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Clima

Il distretto agricolo zootecnico forestale: un nuovo approccio locale per la mitigazione dei cambiamenti climatici

Una metodologia, messa a punto da ISMEA in collaborazione con il CMCC, che ha portato a individuare un meccanismo per ridurre o compensare le emissioni di gas serra, in particolare quelle connesse alla zootecnia, a livello di un distretto agricolo, zootecnico e forestale.

Il cambiamento climatico è un problema globale i cui impatti, però, sono molto diversificati a seconda dell'area geografica d'incidenza. Questo ha portato, negli anni e negli orientamenti politici sul tema, a guardare con rinnovato interesse verso le strategie che adottano un approccio locale di mitigazione del cambiamento climatico, attraverso un mix di misure preventive e reattive, a breve e a lungo termine, applicate, quindi, su scala territoriale più ridotta. 

Con questo presupposto, è stata sviluppata una metodologia, messa a punto da ISMEA (Istituto di Servizi per i Mercati Agricoli Alimentari) in collaborazione con il CMCC (Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici) nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, che ha portato a individuare un meccanismo per ridurre o compensare le emissioni di gas serra, in particolare quelle connesse alla zootecnia, a livello di un distretto agricolo, zootecnico e forestale. La finalità, in linea con gli attuali indirizzi politici sempre più orientati verso la definizione di realtà carbon neutral, è quella di generare dei distretti a impatto emissivo ridotto o nullo. 

Il concetto alla base della metodologia è che le emissioni prodotte in Italia dal settore agricoltura [1] , e in particolare quelle derivanti dalla zootecnia (che da sole pesano per il 76% sulle emissioni totali del settore agricoltura), anche se in netta diminuzione dal 1990 (-13% nel 2018 secondo il National Inventory Report) ad oggi, hanno delle ulteriori potenzialità di riduzione. Infatti, la concentrazione delle attività zootecniche in determinate aree e, al contempo, la capacità di pianificare attività più sostenibili che ormai è già propria del settore, suggerisce la possibilità di intervenire ancora sugli impatti emissivi a carico della produzione zootecnica. 

La metodologia focalizza quindi l'attenzione sulla zootecnia più o meno intensiva, il cui contributo emissivo, connesso per lo più ai processi di fermentazione enterica e di gestione delle deiezioni animali, può essere ridotto o compensato attraverso un meccanismo volontario che prevede la realizzazione di attività di riduzione e assorbimento di gas climalteranti, che siano realizzate nelle immediate vicinanze della fonte emissiva. Da qui, la scelta del distretto agricolo zootecnico forestale come unità dimensionale. 

La stessa metodologia propone un set di attività virtuose ammissibili che possono essere realizzate all'interno del distretto e che mirano ad aumentarne il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici, contribuendo al contempo alla tutela dei servizi ecosistemi e della sostenibilità generale del territorio. 

Queste attività si classificano in base al loro meccanismo d'azione, come descritto in tabella, e consentono di generare dei crediti di sostenibilità [2], di cui la tonnellata di CO2equivalente è un indicatore di misura quantitativo. I crediti così generati possono essere avviati a un mercato volontario ed essere oggetto di compravendita, con una transazione commerciale tra venditori e acquirenti.

 

La metodologia è diretta in modo prevalente ai soggetti del settore zootecnico e agroforestale, che ai fini della produzione di crediti, si impegnano nella realizzazione di attività addizionali (descritte in tabella) rispetto alle pratiche di gestione correnti (definite BAU, ovvero business as usual). I soggetti che possono partecipare ad un distretto sono quindi: 

  • gli imprenditori del settore zootecnico, in quanto emettitori, ma anche come possibili produttori di crediti,
  • gli imprenditori del settore agricolo e forestale, come potenziali produttori di crediti,
  • le istituzioni locali, tutti gli imprenditori in generale e i cittadini che beneficiano del miglioramento dei servizi ecosistemici e della migliore qualità della vita raggiunta nel distretto e di un ritorno d'immagine di un distretto a basse emissioni, spendibile anche sul piano turistico e ricettivo.

Per poter realizzare questo meccanismo volontario occorre coinvolgere, con processi di partecipazione locale, gli stakeholder interessati e formalizzare la costituzione di un distretto agricolo, zootecnico e forestale. La costituzione di un distretto e il suo funzionamento, infatti, sottostanno ad un iter procedurale, che è descritto nel documento metodologico e dettagliato nelle linee guida di attuazione del meccanismo, di recente pubblicazione sul sito della Rete Rurale Nazionale, ed è suddiviso in due step.

Il primo step prevede che ogni azienda zootecnica che partecipa al distretto proceda a stimare il proprio impatto emissivo attraverso un'analisi del ciclo di vita (Life CycleAssessment o LCA), che può essere determinata mediante compilazione di un questionario speditivo disponibile online. In tal modo, è possibile determinare le emissioni generate dalla produzione zootecnica di tutto il distretto. Prima di poter valutare le possibili azioni di compensazione che contribuiscano alla riduzione o azzeramento delle emissioni nette del distretto, la stessa azienda dovrà dimostrare di impegnarsi, o essersi già impegnata, in azioni finalizzate ad evitare e ridurre parte delle proprie emissioni. Solo dopo aver dimostrato tale impegno di riduzione, si potranno attuare (secondo step) all'interno del distretto le attività ammissibili di gestione sostenibile per la compensazione degli impatti emissivi delle aziende coinvolte. 

I distretti che intendono aderire al meccanismo proposto devono rispettare le regole delineate nelle sue linee guida di attuazione, identificando chiaramente tutti gli attori che sono coinvolti e attuando tutti gli strumenti necessari per definire una governance territoriale, che presieda alla corretta realizzazione del meccanismo all'interno del distretto stesso.

 
 

Note

  • [1] Secondo i dati del National Inventory Report 2020 (NIR) di Ispra, il settore agricoltura, come definito nell'inventario, pesa per il 7,1% sulle emissioni totali nazionali, collocandosi al terzo posto in termini di contributo emissivo dopo il settore energetico (80,5%) e quello industriale (8,1%). Il dato non tiene conto degli assorbimenti netti legati al settore LULUCF (land use, land use change e forestry), all'interno del quale vengono contabilizzati i contributi delle terre agricole, dei pascoli e delle foreste, che più che compensano le emissioni del settore agricoltura.
  • [2] Per crediti di sostenibilità, si intende il risultato di un'azione finalizzata a tutelare i servizi ecosistemici, tra cui la mitigazione dei cambiamenti climatici in termini di riduzione delle emissioni di gas serra o assorbimenti, di cui la tonnellata di CO2eq (o credito di carbonio) è un indicatore quantitativo.
 
 

Isabella Foderà
ISMEA

 
 

PianetaPSR numero 98 gennaio 2021