturale destabilizzato e indebolito dalla perdita di biodiversità è in grado di determinare impatti irreversibili sulla salute umana.
L'ambiente, l'agricoltura e l'alimentazione rappresentano i tre elementi indissolubili in grado di garantire i bisogni primari degli esseri viventi e, conseguentemente, un futuro prospero alla Terra.
Infatti, si stima che il 50% della biocapacità della Terra sia destinata alla produzione di alimenti. Il sistema alimentare globale determina circa il 70% dei prelievi di acqua dolce e contribuisce agli impatti dei cambiamenti climatici emettendo circa il 26% dei gas ad effetto serra. Inoltre, gli attuali modelli di produzione mondiali sono responsabili della deforestazione, del depauperamento del suolo, della riduzione della capacità dei suoli di sequestrare carbonio organico, della diminuzione della biodiversità e dell'inquinamento.
Tuttavia, occorre sottolineare che il settore dell'agricoltura svolge un duplice ruolo, sia dal punto di vista degli impatti che gravano sulla stessa attività che delle emissioni climalteranti sull'ambiente. Si rileva, infatti, che il comparto agricolo e zootecnico sta già registrando le conseguenze del degradamento della qualità dell'aria e del cambiamento climatico: eventi atmosferici estremi, ondate di calore e gelo, siccità e modifiche nei microclimi locali hanno fatto registrare non solo una minore produttività delle coltivazioni e degli allevamenti, ma anche elevati costi derivanti dall'aumento del prezzo delle derrate alimentari, dalle spese per porre rimedio ai danni subiti e dagli investimenti per l'attuazione di misure di adattamento. Nel settore forestale l'aumento delle temperature incide sulla frequenza ed intensità degli incendi e sulla diffusione di parassiti.
Le coltivazioni maggiormente colpite sono in particolare gli agrosistemi, le colture a ciclo primaverile - estivo quali mais, soia, girasole e le colture arboree come la vite e l'olivo.
Infine, l'emergenza sanitaria in corso ha evidenziato le fragilità dei sistemi alimentari, in particolare in relazione ai loro delicati rapporti con l'ambiente e le risorse naturali.
La Strategia "Farm to Fork" 2030 dell'Unione Europea, pubblicata lo scorso maggio, rappresenta un piano a lungo termine, globale, sistemico, ambizioso e in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Gli obiettivi quantitativi per salvaguardare la natura, la salute e il benessere delle persone e, allo stesso tempo, per rafforzare la competitività e la resilienza dell'Unione Europea presenti nella Strategia sono integrati con le politiche inerenti il Green New Deal europeo e la lotta al cambiamento climatico. Infatti, tale Strategia declina in ambito agricolo gli obiettivi del Green New Deal e dell'Agenda ONU 2030.
Nel merito, la Strategia "Farm to Fork", con riferimento ad agricoltura, allevamento, pesca e acquacoltura segue il piano d'azione dell'Agenda 2030 nelle sue tre P: People, Planet, Prosperity, ambendo così a favorire sistemi alimentari che siano equi, sani e rispettosi dell'ambiente attraverso 27 azioni ambiziose. La transizione verso sistemi alimentari sostenibili ed inclusivi potrà avvenire solamente attraverso la ri-modellazione e la ri-modulazione dell'intera filiera produttiva, proprio dal produttore al consumatore.
La Strategia "Farm to Fork" integra la Strategia della Biodiversità 2030 dell'UE con i seguenti target: la riduzione del 50% dei pesticidi, la sostituzione dei fertilizzanti chimici con quelli organici derivanti dai residui vegetali e agricoli, la riduzione del 50% degli antimicrobici in agricoltura e in acquacoltura.
Gli obiettivi delle Strategie, benché pienamente condivisibili, propongono un set di risultati che appare particolarmente ambizioso per il settore agroalimentare, soprattutto se si guarda a tutto l'insieme degli impegni che il settore dovrà assumere anche nel quadro delle strategie climatiche, di sicurezza alimentare e di rilancio economico dell'Unione Europea.
Il Green new deal, la Strategia "Farm to Fork" e la Strategia biodiversità 2030 chiedono all'agricoltura obiettivi ambiziosi in termini di riduzione di alcuni input e impatti ambientali. Tale cambiamento richiesto proietta gli operatori economici agricoli verso un periodo di transizione molto delicato in cui si potrebbero verificare perdite di redditività, drammaticamente accentuabili dalle crisi climatiche. I nuovi parassiti delle colture, ad esempio, rappresentano una minaccia proposta dal cambiamento climatico che sarà affrontata inevitabilmente con maggiore rischio nel quadro di riduzione complessiva di prodotti fitosanitari richiesto dall'UE.
La lotta ai cambiamenti climatici, la gestione del rischio, l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, la sostenibilità della produzione agricola ivi compreso l'uso di prodotti fitosanitari, la tutela ambientale, la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, il benessere animale, il mantenimento dei terreni in buone condizioni, la conservazione della biodiversità nelle aree sensibili sono solo alcuni dei temi a cui fanno riferimento le norme programmatiche già poste in essere a livello europeo e dei singoli Stati Membri.
Il contributo della futura programmazione della PAC sarà rilevante, ma si sottolinea la preoccupazione che la valutazione delle performance dei futuri Piani nazionali possa essere effettuata sulla base del raggiungimento del set di target proposti dalle suddette Strategie.
Molti dei risultati attesi, infatti, dipendono da fenomeni complessi, talvolta anche difficilmente monitorabili o influenzabili, in cui l'agricoltura e la selvicoltura sono attori importanti, ma non esclusivi.
Fra tutti si pone l'accento sui target di agricoltura biologica, dell'uso di pesticidi e di fertilizzanti. Si rileva, infatti, la mancanza di equilibrio tra il sostegno al mercato e le misure per l'ambiente. I problemi ambientali devono convivere con le esigenze di sviluppo e di difesa ambientale.
Non si può, infatti, parlare di sostenibilità ambientale senza garantire al contempo la vitalità e la resilienza economica e sociale dei sistemi agricoli e forestali e delle aree rurali nel complesso e senza considerare come il settore primario, a differenza degli altri settori produttivi, produca esternalità positive e beni pubblici di portata strategica.
Purtroppo quanto osservato nei mesi di lockdown non sembra aver determinato un cambio di mentalità. Tale momento storico, infatti, ha rappresentato un'occasione unica per rilanciare un nuovo modello economico avente una maggiore attenzione alla biodiversità e basato su uno sviluppo ambientale e culturale, ma la ripresa economica si è rivelata distonica rispetto alla tutela dell'ambiente.
In conclusione, si auspica che nel prossimo futuro il settore agricolo possa assumere una funzione di maggiore mitigazione climatica ed ambientale attraverso le nuove conoscenze e tecnologie, nel contesto di una più diffusa sensibilità e consapevolezza.
Ilaria Falconi
Crea
PianetaPSR numero 94 settembre 2020