Home > Il punto sui PSR > Ambiente e clima > L'efficacia delle politiche di sviluppo rurale a favore dell'agricoltura biologica
Biologico

L'efficacia delle politiche di sviluppo rurale a favore dell'agricoltura biologica

Uno studio ne analizza lo sviluppo e i fattori che influenzano la sua distribuzione spaziale. Uno strumento che può svolgere un ruolo rilevante nella pianificazione delle strategie che perseguono obiettivi di sviluppo sostenibile nelle aree rurali.

L'agricoltura biologica sta acquisendo un'importanza crescente per il duplice ruolo che svolge: fornisce alimenti di qualità in risposta alla crescente domanda dei consumatori e, allo stesso tempo, produce beni pubblici che contribuiscono alla protezione dell'ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale. In considerazione del suo importante contributo, una migliore comprensione di come questo fenomeno si sviluppi e quali fattori influenzino la sua distribuzione spaziale può essere dirimente per i responsabili politici nella pianificazione delle strategie che perseguono obiettivi di sviluppo sostenibile nelle aree rurali. Su queste tematiche, è stata condotta una ricerca ad hoc i cui risultati sono confluiti in una recente pubblicazione apparsa nella rivista scientificaBio-based and Applied Economics(Bonfiglio e Arzeni, 2020). Nel proseguo di questo breve articolo se ne riportano le principali evidenze, con particolare riguardo alle implicazioni di natura politica.

Obiettivi e metodologia

L'obiettivo principale dello studio è comprendere le ragioni che spiegano la distribuzione delle imprese agricole biologiche sul territorio. A tal fine, è stato adottato un modello di econometria spaziale che analizza l'influenza di una serie di fattori socioeconomici, ambientali e politici sulla diffusione territoriale delle imprese. Il modello considera, tra le possibili determinanti, anche il fattore di prossimità, il quale può esercitare una rilevante influenza nel determinare la localizzazione delle imprese. Ciò in quanto la concentrazione di imprese biologiche in una determinata area può favorire l'insorgere di economie derivanti dalla creazione di reti formali e informali composte da agricoltori, strutture di supporto tecnico, trasformazione e commercializzazione che incentivano altre imprese a costituirsi attorno al polo esistente. 

Una delle novità interessanti di questo studio è la rappresentazione del territorio come griglia di celle uniformi e la raccolta di dati provenienti da numerose fonti statistiche a livello di singola cella, anziché di confini amministrativi, come avviene tradizionalmente. Secondo l'Eurostat, questo tipo di approccio andrebbe preferito a quello convenzionale perché consente di analizzare meglio cause ed effetti indotti da fenomeni socioeconomici ed ambientali. In più, permette di affrontare il problema, spesso sottovalutato, di garantire l'anonimato quando si utilizzano dati micro, problema questo che si presenta in tutte le analisi basate sull'impiego di dati puntuali. 

L'area oggetto di indagine è la regione Marche, un territorio prevalentemente rurale che mostra caratteristiche molto variegate, dalla costa alla montagna appenninica, ed è quindi rappresentativa dell'elevata eterogeneità che contraddistingue il territorio italiano. Ma ciò che più rileva è che è caratterizzata da significativi fenomeni di erosione e da altre problematiche ambientali, causate da una parte di agricoltura più intensiva e frutto di un'elevata specializzazione nei seminativi. In questo contesto l'agricoltura biologica potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nell'attenuarne le conseguenze negative. L'interesse nei confronti di questa regione deriva anche dalle dinamiche recenti del settore biologico, in contrasto con la tendenza nazionale. Nelle Marche, infatti, dopo una fase significativa di espansione nei primi anni del 2000 (il numero di operatori è cresciuto di oltre il 60% dal 2000 al 2007), il settore del biologico ha subito un processo di continuo declino. Dal 2007 al 2014, gli operatori sono diminuiti del 23% e l'area agricola utilizzata per la produzione di prodotti biologici si è contratta del 44%. A livello nazionale, invece, si è assistito ad aumenti, rispettivamente, del 21% e del 10%. Anche la quota di superficie biologica sulla superficie agricola utilizzata (SAU) è diminuita, registrando una variazione negativa dell'8%, mentre, a livello nazionale, questa percentuale è aumentata, seppur in maniera contenuta, passando dal 9% all'11%. 

La variabile di analisi è il numero di imprese agricole biologiche presenti al 2014, iscritte nell'elenco nazionale degli operatori biologici (Figura 1). Dal punto di vista politico, l'obiettivo della ricerca è quello di verificare l'influenza dei pagamenti a favore del settore biologico erogati complessivamente nel periodo 2008-2014 sulla diffusione delle imprese biologiche. La misura presa in esame è la sottomisura 214 del PSR 2007-2013 relativa ai pagamenti agroambientali, alla quale il PSR Marche ha dedicato circa 109 milioni di euro, pari al 22,5% della spesa complessiva. In essa sono previsti anche altri tipi di intervento, tra cui l'agricoltura integrata. Tuttavia, nel caso delle Marche, la quasi totalità dei pagamenti è stata utilizzata per finanziare l'azione specifica relativa all'agricoltura biologica.

 

Figura 1 - Distribuzione territoriale delle imprese biologiche all'interno di una griglia di 3-km x 3-km, Marche, 2014

Nota: in rilievo i confini amministrativi provinciali
Fonte: Bonfiglio e Arzeni (2020)

 

Risultati

In estrema sintesi, i risultati indicano che esiste effettivamente una tendenza alla concentrazione spaziale, ovvero l'agricoltura biologica si sviluppa dove già operano altre aziende biologiche. Oltre a ragioni di prossimità, esistono altri fattori socioeconomici che ne influenzano la distribuzione spaziale. Le aziende agricole biologiche si concentrano infatti dove le condizioni di mercato risultano più favorevoli, ovverosia dove vi è un più facile accesso al mercato e una maggiore propensione all'acquisto di prodotti biologici. 

Dal lato politico, i risultati mettono in luce l'importanza del sostegno pubblico nel promuovere lo sviluppo dell'agricoltura biologica. Le imprese biologiche si concentrano infatti dove più alti sono i sussidi per ettaro di SAU. Tuttavia, ad essere maggiormente premiati sono gli agricoltori che si localizzano nelle aree più remote e soggette ad erosione. Se da un lato questo è senza dubbio positivo per mantenere l'agricoltura dove il rischio di abbandono è più alto e proteggere da fenomeni di erosione, dall'altro emerge una certa incoerenza tra l'obiettivo di favorire l'agricoltura biologica e quello di accrescere la sostenibilità ambientale. Se si ammette che l'applicazione di metodi biologici è in grado di ridurre la pressione ambientale generata dall'agricoltura, allora ne discende che sarebbe più lungimirante favorirne la diffusione nelle aree dove questa pressione è più alta, ossia in quelle dove maggiore è lo sfruttamento del suolo e più intenso è l'uso di fertilizzanti sintetici, prodotti chimici e meccanizzazione. Così come ribadito dalla Corte dei Conti europea, il sostegno all'agricoltura biologica e, in generale, i pagamenti agroambientali dovrebbero essere meglio indirizzati in relazione a quelle che sono le caratteristiche ambientali. Questo perché differenziare territorialmente il sostegno in base a specifiche problematiche ambientali ne aumenterebbe il rapporto costo-efficacia. 

Dall'analisi del sistema regionale di incentivi a favore delle aziende biologiche, risulta che, nel periodo di programmazione 2007-2013, il pagamento massimo annuo per ettaro è stato in media di 372€/ha e 320€/ha, rispettivamente, per l'introduzione e il mantenimento dell'agricoltura biologica. Il meccanismo di compensazione prevedeva una differenziazione tra colture e aree, garantendo premi più elevati per le aziende situate in zone diverse dalla montagna, ma solo con riferimento al mantenimento del biologico. Alle aziende agricole è stato infatti assegnato un premio unico per l'introduzione di sistemi di agricoltura biologica, distinto per tipologia di coltura, ma indipendente dalla localizzazione. Per quanto riguarda il mantenimento, la differenza tra i premi concessi alle aziende situate in zone diverse dalla montagna e quelli percepiti dalle aziende di montagna risultava di 40€/ha, ossia appena il 13% in più. Inoltre, il sistema regionale premiava con punteggi analoghi domande provenienti da agricoltori situati in zone vulnerabili ai nitrati, nelle aree Natura 2000 e da allevatori biologici. 

Emergono quindi diversi elementi di criticità. Un primo elemento è dato da livelli di premio che potrebbero essere stati poco incentivanti e spiegare in parte le dinamiche negative del settore biologico a livello regionale. I premi risultano infatti inferiori alla soglia media stimata dal modello per favorire la comparsa di ulteriori aziende biologiche (485 €/ha) e più bassi di circa il 40-50% rispetto ai livelli medi per i pagamenti agroambientali stabiliti dal Regolamento (CE) n. 1698/2005 (650 €/ha) (Figura 2). Ulteriori elementi critici sono l'assenza di differenziazione territoriale in relazione al premio per l'introduzione dell'agricoltura biologica, una differenza minima tra le aree in termini di premio per il mantenimento e un sistema di punteggi che equipara gli agricoltori che operano in aree critiche dal punto di vista ambientale, quelli situati in aree protette e gli allevamenti biologici.

Risultati migliori in termini di raggiungimento di obiettivi ambientali si sarebbero potuti ottenere concedendo un più alto sostegno, nel rispetto dei margini disponibili, e premiando, in misura maggiore, agricoltori convenzionali situati in aree critiche dal punto di vista ambientale in entrambe le fasi di applicazione (introduzione e mantenimento).

Esaminando il PSR 2014-2020 della Regione Marche, emerge che, coerentemente con quanto suggerito, i livelli di premio sono stati aumentati, anche se di una percentuale forse ancora troppo bassa (circa il 20%), e il sistema di punteggio è stato revisionato dando maggiore priorità agli agricoltori convenzionali con produzione intensiva, che decidono di convertirsi all'agricoltura biologica. Tuttavia, la differenziazione territoriale del sostegno è stata completamente abolita ed è stato introdotto un premio unico, seppur distinto per tipologia di coltura. Inoltre, con riferimento al mantenimento dell'agricoltura biologica, nella procedura di selezione delle domande è stata attribuita una priorità minore agli agricoltori con produzione intensiva, dando invece maggiore importanza agli agricoltori situati in aree Natura 2000, dove i vincoli sono certamente più stringenti, ma i benefici ambientali derivanti dall'applicazione di metodi biologici sono decisamente inferiori.

Considerazioni conclusive

In definitiva, la ricerca ha messo in evidenza come la presenza di cluster di aziende biologiche, grazie alle economie derivanti dall'esistenza di reti formali ed informali, costituisca un fattore rilevante nel determinare la localizzazione delle imprese. A questo si aggiungono motivazioni economiche e sociodemografiche legate al mercato e alle caratteristiche dei consumatori. Da un punto di vista politico, il programma di sviluppo rurale delle Marche si è rivelato efficace nello stimolare l'agricoltura biologica dove più gravi sono i problemi di erosione, ma non altrettanto dove la pressione ambientale esercitata dall'agricoltura intensiva è maggiore. Questo è dipeso da una inadeguata differenziazione territoriale del sostegno e da un sistema di punteggi per la selezione delle domande non del tutto coerente, oltre che da livelli di premio poco incentivanti. Nel passaggio dalla precedente all'attuale programmazione, va in ogni modo riconosciuto che alcuni aggiustamenti in direzione di una maggiore coerenza con le finalità ambientali sono stati compiuti. Talune scelte politiche sono ancora però non perfettamente in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e andrebbero pertanto riesaminate in vista del prossimo periodo di programmazione. L'analisi qui condotta sui legami tra sostegno pubblico e agricoltura biologica, sebbene riguardi uno specifico caso regionale, può essere utilmente estesa all'intera programmazione dello sviluppo rurale in Italia.

 

Riferimenti

  • Bonfiglio A., Arzeni A. (2020), Spatial distribution of organic farms and territorial context: An application to an Italian rural region, Bio-Based and Applied Economics, 8(3), 297-323. https://doi.org/10.13128/bae-9329.
 
 

Andrea Bonfiglio
CREA - Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia

 
 

PianetaPSR numero 99 febbraio 2021